Sicilia, sanità vicina al collasso: "Chi curerà i poveri siciliani?"

Sicilia, sanità vicina al collasso: “Chi curerà i poveri siciliani?”

Una minaccia non soltanto per il pubblico ma anche per il privato convenzionato
SEMAFORO RUSSO
di
2 min di lettura

“Chi curerà i poveri siciliani?”, è l’accorata domanda che Roberto Puglisi, su questo giornale, pone e si pone guardando al rischio di un collasso della sanità in Sicilia. Un collasso che non minaccia più soltanto il pubblico ma anche il privato convenzionato che in qualche modo assicura delle prestazioni a fronte delle lunghissime liste d’attesa che da anni, ormai, affliggono i cittadini.

La questione non riguarda unicamente la caotica e popolosa “capitale”, Palermo, ma tutto il sistema sanitario regionale. Operatori del settore, quelli poco inclini a frequentare le segreterie di partito per ottenere incarichi o avanzamenti di carriera, sindacalisti, osservatori e commentatori lanciano allarmi da tempo, da molto prima dello scoppio della pandemia senza che la politica e le istituzioni abbiano dato segnali seri di non sottovalutazione di una crisi che era ed è sotto gli occhi di chi vuol vedere. Anzi, la politica non rinuncia a considerare la sanità come una prateria su cui scorrazzare per scopi assai lontani dai bisogni dei cittadini condizionando nomine, distribuzione delle risorse e assetti di potere. Insomma, la domanda di Puglisi non è retorica, è terribilmente concreta.

Chi scrive, per esempio, immagino che parecchi lettori condivideranno, non avendo più un’età verde pensa con angoscia all’eventualità di dover ricorrere alle cure di un ospedale iniziando un probabile calvario già varcando la soglia del pronto soccorso. Mi conforta poco sapere che la qualità dei medici dalle nostre parti è abbastanza alta se poi vengo massacrato sotto il profilo di una scarsa organizzazione dei nosocomi a motivo, soprattutto, di una carenza patologica di posti letto e di personale medico e infermieristico.

Quante volte, tornando per ragioni personali o familiari da ottime strutture sanitarie pubbliche di altre regioni italiane, ci siamo chiesti il perché noi in Sicilia non riusciamo lì dove, in Emilia Romagna, in Veneto o in Toscana, riescono perfettamente? Qui siamo arrivati al punto di non garantire in maniera sufficiente, specialmente in alcune zone del territorio regionale, i livelli minimi di assistenza, altro che autonomia differenziata. Il fatto, adesso, che il comparto privato, che però eroga prestazioni sanitarie al pari del settore pubblico, protesti e addirittura scioperi per ben 4 giorni la dice lunga sulla reale situazione sanitaria isolana ed è ovvio che a pagare, manco a dirlo, sono famiglie e pazienti senza santi in paradiso.


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