Strangolata, messa in un sacco e gettata in un dirupo: orrore a Palermo

Strangolata e messa in un sacco, orrore a Palermo: “Caso chiuso”

Avviso di conclusione delle indagini su un pescatore. Confessò e poi ritrattò di avere ucciso una rumena

PALERMO – La ritrattazione dopo la confessione non scalfisce le certezze della Procura. Secondo l’accusa, Damiano Torrente, 48 anni, pescatore dell’Acquasanta, ha ucciso Ruxandra Vesco nel 2015 e si è disfatto del corpo gettandolo da Monte Pellegrino. Aveva 30 anni.

L’uomo ha ricevuto l’avviso di conclusione delle indagini, preludio della richiesta di rinvia giudizio, firmato dai pubblici ministeri Enrico Bologna e Felice De Benedittis. L’omicidio viene contestato senza aggravanti.

La richiesta muove da due presupposti: i resti ossei sono della rumena di 38 anni e Torrente sarebbe capace di intendere e volere. Su quest’ultimo punto restano i fortissimi dubbi del legale della difesa, l’avvocato Alessandro Musso.

La ritrattazione

“Non sono stato io”, aveva detto il pescatore nel secondo interrogatorio dopo avere confessato e fatto ritrovare i resti cinque anni dopo. I carabinieri e i vigili del fuoco lo scorso agosto hanno recuperato un teschio, alcune ossa, dei brandelli di vestiti e una protesi. Ruxandra ne portava una alla gamba. Dalle indagini del carabinieri è venuta fuori una storia di degrado a Palermo tra prostituzione, usura, droga.

La storia di Alessandra

Ruxandra Vesco, meglio conosciuta come Alessandra, aveva abbandonato marito e figli e viveva di espedienti e truffe. Torrente raccontò di una persona pericolosa, di cui non ha fatto il nome, che aveva prestato 2000 euro alla vittima. Fino alla restituzione della somma Ruxandra doveva pagare un interesse settimanale di 50 euro.

Per questo la donna si prostituiva con la protezione di Torrente (sposato con un’altra romena). L’uomo aveva anche confessato di usare cocaina (aveva fatto il nome di chi gliela forniva) così come Ruxandra e di gestire un giro di prostituzione nelle strade adiacenti il porto di Palermo.

L’indagato disse di aver ucciso la donna, il 13 ottobre 2015, perché “non solo lei voleva trasferirsi a casa mia ma minacciava di denunciarmi dicendo che io facevo il magnaccia”. Dopo la morte di Alessandra avrebbe saldato il debito con “un certo Michele che vive allo Zen, non voglio dire altro perché è una persona pericolosa ed è stato anche sparato”.

Si erano conosciuti all’Addaura

Torrente e la vittima si erano conosciuti nell’estate di sei anni fa all’Addaura. ” Era una senza tetto – spiegò il pescatore – perché la famiglia l’aveva buttata fuori casa. Tra noi è nata una relazione sentimentale e sessuale”. Quando Torrente conobbe la vittima la moglie era in Romania e così ospitò Ruxandra nella sua villetta all’Addaura.

“Padre io brucio all’inferno”

A raccogliere per primo la confessione del pescatore fu padre Giovanni Cassata, parroco della chiesa ‘Nostra Signora della consolazione’ di via Dei Cantieri. “Padre io brucio all’inferno”, disse. Il sacerdote gli consigliò l’unica strada possibile: costituirsi. E così fece.

“Una corda attorno al collo”

Ad un certo punto Torrente avrebbe iniziato a temere che la presenza della donna potesse minacciare la sua relazione coniugale. E così avrebbe adottato la soluzione estrema. Il suo era un racconto dell’orrore: “Ho perso la testa, ho preso una corda, sono un pescatore, da dietro l’ho messa intorno al suo collo facendo due giri e tirandola con forza per circa 6 minuti finché non è morta, il collo era diventato tumefatto. Dopo l’ha infilata in due sacchi da giardiniere, uno dalla parte della testa l’altro dei piedi e l’ho infilato nel bagagliaio della mia automobile, una Punto bianca, dove ho messo anche la sua borsa contenente documenti e cellulare”.

Ha individuato in Monte Pellegrino il luogo per disfarsi del corpo: “Attraverso una strada interna che porta all’Addaura sono arrivato in via Monte Ercta dove di solito si recano le coppiette per appartarsi. L’ho tirata fuori dall’auto trascinandola fino a un’apertura del parapetto e l’ho fatta cadere nel dirupo”.

Una storia di truffa

Nel passato di Torrente ci sono dei piccoli precedenti per stalking e minacce sempre nei confronti di donne rumene, mentre di Rucandra si parlava su Facebook, nella pagina pagina “Truffatrice ad Alcamo” in cui si indica la vittima come truffatrice seriale. Tra l’altro l’amministratore della pagina dal 2015 non aveva più notizie della donna su cui pendono procedimenti penali per avere messo a segno diverse truffe in giro per l’Italia. Sulla pagina c’è anche una foto di Vesco, detta Alessandra o Alexandra, e un’immagine della sua carta d’identità. Una persona dice di aver subito una truffa da 20 mila euro. Per ora non sembra che il delitto sia collegato alla presunta attività di truffatrice della vittima.


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