Gent.ma redazione,
a distanza di 15 anni dall’introduzione dell’istituto dell’affidamento condiviso che prevede una gestione paritaria dei figli ai genitori separati per i figli di genitori separati, assistiamo ancora alle continue difficoltà di padri che vedono negato il diritto di vivere serenamente e costantemente il rapporto con i figli.
Sarebbe più esatto asserire che assistiamo alla negazione per i figli (che sono il fulcro della riforma normativa del 2006 e che vanno tutelati) di godere di entrambi i genitori con tempi e modi uguali.
Purtroppo, rimane ancorato il “dannoso” concetto della “maternal preference”, nonostante molti Tribunali applichino i principi enunciati al primo comma dell’art. 337 terr del Codice Civile che riconoscono ai figli minorenni di genitori separati il diritto indisponibile di avere con ciascuno di essi un rapporto “equilibrato e continuativo” e di ricevere “cura” da ciascuno di essi, entrambi affidatari a pieno titolo e senza alcuna differenza qualitativa giuridicamente apprezzabile.
In tal senso, numerosi studi internazionali e varie ricerche effettuata da psicologi e psichiatri infantili, dimostrano che i bambini che il collocamento paritetico permette al minore di mantenere una relazione con entrambi i genitori e non sentire il peso della separazione e che la presenza e compartecipazione del padre, soprattutto nei maschi, comporta enormi benefici comportamentali, emozionali e scolastici.
Eppure in Italia, i figli trascorrono col genitore non collocatario (spesso il padre) neanche il 20% del loro tempo.
Un caso tra molti, che trova le sue radici sotto il Vulcano, ha interessato in modo particolare e voglio raccontarlo perché tratta delle molteplici (e peraltro deleterie) difficoltà incontrate da un padre nel vivere serenamente il proprio rapporto col figlio che oggi ha appena 6 anni.
Le peripezie – e sofferenze – sono iniziate quando il piccolo, ad un anno e mezzo, a seguito della separazione dei suoi genitori, si è visto “privato” del padre che poteva incontrarlo solamente poche ore a settimana e con la presenza della madre o della di lei genitrice.
Si vuole chiarire subito che il padre è un uomo “normalissimo”, con una vita comune, svolge una attività professionale che, da alcuni anni, risente molto della crisi e comporta periodi di disoccupazione. Ma nonostante le difficoltà lavorative, è un soggetto che vive dignitosamente all’interno della casa di proprietà, che riesce a far stare bene il proprio bambino al quale non fa mancare né il mantenimento mensile, né tutto ciò che un padre elargisce per il figlio, grazie anche al fatto di avere, decenni addietro, ereditato dei beni immobili.
La madre, di contro, è una donna molto impegnata professionalmente, proveniente da una famiglia benestante e culturalmente elevata; giovane e di successo.
Due persone che avrebbero potuto “condividere” la splendida creatura senza alcun conflitto.
Ed invece le angherie perpetrate dalla madre nei confronti dell’ex sono state innumerevoli giungendo persino ad allertare la Digos alla ricerca di chissà che cosa all’interno dell’abitazione del padre e soprattutto dinanzi al minore. Ovviamente ogni tentativo è risultato un buco nell’acqua stante l’assoluta mancanza di fondamento di ogni falsa accusa.
Nonostante le difficoltà frapposte anche dalla famiglia della ex, che sembra avere molte “conoscenze” in città, quest’uomo non si è lasciato piegare e, con audacia e perseveranza, è riuscito, dopo varie battaglie legali anche penali, ad ottenere l’affido condiviso per il minore pur se con un solo pernottamento a settimana e con la specifica di precisi orari persino per comunicare col bambino.
Un piccolo passo verso la bigenitorialità ma solo sulla carta.
Infatti, la bigenitorialità, fomalizzata nell’accordo omologato dal Tribunale, di fatto è stata vanificata, ignorata e calpestata dalla madre e dalla di lei famiglia che hanno continuato una battaglia subdola e prevaricatrice.
Nel frattempo, però, il bambino che ha assunto una consapevolezza decisamente superiore all’età anagrafica, ha deciso di imporsi fermamente, chiedendo di vedere più spesso il padre. E le sue richieste si sono fatte talmente pressanti da ottenere di dormire col padre da 3 a 4 notti a settimana e di stare con lui quasi tutte le mattine.
Un successo! Sembrava.
Si è trattato solo di una comodità per la madre che ha acconsentito alle richieste del minore per “sgravarsi” delle tipiche incombenze estive e di fine scuola.
Subito dopo questa breve e meravigliosa parentesi per padre e figlio – che ha rafforzato ancor più la loro unione – si è fatto un salto indietro. Improvviso, violento e tirannico!
Solo una notte a settimana. Basta gite, mare, uscite col papà, giochi, visite alla nonna paterna. Basta vita normale.
Nuovamente la famiglia materna ha ripreso a muovere i fili ed a dettare legge, la sua legge!
Al bambino è stato detto che non può decidere nulla perché troppo piccolo, che dovrà andare ad una scuola scelta dalla madre, ritenuta idonea in quanto gestita religiosamente ma soprattutto perché consente il tempo prolungato, con mensa compresa, permettendo, in tal modo, alla donna di continuare a vivere la propria vita in carriera!
Ogni tentativo del padre di opporsi è risultato vano, poichè anche la “pregiata” scuola ha accampato false ragioni per impedire addirittura il rilascio di documenti concernenti il minore.
Un eccesso di potere che valica ogni ragione giuridica e logica, un abuso di potere da parte di “religiosi” e comunque operatori scolastici che ignorano ogni richiesta del padre ostacolato persino nel conoscere gli insegnanti del proprio figlio! L’ostruzionismo posto in essere da coloro che dovrebbero rispettare non solo la normativa ma la morale, da coloro che predicano amore e fratellanza ma che si piegano ai poteri terreni, arriva al livello di dubitare persino delle facoltà e dei poteri genitoriali del padre!
Eppure alla base c’è un accordo recepito dal Tribunale che stabilisce l’affido condiviso e la bigenitorialità, nel quale espressamente le parti dichiarano che le decisioni concernenti il minore devono essere prese concordemente dai genitori!
Accordo ben noto anche ai religiosi che accolgono il bambino, tenendolo con loro a mensa, a fare i compiti il pomeriggio, che permettono a soggetti delegati solo dalla madre di prenderlo a scuola e che non hanno il coraggio di opporsi ad un sistema consolidato e reietto che vuole annientare l’uomo comune, il soggetto perbene, il padre amorevole che, però, non ha santi in paradiso.
In questo contesto quasi pirandelliano, anche legali a difesa di madri che calpestano i diritti dei padri, legali che pubblicamente si professano a difesa del genitore maschile, che si fanno portavoce di associazioni a tutela del padri separati.
Vi racconto questa storia omettendo ovviamente nomi e circostanze ma non nascondiamo le sofferenze psicologiche che sta patendo un bambino di 6 anni, privato dell’affetto paterno (se non per poche ore settimanili), costretto ad assecondare le scelte materne, annichilito da frasi denigratorie nei confronti del padre, “oggetto” di insensate decisioni … un bimbo che sfoga il proprio dolore in gesti rabbiosi ed in eccesso di fame.
Ed a dispregio di tutto ciò, il piccolo e testardo figlio continua a cercare il padre, continua a chiedere di voler stare di più con lui, cerca di convincere la madre, lotta a modo suo.
Le leggi sono state emanate, i Tribunali emettono sentenze che le rispettano, le normative scolastiche tendono a garantire i diritti dei padri separati … ed allora perché ancora dobbiamo assistere a simili azioni che vanificano la volontà legislativa? Perché ancora ci sono donne che hanno dimenticato di essere state figlie, che pensano che ciò che hanno generato le appartenga e che possano decidere unilateralmente? Perché ci sono padri che servono solo al bisogno e che vengono scambiati per dei bancomat mentre saprebbero dare molto più di ciò che certe madri riescono a fare? Perché dirigenti scolastici si schierano da una o dall’altra parte?
La battaglia del nostro padre ancora prosegue tra denunce ed azioni civili nei confronti dei soggetti direttamente ed indirettamente coinvolti, quelli attivi e quelli passivi che si piegano alle logiche di interessi economici e sociali, ma si teme che i tempi della Giustizia non permettano una rapida soluzione e che, nelle more, a farne le spese sia solo ed esclusivamente il bambino.
E’ nostra intenzione approfondire il tema trattato, coinvolgendo operatori del settore, non Giudici né avvocati matrimonialisti, ma psicologi, pedagogisti, presidi, assistenti sociali, figure che vanno oltre l’applicazione della norma e che guardano solo al minore.