Senza più alibi - Live Sicilia

Senza più alibi

Per settimane la Sicilia è rimasta appesa aspettando il congresso del Pd. Ora, smontati i gazebo, maggioranza e giunta non hanno più appigli per rimandare un salto di qualità nell'azione di governo. Senza il quale, la sopravvivenza di questa legislatura non avrebbe senso

L'editoriale
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PALERMO – “Chiederemo al presidente Crocetta un salto di qualità nell’azione di governo”. Fausto Raciti comincia dove Giuseppe Lupo ha finito. Con un giudizio implicitamente insufficiente verso l’azione della giunta Crocetta, a cui si chiede uno slancio che fin qui non c’è stato. Proprio come per mesi aveva fatto il segretario uscente Lupo, anche il giovane vincitore delle primarie chiede da subito al governatore (che lo ha sostenuto) l’apertura di una fase due, che parta “dallo sviluppo che è la priorità”. La novità, e Raciti lo sottolinea da subito, è che la richiesta del segretario arriva da “un Pd unito”. Quell’unità raggiunta da un patto tra correnti che, secondo le critiche di chi a quel patto s’è opposto (Lupo e l’area Civati) si fonderebbe su un accordo spartitorio che assicurerà ai vari gruppi dei democratici un posto al sole in giunta o altrove.

Per settimane la politica siciliana, sballottata in una crisi dai contorni tragici dopo la bocciatura della finanziaria, è rimasta quasi immobile in attesa del benedetto congresso del Pd. Un immobilismo surreale, che mal si concilia con la drammaticità dei tempi. Gianpiero D’Alia, leader dell’Udc, lo aveva detto chiaramente qualche giorno fa: “I siciliani non possono aspettare il congresso del Pd”. Nei fatti, invece, è andata così. Il rimpasto, invocato dalle varie anime della maggioranza, è rimasto in stand by, lasciando al loro posto assessori dati in partenza da un giorno all’altro. Persino le nomine dei super manager della Sanità sono rimaste in freezer, malgrado a dicembre Lucia Borsellino le considerasse cosa quasi fatta. Si è arrivati alla seconda metà di febbraio, aspettando il Pd e i suoi gazebo, per lasciare – o almeno questa è l’impressione offerta – al governatore un pacchetto di poltrone da distribuire agli alleati anche a titolo compensativo nel risiko del rimpasto, per quanto Crocetta non ami questo termine e ancora oggi a “Un giorno da pecora” abbia parlato di “qualche aggiustamento”.

L’attesa è finalmente terminata. E da oggi il cambio di passo per il governo non è più rinviabile. “È giunto il momento di un tagliando per il governo regionale”, ha detto oggi Marco Forzese dei Drs. Un concetto sul quale più o meno tutta la maggioranza si ritrova, ma che è auspicabile che si traduca non nel consueto (ed estenuante) braccio di ferro per una poltrona in più, quanto in una efficace convergenza d’intenti sulle cose da fare. Già da domani si comincerà all’Ars dalla riforma delle Province. Poi toccherà alla complicata “manovra bis”, ancora in alto mare, per rimediare alle falle causate dall’impugnativa del commissario dello Stato e ridare serenità alla vasta platea di lavoratori che vede il proprio stipendio a rischio. Dopo, la speranza è che si possa cominciare a intravedere un’idea di sviluppo e di programmazione, concentrandosi sulle risorse comunitarie per evitare inaccettabili sprechi. Perché tutto ciò accada, senza ulteriori perdite di tempo e rincorse dell’ultimo minuto foriere di inguardabili pastrocchi, è necessario che la maggioranza trovi un’effettiva coesione e che la giunta apra un confronto serio e proficuo con la Sicilia reale, quella che fuori dal Palazzo arranca in una tragica incertezza.

Da oggi, smontati i gazebo del congresso dem, non ci sono più alibi. Governo e maggioranza dimostrino di essere in grado di dare risposte ai siciliani. Se così non fosse, la stessa sopravvivenza di questa travagliata legislatura diventerebbe un affronto insopportabile per un’Isola in agonia.


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