Catania. Lo sciopero delle donne attraversa le strade della città. Sono appena le nove del mattino quando lo spazio antistante al Tribunale inizia a popolarsi di donne e uomini con indosso un drappo rosso. Il “colore dell’energia, di chi non abbassa la testa, di chi grida forte il proprio dissenso”, di chi scende in piazza per la Giornata Internazionale contro la violenza di genere che si celebra il 25 novembre. Una coincidenza vuole che proprio oggi si tenga la prima udienza del processo di appello per il femminicidio di Stefania Noce. E’ proprio alla giovane studentessa di Licodia Eubea che le donne e gli uomini di quindici associazioni catanesi dedicano manifesti e striscioni. “Stefania è con noi”, c’è scritto sul cartello che regge Grazia Giurato, storica femminista etnea.
Un ricordo commosso, ma anche un momento di denuncia contro ogni forma di violenza sulle donne. Fuori dal tribunale c’è il padre di Stefania che si dice “colpito” della concomitanza del processo con la giornata internazionale contro la violenza di genere e dalla folta presenza di donne e uomini. “Queste persone ci danno una grande energia, più si è, maggiore sarà la forza delle nostre istanze”. E di solitudine Ninni Noce ne sa qualcosa. Il padre di Stefania denuncia lo stato di abbandono in cui versano i parenti delle vittime: “Soli e senza assistenza legale o psicologica”. E in tantissimi casi beffati dalla cattiva informazione che “continua a parlare di raptus di follia e non di femminicidi”.
“Oggi vogliamo un forte messaggio per scuotere le coscienze”, dice Adriana Palmieri, presidentessa dell’associazione Sen (acronimo di Stefania Erminia Noce”) di Licodia Eubea.
Ma la strada sembra lunga e tortuosa. I dati relativi ai femminicidi, compiutiti nel nostro Paese nel 2013, parlano di una vera e propria mattanza: 128 vittime, 10 in Sicilia. Numeri, in carne e ossa, che crescono in maniera esponenziale se si tiene conto dei casi di violenza, che non è esclusivamente di tipo fisico. Nei fatti ogni forma di sessismo e di impedimento all’autodeterminazione delle donne, stereotipi compresi, è una grave forma di violenza. Un problema che riguarda tutti, uomini compresi. “Per troppe donne la violenza è il pane quotidiano” si legge sui sacchetti distribuiti da alcuni panifici catanesi con tanto di recapito telefonico del Centro Antiviolenza Thamaia, che da anni fornisce assistenza materiale e legale alle vittime di abusi.
Catania sembra rispondere positivamente all’appello delle associazioni che hanno messo in piedi lo sciopero delle donne. Lo testimoniano le sale della Camera del lavoro di via Crociferi ricoperte di scarpe da donna in ricordo delle donne trucidate. Accanto a ogni scarpa usurata c’è un bigliettino con il nome di una vittima di femminicidio. Un’iniziativa della Cgil che si somma ai numerosissimi momenti che hanno scandito le ore pomeridiane in Piazza Stesicoro: mostre, performance, flash mob, flash hug e reading di brani e poesie organizzati da svariate realtà femministe (Voltapagina, Citta Felice, Udi, Snoq), omosessuali (Arcigay e Open Mind) e sindacali (Fiom, Cgil).
Anche la giunta comunale ha fatto la sua parte, aderendo con una delibera in giunta all’iniziativa nazionale “Posto occupato”, presentata questa mattina dall’assessore alla Scuola e alle Pari Opportunità, Valentina Scialfa. Si tratta di “un gesto concreto”: riservare un posto a teatro, sul bus o a scuola per tenere vivo il ricordo delle donne uccise che non potranno più occuparlo. La vera sfida però comincerà domani, quando i riflettori saranno spenti e toccherà alle donne e agli uomini, ma anche alle istituzioni, spendersi in prima persona con determinazione contro ogni forma di oppressione e di violenza di genere.