Studenti nel mirino della microcriminalità | "Dopo il tramonto viviamo nella paura" - Live Sicilia

Studenti nel mirino della microcriminalità | “Dopo il tramonto viviamo nella paura”

di GIADA LO PORTO Il fenomeno di scippi e rapine è in crescita e a farne maggiormente le spese sono gli studenti universitari, soprattutto quelli fuori sede, che subiscono il furto di telefonini, contanti, orologi. Ecco le loro testimonianze.

Palermo, il reportage
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PALERMO – Fiutano le ‘prede’ da lontano, le seguono, le avvicinano con le scuse più banali (orario, indicazioni stradali o una sigaretta) poi partono le minacce, frugano tra le tasche, le borse, gli zaini, frugano tra gli oggetti personali e, dopo aver preso tutto, fuggono via a gambe levate. Il fenomeno della microcriminalità a Palermo è in forte crescita e a farne maggiormente le spese sono gli studenti universitari, soprattutto quelli fuori sede, giovani che frequentano la cittadella universitaria e, per necessità, vivono tra le zone a rischio, da via Basile a corso Tukory, passando per via Maqueda e via dell’Università. Giovani che vengono rapinati in pieno giorno, la stima si aggira attorno ai quattro furti al dì, a due passi dai monumenti e dai punti nevralgici della città. Vengono derubati di borse, contanti, orologi e smartphone.

Facendo un giro tra le facoltà palermitane è palpabile la paura dei tanti ragazzi che scendono da casa la mattina per recarsi a lezione o in biblioteca, a piedi o con il bus, con la speranza di non essere le prossime vittime di scippi, rapine, assalti. “Non ci sentiamo sicuri – attacca Francesco Carnevale – lo stato non riesce a tutelarci, forse non ci prova neppure. Siamo lasciati soli, abbandonati in balia della microcriminalità”. La paura si somma al senso di impotenza nei confronti di una escalation di rapine e borseggi giunta a livelli inaccettabili. E monta la rabbia nei confronti di una città “che non sa proteggere i propri figli, che fa finta di non vedere, che preferisce il silenzio alle azioni concrete – dice Ruggero D’Amico -. Non riusciamo più a vivere serenamente l’università, e questo non è giusto. Diventa un problema anche passeggiare in centro, andare a lezione o a mensa”. La rabbia è tangibile, si nota dagli sguardi quando si torna a parlare del fenomeno, risiede nei gesti, nelle parole, nei racconti di chi ha vissuto in prima persona uno dei tanti episodi di cronaca riportati poi sui giornali. “Sono stata avvicinata da due ragazzi qualche tempo fa, intorno alle 11 del mattino, in via Basile, di fronte la facoltà di Architettura – racconta Elvira Martino, giovane di Mazara del Vallo che vive a due passi dalla cittadella di viale delle Scienze –. Mi hanno accerchiata, puntandomi un coltello alle spalle. Ho dato tutto quello che avevo in tasca, solo venti euro, e dopo sono rimasta pietrificata mentre correvano via. La paura la sento ancora addosso – prosegue –, come quel coltello puntato sulla mia pelle. E la cosa più brutta è il fatto che la gente attorno vede, osserva e non ti aiuta”.

E se qualcuno oppone resistenza rischia anche di farsi del male sul serio. “A un mio amico, anche lui uno studente fuori sede, sono stati dati venti punti di sutura alla gamba perché si è ribellato allo scippo – dice ancora la studentessa di Mazara -. Lo hanno accoltellato ed è stato costretto al ricovero. Alla fine ha scelto di andare via da Palermo”. “L’università è al buio – aggiunge Rosa Polizzi – l’illuminazione è inesistente, in questo periodo alle 18 la zona diventa oscura e questo facilita i malviventi. Ti fermano, ti bloccano mentre parli al telefono o passeggi tranquillamente e poi ti aggrediscono. Cammino a piedi – spiega -, giro con i mezzi pubblici e sono costretta, giorno dopo giorno, a farmi venire a prendere da qualcuno, che sia un familiare o il mio fidanzato”.

All’interno dell’Università di Palermo è presente l’associazione dei volontari dei carabinieri che, secondo turni stabiliti, attua delle ronde. L’attività di controllo, però, termina all’una. “E’ un lavoro meritevole ma che ha risultati limitati – dicono gli studenti –. Non si risolve così il problema anche perché la fascia oraria più pericolosa è quella pomeridiana o serale”. “Le lezioni finiscono tardi – intervie Chiara Puccio – il buio ‘mangia’ le strade circostanti e il cuore inizia a battere forte quando arriva il momento di tornare a casa. Bisogna fare qualcosa di realmente efficace, incrementare la vigilanza, effettuare controlli costanti, installare un servizio di videosorveglianza. Lo chiediamo a tutti gli organi competenti per fare in modo che i ragazzi tornino a vivere serenamente l’Università e la città”.


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