Trapani, dopo 7 anni di indagini sfuma l'inchiesta sui taxi del mare - Live Sicilia

Trapani, dopo 7 anni di indagini sfuma l’inchiesta sui taxi del mare

Non luogo a procedere per 12 indagati di tre Ong
LE MOTIVAZIIONI
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TRAPANI – In poco più di 400 pagine, depositate il 20 maggio in cancelleria, il gup del Tribunale di Trapani, Samuele Corso, ha illustrato le ragioni del non luogo a procedere dei 12 indagati nella maxi inchiesta sui soccorsi in mare, operati tra il 2016 e il 2017 da tre Ong, Jugend Rettet, Medici Senza Frontiere e Save the Children, e da alcuni loro rispettivi equipaggi.

Indagine, coordinata dalla Procura di Trapani e condotta da squadra Mobile Trapani, Sco (Servizio Centrale Opertivo della polizia) e dal Nucleo Speciale di Intervento del comando generale del corpo delle capitanerie di Porto di Roma.

Sette anni di indagini compresi i due che sono serviti per giungere alla conclusione, il 19 aprile, con la dichiarazione da parte del giudice di non luogo a procedere, con la formula del fatto che non sussiste, come chiesto dagli stessi pubblici ministeri.

Non luogo a procedere quindi per Troeder Lutz Ulrich Martin, Agha Mohamad Beigui Dariush Benjamin, Girke Sascha e Schmidt Kathrin Irina Stephanie (equipaggi Juventa(Jugend Rettet), Amato Marco e Alonso Morgui Roger Emilio (equipaggi Vos Hestia/Save The Children) Catania Pietro Maurizio, Kennes Matthias, Fabbri Tommaso e Trainiti Michel (equipaggi Vos Prudence/Medici Senza Frontiere).

L’indagine finì per fare individuare le navi delle Ong come cosiddetti “taxi del mare”, perché le ricostruzioni che venivano fuori dai rapporti investigativi evidenziavano la collocazione in mare delle imbarcazioni, come se fossero in attesa dell’arrivo, dalle coste libiche, dei barchini e dei gommoni carichi di migranti e spinti fin sotto le navi da scafisti e trafficanti di esseri umani. Questo è il primo punto sul quale il gup si sofferma.

E scrive: “La contestazione di rotte e posizionamenti degli assetti navali in totale autonomia e autodeterminazione risulta spesso smentita dalle comunicazioni telefoniche tra l’I.M.R.C.C. (Centro di coordinamento soccorso marittimo delle capitanerie di porto) e gli assetti navali, dalle quali si traggono precise indicazioni sulle aree da “battere” durante i “pattugliamenti”, sulle distanze da tenere dalla costa libica, sulle posizioni da raggiungere per le operazioni di soccorso.

Va, sin d’ora, precisato che, in relazione agli eventi oggetto del presente procedimento, emerge come le operazioni di soccorso siano state sempre disposte dall’I.M.R.C.C. e siano state svolte sotto la direzione e il costante coordinamento dell’I.M.R.C.C., come risulta dalle comunicazioni telefoniche con la nave Iuventa, con la nave Vos Hestia, con la nave Vos Prudence e con gli altri assetti navali”.

Altro che favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, che era l’accusa contestata agli indagati. Ancora il giudice: “L’esame analitico del complesso materiale probatorio raccolto consente in termini del tutto ragionevoli di escludere la sussistenza, nei vari eventi contestati, a procurare l’ingresso illegale dei migranti in Italia.

Le condotte vanno inquadrate nello specifico contesto delle operazioni di soccorso… l’obbligo di soccorso in mare è previsto dal diritto consuetudinario internazionale, da numerose convenzioni internazionali e dal diritto interno… deve rimarcarsi che non risulta in alcun modo che negli eventi Sar oggetto del presente procedimento i migranti siano stati soccorsi e trasportati dagli equipaggi della nave Iuventa, della nave Vos Hestia e della nave Vos Prudence in base ad antecedenti contatti, ad intese o ad accordi, preventivi o istantanei, taciti o espliciti, con eventuali organizzatori del viaggio o appartenenti ad organizzazioni criminali libiche, in modo da consentire l’ingresso illegale e il trasporto dei migranti in Italia… le operazioni di soccorso e di trasporto dei migranti sono state sempre disposte dall’I.M.R.C.C. e sono state svolte sotto la direzione e il costante coordinamento dell’I.M.R.C.C.”.

