Se questo è un presidente - Live Sicilia

Se questo è un presidente

Dalla direzione del Pd ancora una volta l’immagine di una guida inadeguata per la Sicilia. E ora che l’antimafia non attacca più, la scusa per buttare la palla in tribuna è un’altra.

Forse basterebbe un verbale della direzione regionale del Partito democratico di ieri. Probabilmente, di fronte a quelle parole messe nero su bianco, ogni altro commento, ogni laborioso tentativo di analisi, sarebbe superfluo. I lunghi interventi del presidente della Regione, che per un giorno s’è trovato messo alla sbarra dai suoi compagni di partito, sodali tardivamente ravveduti e quasi caduti dal pero, andrebbero trasmessi in loop, per fornire un’idea efficace dello stato di salute della politica e soprattutto e delle Istituzioni siciliane.

Ancora una volta a Crocetta si chiedevano risposte. Ancora una volta non c’è stato verso di sentirne. E come da copione, il sindaco di provincia che qualche lungimirante kingmaker battezzò candidato alla presidenza della Regione, si è lasciato andare al suo consueto, se non consunto, schema dialettico: saltare a piè pari il tema del contendere per rifugiarsi nella narrazione di un fantomatico martirio che lo vedrebbe protagonista. E se per un po’ in questo trito e ritrito artificio retorico ha fatto gioco il repertorio antimafioso delle minacce, delle scorte e delle finestre chiuse, oggi che alle bubbole di quell’antimafia non crede più nessuno, dopo che persino Lucia Borsellino l’ha seppellita definitivamente, lo spauracchio da evocare doveva essere altro. E così per una volta, mafiosi, restauratori cuffariani e affini hanno lasciato posto ad altri spettri. Nella fattispecie quelli degli “attacchi riferiti alla mia omosessualità”. Dal pregiudizio mafioso a quello omofobo il passo è breve. Tutto fa brodo, ogni pretesto è quello buono per buttarla in tribuna e non affrontare il merito delle questioni.

Di una disamina politica degna di questo nome nei “due interventi senza capo né coda” (secondo la definizione di Fabrizio Ferrandelli) nemmeno l’ombra. Il livello dell’analisi? Una frase, fra le tante: “Se io avessi fatto all’antica avremmo stravinto a Gela. Sarebbe bastato assumere alla Regione i lavoratori dell’Eni”. L’insofferenza della platea è stata più che palese.

L’inadeguatezza la fa da padrone. E la stampa nazionale ormai si diletta a giorni alterni a trarre ispirazione dal governatore. Da Buttafuoco sul Fatto ad Aldo Grasso sul Corriere, Crocetta è ormai quasi quotidiana musa in negativo e sono lontani i fasti dei primi tempi e le passerelle da rottamatore siculo all’Arena di Giletti. Di quell’operazione di marketing non resta nemmeno l’ombra. Oggi c’è solo il balletto tra il presidente e il suo partito, la parata di finti indignati e finte vergini occupatrici militari di gabinetti e sottogoverni, lascia in bocca un amarissimo sapore. Che sa di fallimento e angoscia per una regione alla deriva e senza guida.


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