Falcone, Andreotti e l'agenda rossa | Le nuove intercettazioni di Riina - Live Sicilia

Falcone, Andreotti e l’agenda rossa | Le nuove intercettazioni di Riina

Il boss Totò Riina

Dagli attentati ai rapporti con la politica. Dalla morte di Falcone, Borsellino e Dalla Chiesa a Lima e Andreotti. Passando per Berlusconi e la nipote di Mubarak. Ecco il nuovo capitolo del Riina pensiero registrato dalle microspie

I dialoghi in cella
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PALERMO – Dagli attentati ai rapporti con la politica. Dalla morte di Falcone, Borsellino e Dalla Chiesa a Lima e Andreotti. Passando per Berlusconi e la nipote di Mubarak. Ecco il nuovo capitolo del Riina pensiero registrato dalle microspie che lo hanno intercettato nel carcere di Milano Opera durante la socialità con Alberto Lorusso, boss della Sacra corona unita.

I “ferramenti” per Dalla Chiesa
“Quando ho sentito alla televisione che il generale Dalla Chiesa era stato promosso prefetto di Palermo per distruggere la mafia ho detto: ‘prepariamoci’. Mettiamo tutti i ferramenti a posto, tutte le cose pronte per dargli il benvenuto”. Riina lo racconta al capomafia pugliese. “Lui – aggiunge – gli sembrava che veniva a trovare qua i terroristi. Gli ho detto: ‘qua il culo glielo facciamo a cappello di prete'”. “Un generale di ferro dice che era”, continua. “S’è visto come era di ferro”, replica Lorusso. “Contro il terrorismo – prosegue – combinò poco… lo potevano pure ammazzare i terroristi”. “L’intenzione l’avevano – risponde il pugliese – ma non furono capaci”.

Poi, Riina ricorda gli appostamenti fatti per organizzare l’attentato a Dalla Chiesa: “Sta uscendo, deve andare a mangiare e va bene … ta ta ta ten (indica i colpi esplosi nell’agguato)”. “Devi cercarlo – spiega – devi andare pure dentro la caserma”. Il boss corleonese racconta poi il disappunto di uno dei killer del commando, Pino Greco, soprannominato Scarpuzzedda, che si lamentò per essere arrivato tardi e non avere potuto sparare per primo. “Lui era un ritardatario – dice – e non si dava pace”. Il padrino non risparmia commenti sulla vita privata del generale e sul suo matrimonio con Emanuela Setti Carraro, morta nell’attentato: “Figlio di puttana… s’era preso la picciuttedda (la ragazza, ndr), ma non se l’è potuta godere, gli è rimasta nella gola, l’ha fatta venire a Palermo”. Poi ironizza sulle tesi che vedono dietro al delitto Dalla Chiesa il coinvolgimento di soggetti estranei a Cosa nostra: “loro sono convinti che a uccidere il padre fu lo Stato – dice alludendo ai figli del generale”. “Ma c’è solo un uomo e basta. – conclude alludendo a se stesso – Ha avuto la punizione di un uomo che non ne nasceranno più”.

L’attentato a Falcone e l’esultanza
Riina parla anche dell’attentato di Capaci, in cui morì il giudice Giovanni Falcone: “Meno male che lui si è voluto mettere là al posto dell’autista, se no si salvava, disgraziato. Una trovata migliore l’ha potuta trovare lui solo”. Tornando da Roma, Falcone decise di guidare l’auto blindata. Il padrino corleonese ripercorre una delle pagine più tristi della storia italiana: “La macchina di dietro è saltata in aria… un miracolo di Dio, quello di dietro è rimasto vivo, l’autista.. certo se quello si salvava ci dovevamo andare un’altra volta…”. Lorusso ipotizza che, fallito l’attentato, sarebbero state prese misure di sicurezza straordinarie. E Riina taglia corto: “Ma ci andavo sulla luna, lo andavo a trovare là tranquillo… ero così infernale, così imbestialito…”. E ricorda pure i momenti successivi all’attentato: “Gli dico a mio figlio Giovanni vai a prendere il giornale, dice un sacco di sbirri c’è bordello. Mentre era al telegiornale De Gennaro, sono ferii lui la moglie, (bestemmia)… nel mentre il telegiornale è morto Falcone… ti metti là minuto per minuto”. E inizia a ridere.