Agli atti della decisione c’è un rapporto sottoscritto nel 2016 dalla “Missione di sostegno delle Nazioni Unite in Libia” e dall’Ufficio dell’”Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani”. Il rapporto riguarda “Detenuti e Disumanizzati” – Relazione sulle violazioni dei Diritti Umani contro i migranti In Libia”. Il giudice ha voluto rimarcare il contenuto, “non si può sottacere il contesto libico dal quale i migranti si allontanavano a bordo di barconi precari e fatiscenti”.

Il giudice Corso si sofferma tanto sugli aspetti legati a questo rapporto, quei migranti non potevano essere lasciati in mare anche con la prospettiva di tornare in quelle “safe house” libiche dove venivano “governanti” anche con indicibili forme di violenza.

“Una reale situazione nota, documentata, accertata e fondata su dati di fatto concreti, le condizioni inumane riservate ai migranti transitanti in Libia,. La fuga da torture, detenzioni arbitrarie, violenze sessuali, maltrattamenti, sfruttamento sessuale e lavorativo, privazioni delle necessità umane primarie (beni alimentari e cure mediche) è chiaramente indicativa dell’inevitabilità di sottrarsi ad una situazione di pericolo attuale di un danno grave alla persona derivante dalla permanenza nei centri di detenzione libici per migranti transitanti.

In tale prospettiva le eventuali condotte materialmente idonee a procurare l’ingresso in Italia dei migranti privi di titolo di ingresso sarebbero in realtà necessitate, in quanto funzionali a difendere gli interessi fondamentali della persona umana e a sottrarre i migranti transitanti in Libia alle condizioni inumane vissute nei centri di detenzione.

A bordo delle navi Ong c’erano agenti di un servizio di sicurezza privato, in parte ex poliziotti, finiti però con lo scegliere di essere degli agenti infiltrati pronti a passare le notizie sui migranti soccorsi, alla politica, in particolare al leader leghista Salvini, sperando di ottenere determinati contraccambi

