PALERMO – “Quelle che ad uno sguardo superficiale e cinico possono apparire squallide immagini pornografiche, sono invece, sequenze che hanno immortalato lo stupro di una vittima, in quei frangenti, totalmente inerme”.
La motivazione in 110 pagine
Lo scrivono i giudici nella motivazione della sentenza con cui il tribunale di Palermo ha condannato sei dei sette protagonisti dello stupro di gruppo di una diciannovenne violentata due anni fa al Foro Italico (il settimo imputato era minorenne ed è stato condannato in un altro processo). Il collegio, presieduto da Roberto Murgia e composto anche dai giudici Claudia Camilleri e Davide Pavesi, in 110 pagine ha ripercorso i fatti di quella terribile notte.
“Video crudi e disturbanti”
A cominciare dai “video crudi e disturbanti”. Uno degli imputati, Angelo Flores, filmò la scena con i cellulare. La ragazza “appare, infatti, alla stregua di un oggetto inanimato, una cosa senza vita che si muove meccanicamente ed emette gemiti lamentosi e inconsapevoli.
A tal proposito, – dicono i giudici – considerata anche l’attenzione riservata al particolare nell’ambito della complessiva e articolata difesa apprestata in favore degli imputati, deve rilevarsi che i suoni emessi dalla vittima nel corso degli atti sessuali che sono stati oggetto di videoripresa e che si sentono in sottofondo anche durante un messaggio audio inviato col suo cellulare dal Flores (uno degli imputati ndr) mentre era in corso lo stupro sono tutt’altro che interpretabili come gemiti di piacere”.
I sei giovani accusati furono tutti condannati. Sette anni ebbero Angelo Flores, il maggiore dei ragazzi coinvolti, Gabriele Di Trapani, Christian Maronia ed Elio Arnao, sei anni e 4 mesi Christian Barone, 4 anni Samuele La Grassa che non avrebbe partecipato agli abusi, ma sarebbe rimasto a guardare non intervenendo però mai in difesa della vittima. Separatamente venne processato e condannato l’unico imputato minorenne al momento dei fatti che ha avuto 8 anni e 8 mesi.
La ragazza usata come una “marionetta”
Avrebbero usato la vittima, parte civile con l’assistenza dell’avvocato Carla Garofalo, come una “marionetta”. Centrale nella motivazione il passaggio sul consenso che, secondo le difese, la ragazza aveva mostrato. Gli imputati “hanno agito non semplicemente presumendo il consenso della vittima, ma disinteressandosi totalmente della questione, nonostante l’evidente inferiorità fisica e psichica, non potendo i suoi costumi sessuali costituire argomento di prova per l’esistenza, reale o putativa, del consenso”.
“Rapporti sessuali brutali”
Nel cantiere abbandonato si sarebbe consumata una mattanza perché “in nessun caso la ragazza avrebbe potuto dichiarare di essere intenzionata a intrattenere, come poi è avvenuto, rapporti sessuali brutali in uno squallido cantiere edile, venendo girata e rigirata da chiunque di loro intendesse in quel momento farlo nel disinteresse più totale di quali potessero essere i suoi desideri”.
I giudici sottolineano infine la credibilità del racconto della diciannovenne “nonostante lo strenuo tentativo delle difese di ribaltare i termini della questione, facendo leva sulla spregiudicatezza della vittima, questo collegio ha reputato, invece, attendibile la sua versione e credibile il suo racconto”.
“Ha raccontato una dinamica dei fatti nell’ambito della quale – concludono – con dolore, delusione e senso di colpa, ella si era attribuita un ruolo nell’attivazione di quel meccanismo che aveva poi, però, condotto alla verificazione di una talmente brutale aggressione alla sua persona”.
Avrebbe accettato di seguire il gruppo, “si era infatuata” di Flores “al punto di accettare, la sua richiesta (‘siamo in sette, andiamo’), sempre per compiacerlo, sperando in un finale diverso”. Ed invece fu stuprata.