PALERMO – E dopo le critiche di Marco Verzera arrivano anche quelle di Maurizio Agnello. Due pubblici ministeri in pochi giorni hanno scritto al capo della Procura di Palermo, Francesco Messineo. Il tema è sempre quello della nomina del pm Roberto Tartaglia quale coassegnatario nel processo sulla trattativa fra la mafia e lo Stato.
Stavolta, però, Agnello alza il tiro delle critiche. Al Palazzo di giustizia di Palermo si riaccende il dibattito sulla mancata circolazione delle notizie. Agnello ricorda che fino a poco tempo per “prassi consolidata” tutti i magistrati dell’ufficio erano messi a conoscenza degli atti di indagine più rilevanti. Cosa non avvenuta per il fascicolo sulla trattativa. Una scelta che, secondo il pm, avrebbe fatto venire meno l’unità dell’ufficio. Un’unità solo sbandierata nelle assemblee, ma mai sostanzialmente trovata.
Il nome di Agnello è legato ad alcune delle più delicate indagini degli ultimi anni. Solo per citare tre esempi: è il pm che ha portato a processo il deputato Gaspare Vitrano per tangenti, colui che ha messo il naso nei bandi per l’organizzazione dei grandi eventi della Regione e ha raccolto le dichiarazioni della collaboratrice di giustizia Monica Vitale, donna di mafia al soldo del clan di Borgo Vecchio. Agnello condivide in pieno le critiche di Verzera sul metodo che ha indirizzato la scelta di Messineo su Roberto Tartaglia, pubblico ministero giunto a Palermo da un anno e mezzo e sulla cui preparazione tutti concordano.
Non è una questione di uomini, ma di metodo che Agnello definisce poco convincente. Tartaglia affiancherà in udienza i colleghi Francesco Del Bene, Nino Di Matteo e Lia Sava (l’aggiunto Antonio Ingroia non potrà essere presente, visto che a breve raggiungerà il Guatemala per un incarico sotto l’egida dell’Onu). Solo al primo dei tre Messineo farebbe riferimento nella motivazione della scelta di Tartaglia. Forse perché Di Matteo e Sava non fanno più parte, per scadenza dei termini di permanenza, della direzione distrettuale antimafia? Se questa fosse la ragione allora, secondo il pm, ci sarebbe da chiedersi perché i due sostituti siano stati delegati a seguire le indagini.
Insomma, la vicenda assume, giorno dopo giorno, tutti i connotati di una nuova grana interna per il procuratore Messineo, impegnato anche ad affrontare le polemiche sulle intercettazioni tra il capo dello Stato e l’ex ministro Nicola Mancino.