Sprechi, consulenze, assunzioni | Ecco il rapporto che accusa il Ciapi - Live Sicilia

Sprechi, consulenze, assunzioni | Ecco il rapporto che accusa il Ciapi

Nelle 22 pagine del documento dell'Olaf, spuntano appalti concessi senza evidenza pubblica, incarichi assegnati senza la valutazione dei curricula, meccanismi per aggirare le regole europee (Nella foto, l'ex presidente del Ciapi Francesco Riggio).

PALERMO – Un danno da quindici milioni di euro. La cifra trova spazio nella tabella riassuntiva del rapporto finale dell’Ufficio antifrode dell’Unione europea su un maxi-progetto del Ciapi, il “Co.or.ap”. Un danno frutto di una serie di violazioni alla normativa comunitaria e a quella nazionale. Nel primo caso, gli ispettori puntano l’indice contro “consulenze esterne, contratti a progetto e di lavoro occasionale” concessi senza alcuna gara d’appalto né indagine di mercato. Stesso discorso per le spese di “Promozione, sensibilizzazione, informazione e diffusione” che avrebbero violato i regolamenti europei per l’affidamento delle forniture. Infine, il Ciapi ha persino “dimenticato” di apporre il logo dell’Unione europea negli avvisi di reclutamento. Nonostante quella pioggia di euro arrivasse proprio da Bruxelles. Ironia della sorte. Ma il Ciapi, come detto, secondo gli ispettori, avrebbe violato anche le norme italiane. In particolare quelle riguardanti le 278 assunzioni a tempo determinato, compiute senza rispettare i principi di “pubblicità e imparzialità”. “I fatti descritti – scrivono gli ispettori – possono essere ritenuti quale malversazione a danno dello stato, in quanto la grandissima parte dei 15 milioni risulta spesa o in maniera congeniata per evitare il ricorso a gare d’evidenza pubblica o in modo irregolare”. Ma non solo. Nel rapporto si mette in dubbio, di fatto, che le spese per i consulenti siano effettivamente servite a qualcosa, visto che gli ispettori denunciano i “seri dubbi sulla effettiva somministrazione delle prestazioni”. Ovvero, avrebbero distribuito somme a pioggia per consulenze mai esistite.

Il rapporto è datato settembre 2011. Sulla base di quel rapporto, l’assessorato Formazione e Istruzione deciderà solo un anno dopo di revocare l’accreditamento al Ciapi. Una decisione contro la quale l’ente ha provato a opporsi, ricevendo però una risposta negativa anche dal Tar: “L’ente è inaffidabile”, hanno scritto i giudici pochi mesi fa. E la sentenza si basa proprio su quel rapporto col quale l’Olaf parla di “situazione di seria iregolarità e possibili frodi che richiedono un recupero totale dei fondi dell’Ue”. Da questo rapporto, tra l’altro, scaturirà l’indagine della Procura.

Il progetto incriminato, come detto, è il Co.or.Ap, (Consulenza, orientamento e appredistato). Un corso che consisteva nell’offrire “ai giovani di età superiore a 15 anni che, completato il primo ciclo di istruzione, intendono inserirsi nel mercato del lavoro attraverso l’istituto dell’apprendistato”. E qui, ecco i primi problemi: “Il reclutamento del personale non era previsto dal progetto, l’avviso di selezione era stato pubblicato solo sul sito internet del Ciapi, la scadenza per la presentazione delle domande era di soli sette giorni”. Tutti fatti che spingono l’Ufficio antifrode, insieme al Comando provinciale della guardia di Finanza, a recarsi nella sede del Ciapi per le prime ispezioni. Siamo nel 2009. Ne seguiranno altre. In una di queste occasioni, gli ispettori ricevono una risposta curiosa: il presidente Francesco Riggio, che alle ultime elezioni regionali sarà candidato tra le fila del Pd, quel giorno era a Roma per un impegno di lavoro. La documentazione richiesta era in suo possesso. Gli ispettori attendono, a ottobre, persino un delegato del presidente, che porti le chiavi per accedere ai documenti sui consulenti pagati dall’ente. Ma già in quella fase, gli ispettori capiscono che qualcosa non quadra: alla richiesta dei documenti riguardanti gare d’appalto per oltre quattro milioni di euro, il Ciapi consegna “carte” per lavori e incarichi per un ammontare di appena 300 mila euro.

