Sentenza via D'Amelio, Maria Falcone: "Forte amarezza" - Live Sicilia

Sentenza via D’Amelio, Maria Falcone: “Forte amarezza”

Anche i familiari delle vittime della mafia esprimono il loro disappunto. Interviene NIcola Morra, presidente della commissione Antimafia.

PALERMO – “Premesso che tutte le sentenze vanno rispettate e che, soprattutto in casi così complessi, è fondamentale leggere le motivazioni, come sorella di Giovanni Falcone e come cittadina italiana, provo una forte amarezza perché ancora una volta ci è stata negata la verità piena su uno dei fatti più inquietanti della storia della Repubblica”. Lo dice Maria Falcone, sorella del giudice Giovanni Falcone, ucciso dalla mafia a Capaci, in merito alla sentenza, di ieri, del tribunale di Caltanissetta nel processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di Via D’Amelio.

I magistrati hanno dichiarato prescritte le accuse contestate a due dei tre poliziotti imputati del depistaggio, mentre un terzo è stato assolto. La prescrizione è stata determinata dal venir meno dell’aggravante del favoreggiamento mafioso. “La prescrizione è sempre una sconfitta per la giustizia che, specie in processi tanto delicati, evidentemente non è riuscita ad agire con la celerità che avrebbe dovuto avere”, ha aggiunto. “Dal dispositivo, che asserisce l’esistenza del depistaggio e la responsabilità di due dei tre imputati, emerge comunque – spiega Maria Falcone – la conferma dell’impianto della Procura di Caltanissetta che, con un lavoro coraggioso e scrupoloso, ha fatto luce su anni di trame e inquinamenti investigativi”.

“Questa sentenza – conclude – arriva a una settimana dal trentesimo anniversario della strage di Via D’Amelio che ancora una volta vedrà i familiari di Paolo Borsellino, ai quali esprimo tutta la mia vicinanza, in attesa della verità”.

Familiari vittime della mafia: “Sentenza senza verità”

“Non entro nel merito della sentenza che certamente ha le sue motivazioni, ma trascorsi trenta anni dalla strage nella quale morirono il giudice Paolo Borsellino ed i componenti della sua scorta, non mi rimane che prendere atto di una giustizia che – su quell’evento – non c’è stata e non potrà mai esserci, e di una verità che emerge in maniera soltanto parziale, che non spiega ancora la genesi delle stragi”. Così Giuseppe Ciminnisi, coordinatore nazionale dei familiari di vittime innocenti di mafia, dell’associazione ‘I Cittadini contro le mafie e la corruzione’, commenta la sentenza del processo sul depistaggio nelle indagini sulla strage di Via D’Amelio, che ha dichiarato prescritti i reati per due dei tre poliziotti imputati di concorso in calunnia aggravata, Mario Bo e Fabrizio Mattei, assolvendo Michele Ribaudo.

“A nome mio e dei familiari di vittime innocenti di mafia che rappresento – conclude Ciminnisi – esprimo la mia vicinanza e solidarietà ai familiari delle vittime della strage di via D’Amelio”.

La parte civile: “Mi aspettavo finisse così”

“Mi aspettavo che finisse così”. L’avvocato Rosalba Di Gregorio, legale di parte civile nel processo per il depistaggio sul caso Borsellino, sostiene di avere messo nel conto la prescrizione per due imputati e l’assoluzione di un terzo. “Portando a giudizio un funzionario di polizia e due ispettori, era stata tracciata – dice – una linea precisa: puntare solo su figure marginali. Restava così esclusa la possibilità di una sentenza che toccasse il ‘sederino’ alle istituzioni. Chi ha fatto il depistaggio non erano solo Mario Bò o Fabrizio Mattei. Certo non era stato Vincenzo Scarantino che però continua a essere una vittima, visto che vengono mandati gli atti in Procura per procedere di nuovo nei suoi confronti per calunnia”.

Ma sulla possibilità che Scarantino venga ancora inquisito l’avvocato Di Gregorio ha molte perplessità. Intanto è stato sentito sempre come imputato di reato connesso e non come teste. “E poi – aggiunge – è stato già condannato per calunnia dopo una ritrattazione in aula a Como. Scatterebbe il principio del ne bis in idem: non si può essere giudicati due volte per gli stessi fatti”.

La prescrizione e l’assoluzione vuol dire che resterà senza colpevoli il “più grande depistaggio della storia d’Italia”, come è stato definito da una sentenza? Rosalba Di Gregorio, che da anni si batte “dalla parte sbagliata” anche scrivendo un libro contro la sommersione della verità, sostiene che “qualcosa è accaduto”. Lo dice anche la sentenza che al momento non spiega perché sia stato organizzato il depistaggio. Non per favorire la mafia, dice il tribunale, che ha eliminato questa aggravante facendo scattare la prescrizione. “Di certo – conclude il legale – non si può dire che questi tre imputati lo abbiano fatto per avere promozioni: hanno fatto tutti e tre una carriera molto normale”.

L’antimafia

“A quanto ammonta la credibilità di uno Stato che arriva dopo 30 anni precisi a una ennesima sentenza, che va rispettata, ma che rappresenta politicamente e razionalmente una barzelletta? Per me ammonta a poco”. Lo dice Nicola Morra, presidente della Commissione Antimafia, commentando in un video su Facebook la sentenza, di ieri, del tribunale di Caltanissetta nel processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di Via D’Amelio. I reati per due imputati sono prescritti, “significa che lo Stato e’ arrivato talmente tardi da non poter fare giustizia e quindi cala le brache”, afferma. “Dopo 30 stiamo ancora celebrando processi sulla strage di via d’Amelio, perche’ fin a da subito vennero attuati depistaggi, una nostra invenzione che probabilmente non ha corrispondenti nelle lingue di altri paesi”, aggiunge


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