Tu sei idealista o forconista? - Live Sicilia

Tu sei idealista o forconista?

E tu, tu che leggi, ti arrabbi, sogni, vorresti un mondo migliore... Tu da che parte stai?

Se qualcuno vi dice che lui è piombato qui, su questa terra sconsacrata, per rinnovare sul serio la politica, fate un favore: acchiappatelo (gentilmente), accompagnatelo alla porta e rispondete alla sua offerta con una delicata frase di Jack Nicholson: “Vada a vendere pazzia altrove”. La politica, come il giornalismo, come le costruzioni Lego, come le cose radicate, semplicemente non può cambiare. Almeno, non fino a diventare altro da ciò che è.

Già, ma che cos’è la politica? Esistono due risposte popolari, entrambe sbagliate per eccesso. Per gli idealisti (e se ne trovano a ogni angolo nel tempo corrente) essa è un’attività filantropica. Dovrebbe aspirare alla perfezione, se non alla santità, ricolma di cherubini asessuati, di alieni che perseguano l’esclusivo bene del prossimo e non si curino del proprio. Per i forconisti (e se ne trovano ancora di più) essa è sinonimo di cloaca maxima, di immodificabile putredine. E’ una perversione.

Tutte e due le filosofie spicciole intorno alla politica soffrono di strabismo. Ne allungano una parte che rendono onnicomprensiva. Nell’arcadia degli idealisti non esiste l’ombra di un cammino collettivo che si fa (anche) per legittimi vantaggi personali, quando appunto sono legittimi. Nella sceneggiatura qualunquista concepita dai forconisti non si immagina che un uomo pubblico possa nutrire progetti per l’interesse generale, mischiandoli, certo, al colore grigio che richiama i compromessi necessari, purché moralmente sopportabili (altrimenti, addio elezioni). Non si pretende la sintesi. La rivoluzione che spacca, inghiotte e rovescia rappresenta una pericolosa illusione.

Nella povertà delle due concezioni, in mancanza di intelletto, dominano le facce e la pancia. Il leader nuovo è sempre preferibile al vecchio, per una questione anagrafica e mediatica. Il leader che sputa sciocchezze, spacciandole per soluzioni semplici e immediate a problemi complicatissimi e lunghi da risolvere, viene acclamato come un santo e issato sul balcone da cui in seguito scenderà in grande rovina.

La politica si fonda – quando è sana – sulla mediazione. Ha il dovere di concepire una soluzione ai problemi di tutti, meritando stima e consenso. Ha il diritto, nei suoi singoli componenti, di utilizzare consenso e stima per costruire posizioni sociali rilevanti. L’onorevole che indossa il saio, per fingere una improvvisa cura dimagrante anti-casta, mente, sapendo di mentire. Tenta di nascondere appetiti e privilegi sotto una stoffa di francescanesimo accodato al sentimento della folla.

L’elettore che vota i nuovi purchessia, senza verificarne competenza, talento e strumenti culturali, sbaglia ancora di più. Manderà in Parlamento nullatenenti, in grado di abbaiare alla luna, incapaci di esercitare l’arte del buon governo. Se siamo alla deriva di una compiaciuta autodistruzione, ciò accade perché abbiamo smarrito il significato della rappresentanza e della libertà, nelle forme previste dalla Costituzione. E ce la prendiamo con i papponi di ogni Repubblica, noi che li abbiamo scelti. E poi rinnegati.

 


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