CALTANISSETTA – Paolo Bellini, ex di Avanguardia nazionale, è indagato dalla Procura di Caltanissetta per la strage di Capaci. Sarebbe stato già interrogato lunedì scorso a Roma dai magistrati delle Dda nissena e anche di Firenze per le stragi del 1993. Bellini avrebbe negato qualsiasi coinvolgimento.
La procuratrice reggente di Bologna, Lucia Musti, in conferenza stampa per l’arresto di Bellini dopo la condanna in primo grado per la strage del 2 agosto 1980 nella città Felsinea, ha detto di avere acquisito agli atti anche intercettazioni “messe a disposizione dalla Dda di Caltanissetta con la Dia e dalla Dda di Firenze con il Ros, con il coordinamento del Procura nazionale antimafia”.
L’inchiesta
L’inchiesta della Procura di Caltanissetta punta a chiarire il motivo delle presenze di Bellini in Sicilia in periodi antecedenti la strage di Capaci. L’ex di Avanguardia nazionale aveva conosciuto in carcere, nel 1988, il boss di Altofonte Nino Gioè, coinvolto nella strage di Capaci e ufficialmente morto suicida nella notte fra il 28 e il 29 luglio del 1993, l’anno degli attentati a Roma e Milano.
Di lui parlò anche il pentito Santino Di Matteo, padre del piccolo Giuseppe assassinato dalla mafia, ricostruendo una presunta trattativa per il recupero delle opere artistiche rubate tramite Paolo Bellini.
Il ricordo del pentito Santino Di Matteo
“Mi ricordo che un giorno Antonino Gioè venne a casa mia con questo Paolo Bellini, che a quanto avevo capito era uno dei servizi – disse Di Matteo deponendo il 12 giugno del 2014 al processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia – Io gli offri un caffè, poi andarono a casa di Gioè. Seppi poi che Bellini e Gioè parlarono di un accordo per il recupero di un quadro in cambio dell’interessamento di Bellini per l’ammorbidimento del carcere duro e su alcuni processi”.