Lima e Andreotti
“Io posso dire, parlando con voi, che questo Lima disse che lui non poteva andare più a Roma a parlare con Andreotti. Ma come? Prima quando gli portava 350mila voti a Lima, ad Andreotti. A chi li portava questi voti?”. Così il boss si lamentava col capomafia pugliese dell’eurodeputato Salvo Lima, ucciso dalla mafia nel ’92. Dalla conversazione intercettata emerge che a un certo punto l’ex politico, ritenuto dagli inquirenti l’interfaccia di Cosa nostra nella politica, avrebbe fatto sapere che non sarebbe più andato a parlare con Andreotti. “Gli ha detto – spiega – a quella persona che gli parlò ‘perchè l’avissi assicutatu andando a Roma’ (espressione che sta a significare che se Lima fosse tornato a parlare con l’ex presidente del Consiglio sarebbe stato cacciato in malo modo ndr)”.

Il papello e quel “pallista” di Brusca
“Questo è un pallista. Io a lui ho detto: ‘interessati per tuo padre perché io in Cassazione non posso fare niente. Questo gli ho detto. Non che gli ho dato il papello”. Conversando coLorusso, durante l’ora d’aria, Riina smentisce le parole del pentito Giovanni Brusca che ha raccontato agli inquirenti di avere saputo dal padrino di Corleone della consegna allo Stato del “papello”, l’elenco delle richieste della mafia per fare cessare le stragi. “Ma questo papello non si trova – dice – non c’è”. “Sono andati a fare le indagini sui miei figli, sulle mie sorelle, su mia moglie”, racconta alludendo alle indagini calligrafiche fatte dalla polizia per trovare l’autore del foglio consegnato ai pm da Massimo Ciancimino. Gli accertamenti fatti non hanno consentito agli investigatori di risalire alla paternità dello scritto. Riina non risparmia insulti anche a Massimo Ciancimino definito “disonorato” e “folle di catene” (pazzo da legare ndr). Sollecitato da Lorusso dice che il figlio dell’ex sindaco mafioso collaborerebbe per riavere i soldi confiscati.

L’agenda rossa
“…Si fottono l’agenda, si fottono l’agenda”, dice ridendo Riina, mentre parla della strage di via D’Amelio. È un passaggio poco chiaro. Farebbe riferimento all’agenda rossa, poi scomparsa, del giudice Paolo Borsellino. Poco prima Riina dice: “…mettilo nella macchina, lo hanno pedinato…” mentre Lorusso parla della strage come di “un romanzo storico importante, questo è un genio da romanzo mondiale, altro che romanzi Guerra e Pace”. E Riina risponde: “C’è stata guerra e pace… Guerra e pace Salvatore Riina, tanto l’autore…”. “Per questo è passata nella storia questa cosa, – aggiunge – è passata nella storia sempre, perché è una storia che non si può mai, mai, mai cancellare questa”.

Il presunto tradimento di Martelli
“Minchia si è preso i voti nostri e dietro ce l’ha messa”. Così il capomafia parla di Claudio Martelli. Ecco il dialogo in cui tira in ballo l’ex ministro della Giustizia. Riina: “Martelli, è un disgraziato ma è forte, ha studiato non è che…”. Lorusso: “Questo all’epoca era il nuovo ministro della Giustizia in coppia con il ministro dell’Interno”. Riina. “Si, si. Allora quando fu il fatto che si è venuto a portare a Palermo… noi altri all’ucciardone contattammo delle persone… perciò quando si è portato a Palermo abbiamo detto noi altri… minchia. Infatti, dubbio che avevamo noialtri… dice ma questo chissà dov’è… si è preso i voti nostri e dietro ce l’ha messa di dietro… allora organizzo ammuccarini a Martiddu… chi ci va? Quel disgraziato di Giovanni Brusca…”.

Berlusconi e la nipote di Mubarak
Nei dialoghi di Riina c’è spazio pure per Silvio Berlusconi. Prima parole pesanti: “Noi su Berlusconi abbiamo un diritto: sapete quando? Quando siamo fuori lo ammazziamo. Non l’ammazziamo, però, perché noi stessi non abbiamo il coraggio di prenderci il diritto”. Poi, spazio anche alle risate. Si avvicinava il voto della giunta sulla decadenza di Silvio Berlusconi. In quei giorni si parlava addirittura dell’ipotesi che Berlusconi potesse candidarsi alle elezioni europee in un altro Stato. Magari in un paese del’Est. Totò Riina ne discute con Lorusso: “Cornuti sono chi sale al governo. Lo sai come è. Ci sono quetsi per ora”. “In Lettonia si fa votare?”, dice Lorusso e Riina risponde: “.. è conosciuto da quando era ragazzino… dove ci sono le donne”. Poi parlano del giro di veline ospiti del Cavaliere: “Dicciotto mila di qua di là… gli dava una casa…. gli dava dodici mila, minchia figlio di p…”. Lorusso. “A questa Minetti l’ha fatta assessore”. E Riina ride: “Mubarak, che disgraziato, ora, ora la sappiamo, lo sapeva pure io, che cornuto, che cornuto, che figlio di…”.


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