"Stragi, la mafia non prese ordini | E lo Stato ha reagito" - Live Sicilia

“Stragi, la mafia non prese ordini | E lo Stato ha reagito”

Beppe Pisanu

Rapporto del presidente della Commissione Antimafia, Beppe Pisanu. Si parla di una mafia sconfitta, della sua linea stragista. Con una certezza: "Lo Stato non si è piegato".

La relazione di Pisanu
di
3 min di lettura

ROMA- La mafia per le stragi “di certo non prese ordini da nessuno, perchè ha sempre badato al primato dei suoi interessi e all’autonomia delle sue decisioni. Tuttavia, quando le è convenuto, quando vi è stata convergenza di interessi, non ha esitato a collaborare con altre entità criminali, economiche, politiche e sociali”. Lo afferma il presidente dell’Antimafia Beppe Pisanu nella conclusioni del suo rapporto finale riguardante un bilancio della inchiesta sulle stragi e la cosidetta trattativa Stato-Mafia. Pisanu cita come ‘riscontro’ di questa affermazione la partecipazione della mafia, insieme ad esponenti della massoneria, al golpe di Junio Valerio Borghese; alla simulazione del rapimento del finanziere Michele Sindona, ospite invece della borghesia mafiosa palermitana; alla strage del “Rapido 904”, per la quale furono condannati all’ergastolo, oltre al cassiere della mafia Pippo Calò, esponenti della camorra, del terrorismo di destra e della banda della Magliana.

“Non a caso, dunque, dopo le stragi del ’92 e ’93 gli analisti e i vertici degli apparati di sicurezza colsero subito il mutamento della strategia mafiosa di aggressione allo Stato e lo attribuirono ad una convergenza di ‘interessi macroscopici illeciti, sistemazione di profitti, gestione d’intese con altre componenti delinquenziali ed affaristiche, nazionali ed internazionalì,come disse il prefetto Parisi. “Sulla stessa linea, un rapporto della DIA del 1993, descrisse ‘un’aggregazione di tipo orizzontale’ composta, oltre che dalla mafia, da talune logge massoniche di Palermo e Trapani, da gruppi eversivi di destra, funzionari infedeli dello Stato e amministratori corrotti”.

Se nel ’92-’93, similmente ad altre fasi di transizione, si mise in opera una strategia della tensione, ‘Cosa nostra’ ne fece parte. O meglio, fu parte, per istinto e per consapevole scelta, del torbido intreccio di forze illegali e illiberali che cercarono di orientare i fatti a loro specifico vantaggio. Indebolire lo Stato significava renderlo più duttile e più disponibile a scendere a patti”, scrive Pisanu. Con le stragi Cosa nostra iniziò il suo declino “e in definitiva ha perso peso e prestigio anche rispetto ad altre organizzazioni criminali nazionali”. Certamente “è ancora forte e temibile. Ma dobbiamo pur riconoscere che dagli anni ’80 ad oggi, ha perso nettamente la sua sfida temeraria allo Stato”.

“Certamente con le stragi del 1992-93 ‘Cosa nostra‘ inflisse allo Stato perdite irreparabili di vite umane e preziose opere d’arte, dimostrò la massima potenza di fuoco, ma segnò anche l’inizio del suo declino”, afferma ancora Pisanu nelle sue conclusioni. Infatti, subito dopo, la mafia “si è inabissata nella società, nell’economia, nella politica e da allora non è più riemersa con la forza delle armi; la sua leadership è stata decapitata e fino ad oggi non è neppure riuscita a ricostruire gli organi di governo; i suoi affari hanno subito il salasso continuo dei sequestri e delle confische dei beni; e in definitiva ha perso peso e prestigio anche rispetto ad altre organizzazioni criminali nazionali, come la ‘ndrangheta, tanto all’interno quanto all’estero”.

“I carabinieri e Vito Ciancimino hanno cercato di imbastire una specie di trattativa; “Cosa nostra” li ha incoraggiati, ma senza abbandonare la linea stragista; lo Stato, in quanto tale, ossia nei suoi organi decisionali, non ha interloquito ed ha risposto energicamente all’offensiva terroristico-criminale”, scrive ancora Pisanu.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI