Processo sulla strage di via D'Amelio, Genchi: "Delle armi furono manipolate" - Live Sicilia

Processo sulla strage di via D’Amelio, Genchi: “Delle armi furono manipolate”

"Con La Barbera a capo della squadra mobile l'intelligence venne trasferita a me"
LE INDAGINI
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CALTANISSETTA – “Venni a conoscenza del fatto che vi erano delle operazioni per manipolare le armi sequestrate a Totuccio Contorno“, sono le dichiarazioni dell’ex poliziotto Gioacchino Genchi, che ha risposto alle domande del pm Maurizio Bonaccorso, sentito oggi come teste nell’udienza del processo sul depistaggio delle indagini della strage di via D’Amelio.

“Arnaldo La Barbera mi parlò di armi portate ad Ostia – ha continuato Genchi -, riempite di sabbia affinché poi non vi fosse corrispondenza con gli esiti balistici delle ogive che erano state rinvenute sui cadaveri degli omicidi avvenuti prima della cattura di Contorno”.

Il processo si celebra a Caltanissetta dinanzi alla Corte d’appello, presieduta da Giovambattista Tona, e vede imputati tre poliziotti appartenenti all’ex gruppo di indagine Falcone-Borsellino guidato da Arnaldo La Barbera. Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo sono accusati di calunnia aggravata dall’aver favorito la mafia per aver imbeccato il falso pentito Vincenzo Scarantino al fine, secondo l’accusa, di costruire una falsa verità sulla strage.

“Con La Barbera a capo della squadra di Palermo – ha continuato Genchi – l’attività di intelligence venne trasferita a me. Non potendo intercettare tutte le cabine telefoniche ne abbiamo disattivate diverse per circoscrivere quelle dalle quali i mafiosi potevano chiamare. E ce n’era una che era una miniera d’oro di informazioni”.

Sentendo parlare Salvatore Candura – colui che rubò la 126 che fu utilizzata come autobomba in via D’Amelio – percepii subito che si trattava di un soggetto che presentava dei grossi problemi di ordine psichico. Allo stesso tempo avevo l’impressione, sentendo le sue risposte, che fosse stato istruito. Pensai che era necessario verificare i contenuti delle dichiarazioni perché erano evidenti le assurdità riferite”.

“La strategia di Arnaldo La Barbera era ‘vestire il pupo’. Chiudere, fregarsene di tutto e di tutti e chiudere le indagini. Perché a Roma volevano che si facesse così. La mia fonte – ha detto Genchi, rispondendo alle domande del pm Maurizio Bonaccorso – era La Barbera stesso. Mi spiegò che a Roma stavano prendendo atto, non piacevolmente, del coinvolgimento di Contrada, nelle indagini. Erano preoccupati perché Contrada era stato sempre un uomo delle istituzioni e c’era la paura di quello che poteva tirare fuori. Contrada era stato mollato, era stato espulso dal sistema, che a quel punto si doveva ricompattare. L’imminente arresto di Contrada diede il via a una marcia indietro. È da quel momento che iniziano le certezze di La Barbera di avere la promozione, inizia il tentativo di chiudere e di semplificare le cose, di ‘vestire il pupo’ come disse lui stesso”.


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