Strade a pezzi e lavoratori in bilico | Province, la riforma è un flop - Live Sicilia

Strade a pezzi e lavoratori in bilico | Province, la riforma è un flop

Tra meno di un mese scadrà il nuovo termine per approvare la legge che attribuirà funzioni e competenze ai Liberi consorzi. Ma i due anni di stallo e di commissariamenti hanno lasciato una Sicilia in macerie. Come raccontano sindaci e amministratori.

PALERMO – “Scriviamo insieme la riforma delle Province”. Era questo il titolo di un convegno organizzato a Palazzo Comitini, a Palermo, tre settimane fa. Ma come, la riforma delle Province non era stata già compiuta? Era stato, a pensarci bene, due anni fa ormai, il “fiore all’occhiello” della rivoluzione crocettiana. “Siamo riusciti a fare quello che nel resto d’Italia ancora non hanno fatto”, rivendicava fiero il governatore, riempiendo l’etere italico di questo annuncio. Dopo due anni il suo partito, il Pd, promuove il convegno: “Scriviamo insieme la riforma delle Province”.

E avrebbero dovuto aggiungere, probabilmente, qualche richiamo ai tempi. “Scriviamola in fretta, questa riforma” doveva essere il titolo esatto. Perché da allora, sono passati altri venti giorni. E adesso manca meno di un mese all’ultima scadenza: l’8 aprile bisognerà approvare la legge che rende “attivi” i Liberi consorzi, sottraendoli a commissariamenti infiniti e dannosi. “Scriviamola insieme, prima che sia troppo tardi”.

L’ultimo testo è quello (ri)scritto dall’ultimo assessore agli Enti locali, Ettore Leotta. Un testo che, intanto, ha cancellato la morfologia dei liberi consorzi, così come l’aveva pensata il presidente Crocetta: le città metropolitane, giusto per fare un esempio, corrisponderanno ai territori delle Province di Palermo, Catania e Messina. Lo schema “sei (Consorzi) più tre (Città metropolitane)” amano dire i tecnici. Contro quello inizialmente indicato dal governo: “Almeno nove (Consorzi) più tre”.

Ma l’algebra lascia il tempo che trova. Lascia, soprattutto, una Sicilia al macero. Immobile, mentre cade pezzo dopo pezzo. Strada dopo strada. Scuola dopo scuola. Mentre i commissari (nominati, revocati, rinnovati, contestati) alzano le braccia: sono commissari staordinari e possono occuparsi solo dell’ordinario. Cioè, praticamente di nulla.

Ma la politica non ha fretta. Ha prorogato di mese in mese quei commissariamenti. Tra strafalcioni e i soliti vizi. È il caso ad esempio della nomina di Antonio Ingroia alla Provincia di Trapani, bocciata dall’Autorità anticorruzione (non si possono cumulare più cariche, se ad attribuirle è la stessa amministrazione, in questo caso quella regionale). Ed è il caso dell’ultima infornata di nomine, zeppa di fedelissimi del governatore e di dirigenti generali. Compreso il capo di gabinetto di Crocetta, Giulio Guagliano, inviato a Caltanissetta mentre ricopre, oltre al ruolo di braccio destro del presidente, tra le altre cose, anche quello di amministratore unico di una società complessa come la Resais: “Così la gente sa che quel commissario risponde a me”, ammise candidamente Crocetta.

E in effetti, nei territori, chi è costretto ad amministrare il “vuoto” lasciato dalle Province che non ci sono più, sa bene che a rispondere dello sfacelo è proprio il governo regionale. I sindaci non ce la fanno più. “Hanno abolito le Province e non le hanno sostituite con nulla. Non abbiamo più un interlocutore”, protesta Maurizio Lo Galbo, presidente della sezione giovanile di Anci Sicilia, l’associazione che rappresenta i Comuni dell’Isola. E la beffa è legata al fatto che a subire le reazioni dei cittadini sono proprio loro. Nonostante le competenze relative a molte strade (le provinciali, appunto), alla manutenzione delle scuole, alla promozione turistica e culturale spettasse proprio al vecchio ente che non c’è più. E una verifica “a campione” tra i Comuni siciliani è sufficiente per avere un quadro chiaro del disastro.

