L'uomo che parla di Messina Denaro| "Ha calunniato il suo avvocato" - Live Sicilia

L’uomo che parla di Messina Denaro| “Ha calunniato il suo avvocato”

Matteo Messina Denaro

Richiesta di rinvio a giudizio per l'architetto Giuseppe Tuzzolino.

PALERMO – L’architetto agrigentino che racconta di avere incontrato e fatto affari con Matteo Messina Denaro è accusato di essere un calunniatore.

Sulle sue dichiarazioni si procede con prudenza. Molta prudenza, visto che secondo alcuni pm di Palermo, Giuseppe Tuzzolino sarebbe più che inattendibile, addirittura “fantasioso”.

La verità è che quando l’architetto, da due anni sotto protezione, alza il tiro diventa impossibile verificare se dica o meno la verità. L’ultimo episodio, ricostruito da Livesicilia, riguarda il mancato ritrovamento di un hard disk con le fotografie di Matteo Messina Denaro nella cassetta di sicurezza dell’appartamento che Tuzzolino aveva preso in affitto a New York.

Nessun riscontro neppure quando parla degli intrecci fra mafia e massoneria. I pm della Direzione distrettuale antimafia di Palermo che si occupano delle cosche agrigentine hanno “mollato” Tuzzolino. Chi, invece, non abbandona le piste da lui tracciate è il procuratore aggiunto Teresa Principato che coordina le indagini sulla cattura di Mattero Messina Denaro e che vede nell’ombra della massoneria una delle possibili chiavi di lettura della eterna fuga del latitante.

In questo contesto si innestano le accuse di Tuzzolino contro il suo ex difensore, l’avvocato Salvatore Pennica. Si di lui disse che conservava in un pen drive e nella memoria di un computer del materiale scottante. Il legale mise a disposizione degli investigatori molto più di quello che gli era stato chiesto di mostrare. Non solo, secondo Tuzzolino, Pennica gli avrebbe chiesto mille euro a saldo di una parcella per restituire il materiale informatico. Altri 15 mila euro Pennica li avrebbe ottenuti per le spese legali senza che avesse consegnato alcuna documentazione fiscale.

Dopo approfonditi accertamenti e perquisizioni gli investigatori non hanno trovato alcun riscontro. E così il procuratore aggiunto Maurizio Scalia e il sostituto Claudio Camilleri chiedono il rinvio a giudizio del collaboratore per calunnia e diffamazione.

 


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