Sicilia, tira una brutta aria nei palazzi della politica - Live Sicilia

Sicilia, tira una brutta aria nei palazzi della politica

L'analisi
SEMAFORO RUSSO
di
3 min di lettura

PALERMO – Brutta aria gira nei due palazzi siciliani più importanti. Brutta aria a Palazzo delle Aquile dopo l’approvazione del piano di riequilibrio portato avanti da Leoluca Orlando che scongiura si il dissesto finanziario ma che al contempo, a poche settimane dalle elezioni amministrative, mette le mani in tasca ai contribuenti palermitani (sicuramente a quelli che pagano le tasse perché in troppi non le pagano) con il raddoppio dell’Irpef e l’aumento della Tari (rifiuti).

Brutta aria a Palazzo d’Orleans (dopo l’ennesimo ricorso all’esercizio provvisorio) in cui non è affatto chiara né l’agenda dei prossimi mesi, secondo il programma elettorale di Nello Musumeci sostanzialmente disatteso, soprattutto sul fronte delle riforme annunciate e rimaste quasi tutte al palo, nè lo scenario che dovrebbe accompagnarci alle prossime elezioni regionali di fine anno. E dire che dovrebbe ancora scottare sulla pelle dei partiti, di destra, centro e sinistra, l’esperienza fresca fresca del voto per la presidenza della Repubblica. Con la riconferma di Sergio Mattarella al Quirinale, infatti, abbiamo tirato un grosso sospiro di sollievo, è vero, considerati i rischi incontrati con le candidature di basso profilo o controverse messe in campo, ma abbiamo dovuto registrare l’ennesimo fallimento della politica per l’incapacità mostrata dalle forze politiche di trovare insieme un percorso concordato e una personalità al di sopra delle parti che non fosse il Capo dello Stato uscente, a cui abbiamo dovuto chiedere un grande atto di generosità, nel superiore interesse della nazione.

L’implosione avvenuta dentro i singoli partiti, vedi soprattutto Lega e M5S, e dentro gli schieramenti, specialmente dalle parti del centrodestra che secondo Giorgia Meloni va assolutamente rifondato (vedremo come), dovrebbe convincere le forze politiche siciliane e palermitane a dare un minimo segnale di esistenza e della volontà di proporre candidati credibili, alleanze coerenti e contenuti programmatici degni di essere portati all’attenzione degli elettori. Per ora fioccano soltanto le autocandidature, e manovre di liste, in entrambi i fronti e in entrambi i palazzi di cui sopra e non si capisce chi dovrebbe sostenere la ricandidatura di Musumeci, sulla cui poltrona hanno messo gli occhi sia la Lega che Fratelli d”Italia (ma pure Forza Italia di Gianfranco Miccichè), nè si capisce se nel centrosinistra si faranno o meno le primarie per la scelta di una personalità davvero unitaria. Lo stesso discorso vale per la corsa alla carica di primo cittadino a Palermo.

Una scommessa sicuramente complicata a sinistra sia per il menzionato aumento delle tasse, purtroppo necessario per evitare guai peggiori, sia per un insieme di problematiche cittadine irrisolte. Lì occorre trovare in fretta, possibilmente attraverso le primarie, un successore di Orlando che piaccia o non piaccia ha fatto la storia della quinta città d’Italia, eppure ancora tutto tace sulla individuazione di un candidato condiviso e poco chiaro è tuttora il perimetro delle alleanze. Il motivo di tale nebulosità sta nel fatto che a essere piuttosto frantumato è il quadro politico generale dopo lo sfaldamento della maggioranza (ormai ex) a sostegno di Orlando a Sala delle Lapidi. Non va meglio a destra, per intenderci. La frantumazione l’abbiamo sperimentata anche all’Ars, non a caso più volte Musumeci è andato sotto. Insomma, siamo già a febbraio, l’elezione quirinalizia è alle spalle, il governo Draghi sta tenendo di ripartire senza farsi colpire dagli sconquassi interni ai partiti ma in Sicilia si procede lento pede, e non è una cosa buona.


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