Ma tra gli elementi su cui l’Olaf ha sollevato le proprie censure, c’è la selezione del personale: “Nessun elemento nella descrizione del progetto – scrivono gli ispettori – indicava che ben 278 persone sarebbero state assunte quali dipendenti a tempo determinato per 13 mesi (inizialmente la durata era prevista per sei mesi) con una spesa più che significativa nell’ambito del progetto stesso ed ammontante a 8.969.649 euro”. E a dire il vero, gli assunti non sono solo questi, visto che “per svolgere mansioni organizzative e/o di segreteria in seno al Ciapi, – si legge nel rapporto – verrà assunto per il progetto altro personale con contratti di lavoro parasubordinato con una ulteriore spesa di 798.076,79 euro”. Tutte procedure “illegittime”, secondo l’Olaf, anche perché il Ciapi è considerato un “ente strumentale della Regione” e quindi soggetto alle norme che riguardano il settore “pubblico”.

Il rapporto, però, evidenzia presunte irregolarità anche sul piano della gestione delle attività di “Promozione, sensibilizzazione, informazione, diffusione”. La somma complessiva, infatti, di 3,8 milioni di euro, sarebbe stata destinata a “esclusivisti di organi di diffusione” (pagine pubblicitarie, passaggi televisivi, affissioni). Motivo per il quale, secondo il Ciapi, non potevano esistere documenti attestanti quei pagamenti. Ma le ispezioni hanno fatto emergere un sistema che consentiva di aggirare la necessità dell’evidenza pubblica. In che modo? Molto semplice: ogni affidamento rimaneva ben al di sotto della soglia di 211 mila euro stabilita dai regolamenti europei. Ma ad ognuno dei beneificiari, arrivava più di un affidamento. Anche tramite società diverse, che facevano però capo, in alcuni casi, allo stesso titolare.

Infine, ecco il nodo “consulenze e incarichi”. Una spesa di 1.265.032 euro che sarebbe stata decisa nei cosiddetti “Comitati tecnico-scientifici”. Ma nei verbali di quelle riunione, non c’è traccia della valutazione dei curricula. “I verbali del Cts – si legge nel rapporto – si limitano ad indicare una serie di nomi prescelti ed individuati tra i ‘curricula presenti all’albo del Ciapi”, curricula che vengono indicati come allegati ai verbali del Cts”. In alcuni casi, anzi, hanno verificato gli ispettori, per sei di questi consulenti non s’è passato nemmeno attraverso l’elenco dei nominativi. Per ciascuno di loro, insomma, la nomina è stata “ratificata ex post”. In altri cinque casi, addirittura, non si trova né alcun cenno alla scelta iniziale né all’aggiunta “posticcia” del nominativo. Insomma, hanno incassato i soldi senza che ci sia traccia di quella consulenza.

Una macchina enorme, messa in moto da un flusso ingentissimo di denaro, buono per pagare spazi pubblicitari, inserzioni, consulenti, esperti di ogni tipo. Solo sullo sfondo, il motivo per cui era nato quel corso milionario: formare i giovani attraverso l’apprendistato. Ma quanti giovani ha inserito nel mondo del lavoro il mastodontico progetto Co.or.ap? Gli obiettivi iniziali erano quelli di avviare all’apprendistato 1.500 ragazzi, consentendo di far giungere almeno 600 di questi nel mondo del lavoro. I risultati definitivi? Diciotto giovani sono stati avviati all’apprendistato. Nessuno di loro ha trovato un lavoro.


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