FLORIANA BALLESTRA – Tutto a posto. Ti vol… ti volevo dire che finalmente sono riuscita a parlare con la segretaria di Salvini stamattina. PIETRO GALLO – Ah, che ti ha detto?
FLORIANA BALLESTRA – Eh. Allora gli ho detto: “Guardi, io avrei bisogno di parlare con… con l’Onorevole, se è possibile vederlo, perché avrei della documentazione da portargli”. Cioè, gli faccio vedere la denuncia che abbiamo fatto…
PIETRO GALLO – Eh. […] FLORIANA BALLESTRA – Eh. E allora mi ha detto che…: “Sì, sì…” Gli ho detto: “Si ricorda?” Mi fa: “Sì, sì, perché lui è sempre interessato – mi ha detto – quindi…” Gli ho detto: “Guardi, io…” Mi fa: “Le faccio sapere – mi ha detto – quando può e… e la… la ricontatto”.
PIETRO GALLO – No, no. No, perché ti volevo dire che su quella… Hai visto che noi abbiamo fatto una relazione ai Servizi? Sta indagando lo SCO di Roma.
PIETRO GALLO – La Squadra Mobile di Trapani e lo SCO di Roma sta indagando.
FLORIANA BALLESTRA – Porca vacca, quindi si apre una cosa… PIETRO GALLO – Eh, lo so.
FLORIANA BALLESTRA – Quindi [inc.] che lì… lì ce la dobbiamo giocare. Adesso poi da chiedergli…
PIETRO GALLO – Ecco, esatto.
FLORIANA BALLESTRA – Qualcosa, capito?
PIETRO GALLO – Esatto.
FLORIANA BALLESTRA – Perché…
PIETRO GALLO – Quindi abbiamo fatto un bel lavoro, Floriana, quel giorno. Davvero un bel lavoro.
FLORIANA BALLESTRA – E come mi è venuto ’sto flash di chiamare la Squadra Mobile. Ho detto: quasi quasi chiamo la Squadra Mobile e… e… e gli dico se me la pigliano loro ’sta denuncia magari. Cioè, nel senso… Infatti poi quando ti ho chiamato ti ho detto: “Vieni subito perché…” PIETRO GALLO – Lo so, lo so. E infatti là hai fatto… veramente hai fatto un bel lavoro.
PIETRO GALLO – Però un premio va dato secondo me.
FLORIANA BALLESTRA – Hai capito? Cioè, un premio lo meritiamo cacchio, perché… Lì ci deve piazzare da qualche parte, capito? PIETRO GALLO – Ma pure se ci butta in una segreteria, Floria’ [inc.].
FLORIANA BALLESTRA – Io, guarda, io di navigare ne ho le palle… ne ho le palle piene, perché io non ne posso più, guarda. A me anche a mille euro al mese… cioè, è inutile guadagnare tanto e stai via. Poi…
PIETRO GALLO – E sì, non godi niente, non ti godi la vita.
FLORIANA BALLESTRA – Capisci?
PIETRO GALLO – Stai sempre in mezzo al mare. […]No, no, no, vediamo. Vediamo se ti butta in una segreteria, da qualche parte. Pure una segreteria, te sei brava, sei in gamba…
FLORIANA BALLESTRA – E te cosa gli chiederesti, te? E te?
PIETRO GALLO – Io gli chiederei di rientrare in Polizia, da qualche parte in un ufficio, ma che cazzo ne so io.
FLORIANA BALLESTRA – Eh, secondo me a lui gli dovresti dire o metterti a fare qualche… o la scorta a lui. Lui non ce l’ha la scorta? PIETRO GALLO – Ma a lui a chi? A Salvini.
FLORIANA BALLESTRA – Eh, noi abbiamo alzato ’sto polverone, qualcosa in cambio ci deve dare, perché insomma…
FLORIANA BALLESTRA – Eh. E poi noi gli potremo dire anche un’altra cosa. Gli possiamo dire: se lei ha bisogno, se noi ci mettiamo direttamente la faccia, da qualche parte, dove vuole, cioè, noi siamo la testimonianza diretta, e, diciamo, non abbiamo problemi a venire anche in televisione a raccontare quello che noi abbiamo vissuto. Che ci frega, al limite ci pigliamo una querela, cioè male che vada, capito?
Testimonianze genuine? Niente affatto. “ Nel quadro delineato – sottolinea il gup Corso – i racconti forniti da Floriana Balestra, Pietro Gallo e Lucio Montanino (anche questo tra gli agenti dell’agenzia di sicurezza privata a bordo delle navi Ong) assumono una connotazione tutt’altro che neutra, emergendo degli specifici interessi che di per sé sono idonei a mettere in dubbio l’attendibilità degli stessi”.

Tra gli elementi fatti emergere dal gup, anche quello degli orari degli interventi risultati non coincidenti nella realtà, in alcuni rapporti infatti non si è tenuto conto dell’ora legale, e dunque le comunicazioni tra le navi Ong e la centrale delle Capitanerie di Porto ad un primo approccio apparivano non coincidenti, tra libri di bordo e brogliacci.

Le conclusioni del giudice Corso sono trancianti per l’indagine. “Si sarebbe dovuta prendere in considerazione la causa di giustificazione di cui all’art. 51 c.p.99, dell’adempimento del dovere di soccorso, obbligo di soccorso imposto dalle fonti internazionali, e dalle norme di diritto interno nei confronti dei migranti in evidente situazione di pericolo, in viaggio su imbarcazioni fatiscenti, sovraccariche, inidonee a percorrere in sicurezza lunghi tragitti e a raggiungere le coste europee, prive di una guida competente, di carburante sufficiente e di dispositivi di sicurezza”.

Ma non solo. Il giudice anche nelle conclusioni ribadisce l’esistenza della prova a favore degli indagati. Gli interventi delle navi Ong sono state sempre autorizzati e condotti sotto il controllo dell’I.M.R.C.C., e dunque i soccorsi finiti sotto inchiesta risultato essere stati “un adempimento di un dovere imposto da un ordine legittimo della pubblica Autorità”.


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