"Siamo venuti per ammazzarti" | Così si regolano i conti alla Noce - Live Sicilia

“Siamo venuti per ammazzarti” | Così si regolano i conti alla Noce

La motivazione delle condanne inflitte a Fabio Chiovaro della Noce e alla moglie.

PALERMO – È la storia di un’insolita tentata estorsione quella ricostruita nelle motivazioni della condanna del boss della Noce, Fabio Chiovaro, e di altri due imputati. La sentenza è del giudice per l’udienza preliminare Fabrizio Anfuso che ha inflitto 7 anni e 6 mesi a Chiovaro, 4 anni e 8 mesi alla moglie Loredana D’Amico, 7 anni e 6 mesi a Giuseppe Vallecchia. Assolti, invece, Tiziana Chiovaro, sorella del capomafia, e Tommaso Cospolici.

Bisognava battere cassa. Ottenere la restituzione di quattro mila euro che erano stati regalati al nipote di Chiovaro e che erano serviti per aprire uno studio fotografico. Quando gli affari iniziarono a funzionare, Chiovaro voleva indietro il denaro. Con le buone o con le cattive. Non solo i soldi, ma anche un quadro che era stato regalato al nipote.

E così dal carcere Chiovaro avrebbero affidato i compiti. Non aveva fatto i conti con la denuncia del nipote e pure dello zio. Il tutto è stato ricostruito nella sentenza del giudice che ripercorre, riportando stralci di intercettazioni, i passaggi delle indagini coordinate dai pubblici ministeri Francesco Del Bene, Gianluca De Leo, Amelia Luise, Annamaria Picozzi e Roberto Tartaglia. Furono i poliziotti della Squadra mobile a piazzare le microspie nella sala colloqui del carcere di Parma dove Chiovaro era rinchiuso al regime del 41 bis.

D’Amico era stata fin troppo esplicito quando andò a casa del nipote acquisto: se non avesse restituito subito il denaro “era meglio” per lui andare “via da Palermo”. La donna era tornata alla carica quando seppe che il parente aveva venduto un immobile ed era nelle condizioni di onorare il debito. Ancora una volta la “visita” non avrebbe prodotto effetti. E così la donna avrebbe deciso di parlarne con il marito detenuto che le affidò il messaggio da riferire allo zio: “Tuo nipote ha chiesto il tuo indirizzo per dirti quante volte sei cornuto… e poi vediamo se ci fu il regalo o sei un pezzente… e ti devi levare… pretendo che se la sbriga Tiziana (la sorella, ndr) con suo marito (Giuseppe Vallecchia, ndr)… sei un cornuto perché sei munzignaru, sapendo che quello è in galera gli dici pure la bugia che quello ti ha regalato… ma che ti ha regalato? Il cornuto che sei?”.

Il 22 ottobre 2014 Vallecchia (che è anche cugino del boss di Porta Nuova, Alessandro D’Ambrogio, ndr), avrebbe dato esecuzione al diktat di Chiovaro. minacciando il fotografo: “Esci che ti dobbiamo parlare… siamo venuti per ammazzarti, cornuto che sei”.

Il giudice Anfuso si è soffermato sul fatto che “sfuggono le ragioni per cui il fotografo, pur ammettendo in denunzia di dovere una somma di denaro a Chiovaro, non abbia ottemperato al suo debito una volta avuta la possibilità economica, ma per le valutazioni di competenza di questo giudice è, in fin dei conti, inane esplorare i motivi dell’inadempimento, a fronte delle modalità illecite e gravemente intimidatorie messe in atto dagli imputati per ottenere la restituzione del denaro”.

 


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