L’ultimo motivo di scontro, nel Palermitano, riguarda la gestione dell’acqua. Il disastro economico di Aps, la partecipata provinciale che serviva la maggior parte dei Comuni del Palermitano, infatti, ha spinto il governo regionale a riassegnare le reti idriche proprio ai sindaci. “Se domani – protesta Fabio Spatafora, primo cittadino di Casteldaccia – mi riprendo la rete, ricevo una denuncia per reati ambientali. Quella rete noi l’abbiamo ceduta nel 2005 in perfette condizioni. Adesso è un colabrodo, e le perdite idriche sono vastissime in tutto il territorio del mio Comune”. E il grido d’allarme dei sindaci sembra essere stato accolto dal Prefetto Francesca Cannizzo che si starebbe rifiutando di firmare l’ordinanza. “La quasi totalità dei sindaci dei comuni serviti dalla ex Aps – protestano i sindacati, che da stamattina sono in sit-in di fronte a Palazzo d’Orleans – non è nelle condizioni da domani di gestire il servizio autonomamente”. E il disastro delle reti idriche è lo stesso delle reti stradali: “Siamo isolati – continua Spatafora – per una frana di cinquanta metri si è interrotta, solo per fare un esempio, la strada che collega Casteldaccia, Bagheria e Santa Flavia. E nessuno si prende la briga di inTervenire”.

Le risposte, dai commissari di Provincia sono sempre quelle: non ci sono soldi. E non possono andare al di là dell’ordinaria amministrazione. “Ma in certi casi – protesta il sindaco di Gangi, Giuseppe Ferrarello – la politica finisce per vanificare i nostri sforzi. Siamo riusciti a rendere Gangi, ad esempio, uno dei borghi più belli d’Italia. Ma a volte è quasi impossibile raggiungerlo”. Le solite strade provinciali. Che a volte, però, si riempiono di neve. “Da queste parti – racconta Ferrarello – non nevicava così dal 1981. Ma non siamo un paese di mare, ce lo dovevamo aspettare”. E invece, si è sfiorata la tragedia, in qualche caso. “Le strade provinciali sono franate e molto spesso allagate, ma nessuno interviene”. E se nevica, come detto, le situazioni virano verso il grottesco. “L’unico operatore in grado di usare lo spazzanevi – racconta Ferrarello – vive a Polizzi. Deve venire qui a prendere il veicolo, ma per mettere il carburante deve recarsi a Castelbuono. Una sera, una persona ha avuto un malore nella zona di Geraci e sono dovuto intervenire attraverso la Protezione civile e il pick-up del Comune. Così come sono stato costretto a fare, ad esempio, nel caso di un malato costretto alla dialisi, rimasto isolato a causa della scarsa manutenzione delle strade provinciali”. E i danni alle strade si riverberano nell’economia della zona: “Tra Gangi e San Mauro – continua Ferrarello – è franato un tratto di strada: un percorso costellato dalla bellezza di cinquecento aziende agricole. È facile immaginare quanti e quali danni subiscano, in queste condizioni”. Il flop delle Province, spesso, finisce per colpire proprio i più deboli: “Da tempo ormai, a causa del mancato trasferimento delle funzioni e delle competenze, – denuncia il sindaco di Ventimiglia di Sicilia, Antonio Rini – si è interrotto il servizio di trasporto per i disabili”. Senza contare che “nella nostra zona sono state diverse le alluvioni e gli smottamenti – prosegue il primo cittadino di Ventimiglia – ma non abbiamo più un interlocutore. Ci rispondono solo che non ci sono soldi. Mentre non sono state trasferite alcune competenze ai Comuni. Gli stessi dipendenti delle ex Province sono spaesati, non sanno cosa devono fare e quale sarà il loro futuro”. Intanto, la politica discute. “Ma intanto le scuole provinciali – insiste il sindaco di Casteldaccia Spatafora – sono al freddo. Non sono garantiti nemmeno i riscaldamenti per i nostri ragazzi”. Un anno e mezzo fa il presidente Crocetta esultava: “Siamo i primi in Italia”. Oggi il suo partito e la sua coalizione invita a “scrivere insieme la riforma delle Province”. Ma la storia è stata già scritta. È quella di un colossale fallimento.


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