Truffa al Teatro Massimo | Maxi risarcimento per piazza Verdi - Live Sicilia

Truffa al Teatro Massimo | Maxi risarcimento per piazza Verdi

La Corte dei Conti ha condannato Nicolò Amato a pagare 796 mila euro di danno erariale. L'ex responsabile dell'Ufficio paghe e contributi della Fondazione Teatro Massimo avrebbe consentito ad un gruppo di dipendenti di intascare stipendi gonfiati. Regge la ricostruzione della Procura contabile.

PALERMO – Più che una sentenza è una stangata. La sezione giurisdizionale della Corte dei Conti ha condannato Nicolò Amato a pagare 796 mila euro per il danno erariale provocato alla Fondazione Teatro Massimo di Palermo. Si tratta dell’ex responsabile dell’Ufficio paghe e contributi della Fondazione, oggi in pensione e già condannato a un anno e quattro mesi in sede penale. È ritenuto l’artefice della truffa che avrebbe consentito ad un gruppo di dipendenti di intascare stipendi gonfiati. Il meccanismo si basava sulla falsificazione della documentazione relativa ai nuclei familiari degli impiegati. Contro la sentenza penale l’imputato ha presentato ricorso in appello.

Nel frattempo è iniziato il procedimento amministrativo che si conclude oggi con la condanna di primo grado. La sentenza è del collegio presieduto da Luciano Pagliaro, L’estensore è Roberto Rizzi. Davanti ai giudici contabili Amato si è difeso sostenendo che “non era ancora certo il presunto danno erariale, considerato che parte delle erogazioni agli impiegati era stata riconosciuta valida dalla commissione istituita dalla Fondazione. Mentre una quota ritenuta illecita era comunque stata recuperata”. Ed ancora che si sarebbe limitato a inoltrare il riconoscimento del beneficio degli assegni familiari in base alla documentazione prodotta dai dipendenti”. Come dire, spettava a qualcun altro controllare e avallare che tutto fosse in regola.

Ed invece ha retto la tesi opposta. “Nell’Ufficio Paghe (Amato ndr) ha operato solitariamente, in completa autonomia, esercitando le prerogative tipiche del livello posseduto – si legge nella motivazione della sentenza-. Fra tali prerogative rientrava, certamente, anche la verifica dei requisiti per la fruizione degli assegni per nucleo familiare”. La Procura regionale della Corte dei Conti ha scoperto che in alcuni casi mancava la documentazione, in altri era carente. Nel corso delle indagini sarebbe pure emerso che la concessione degli assegni familiari ai dipendenti, oltre che a fare aumentare lo stipendio, avrebbe consentito loro, una volta dimostrabile un reddito più alto, di ottenere prestiti da una società finanziaria con la quale collaborava un parente dello stesso Amato.

 


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