Scontro ai vertici della Regione | Armao contro Enzo Emanuele - Live Sicilia

Scontro ai vertici della Regione | Armao contro Enzo Emanuele

“Con la presente si intende promuovere azione disciplinare nei confronti del nominato Dirigente generale”. Così scrive l'assessore all'Economia, in una nota indirizzata a Giovanni Bologna e alla Corte dei Conti. L'ex ragioniere generale: "Non sono stato informato. Attacchi strumentali".

PALERMO- Un’azione disciplinare nei confronti di Enzo Emanuele. Richiesta direttamente dall’assessore regionale all’Economia Gaetano Armao, che ha inviato al dirigente generale della Funzione pubblica Giovanni Bologna, ma anche alla Procura generale della Corte dei conti una circolare stringata ma inequivocabile. Nella nota di Armao sono elencati solo fatti e numeri. Ma la cui sequenza ha una conclusione durissima: “Con la presente si intende promuovere azione disciplinare nei confronti del nominato Dirigente generale, anche in considerazione delle innegabili refluenze che il predetto giudicato ha determinato in capo all’Amministrazione regionale”.

Il “nominato dirigente”, è appunto Enzo Emanuele, l’uomo che per anni, nel ruolo di ragioniere generale è stato il signore incontrastato dei conti della Regione e adesso ricopre il ruolo di direttore dell’Irfis (oltre a essere un dirigente in aspettativa). Che contattato da Live Sicilia cade dalle nuvole: “A me non è stato notificato nulla. Come faccio a commentare una cosa che non conosco? C’è una sentenza, – ha aggiunto – se sarò condannato anche in Cassazione, pagherò quello che devo, e la questione finisce lì. Ci sono tutti gli estremi – ha concluso – perché io possa agire a tutela della mia immagine per attacchi che reputo strumentali”.

La sentenza alla quale fa riferimento il dirigente e nella sua lettera anche Armao, è quella del 6 giugno scorso, con la quale la Sezione giurisdizionale d’Appello della Corte dei conti ha condannato Enzo Emanuele, in quegli anni Ragioniere generale della Regione, al pagamento di una somma di 395 mila euro e spiccioli. Una sentenza, quella del giugno scorso, che non solo conferma quella di primo grado, ma addirittura rende ancora più salato il “risarcimento” chiesto a Enzo Emanuele.

Quella condanna è legata a una storia antica, ma non tanto, che riguarda la gestione della discussa società partecipata “Sicilia e-Servizi”. Siamo nel 2005 quando Emanuele stipula un contratto con la società Dbi Srl di Bagheria (Pa) per la realizzazione di una banca dati: spesa complessiva 4,2 milioni di euro. L’accordo impegnava la società a cedere definitivamente alla Regione, appunto, la banca dati denominata ‘Legislazione regionale siciliana’ nell’arco di tre anni e ad assicurare l’aggiornamento dei dati e la formazione del personale regionale per consentire, alla scadenza del contratto, la gestione in autonomia dell’archivio da parte della Regione. Secondo quanto accertato dalla Guardia di Finanza di Palermo e dai funzionari istruttori della Procura contabile, nonostante la società Dbi abbia sollecitato la Regione a individuare i soggetti da formare, il termine contrattuale triennale è scaduto senza che l’ente potesse dotarsi del personale formato. Dal 15 agosto del 2008, quindi dopo la scadenza del primo contratto, la Dbi ha continuato ad aggiornare la banca dati sulla base di un contratto, autorizzato sempre da Enzo Emanuele, stipulato tra la stessa società e Sicilia e-servizi: il nuovo accordo prevedeva un pagamento alla Dbi di 780 mila euro da parte di Sicilia e-servizi, sino al 31 dicembre del 2009 per aggiornare la banca dati e formare il personale della partecipata. Secondo i giudici di primo grado della Corte dei conti, però, quest’ultima spesa era ingiustificata. I magistrati contabili, così, hanno considerato come danno erariale l’esborso da parte della Regione dei 292.416 euro, condannando, appunto, Emanuele. Una condanna, come detto, “rincarata” di oltre centomila euro in appello a giugno, quando i magistrati hanno anche confermato: “Sotto il profilo soggettivo il comportamento dell’Emanuele appare connotato del requisito della colpa grave, quale inescusabile negligenza nell’adempimento degli obblighi di servizio, palesata dalle plurime omisisioni nella conduzione da parte dello stesso, quale responsabile del Dipartimento regionale bilancio e tesoro, delle operazioni contrattuali messe in atto nell’arco di tempo che va dalla stipula del contratto d’acquisito della banca dati del 7 dicembre 2004 alla stipula del contratto di prosecuzione dell’aggiornamento del 14 novembre 2008”. Colpe gravi. E negligenze “inescusabili”. Queste parole, ancor più del danno da risarcire avrebbero spinto Armao a scrivere a Bologna e soprattutto alla Corte dei Conti.

E del resto, già in passato l’assessore all’Economia aveva espresso dubbi anche sull’efficacia dell’attività di Emanuele. In un’intervista rilasciata al mensile S, due mesi fa, Armao di fronte a una domanda riguardante i suoi più grossi rimpianti nella sua esperienza di assessore, raccontava: “Avrei voluto cambiare immediatamente il ragioniere generale. Quel periodo di interim durato quasi un anno ha appesantito la pur forte spinta di innovazione dell’assessorato. Diciamo che la continuità quando si vogliono fare le riforme non giova”. In quei giorni, i due si trovavano in qualche modo anche contrapposti nel puzzle delle nomine di Lombardo. In particolare in riferimento al rinnovo dei vertici dell’Irfis. Poltrona per la quale si era a lungo fatto il nome proprio di Gaetano Armao.

Ma adesso, ovviamente, la questione è un po’ diversa. E Armao è giunto a chiedere, caso non così diffuso, a “un’azione disciplinare nei confronti del nominato Dirigente generale”. Un’azione disciplinare che può andare dalla semplice censura, al licenziamento. Del burocrate che per anni ha tenuto stretti i cordoni della borsa della Regione siciliana.


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