Uccise la moglie a coltellate: confermato l'ergastolo - Live Sicilia

Uccise la moglie a coltellate: confermato l’ergastolo

L'omicidio avvenne a Cadoneghe, in Veneto. La donna aveva vissuto a Caltanissetta
VIOLENZA DONNE
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CALTANISSETTA – La Corte d’assise d’appello di Venezia ha confermato la pena dell’ergastolo per Abdelfettah Jennati, il 40enne marocchino, accusato di aver ucciso il 24 novembre del 2020 a Cadoneghe, in provincia di Padova, la moglie Aycha El Abioui, anche lei originaria del Marocco, madre dei suoi tre figli. La Corte ha anche rigettato l’appello da parte della difesa che aveva richiesto il riconoscimento del vizio di mente, quanto meno in via parziale, e il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche. 

Confermato quanto stabilito in primo grado dalla Corte d’Assise di Padova per il risarcimento delle parti civili: 300mila euro per ognuno dei tre figli, 50mila a favore di ciascun genitore, 10mila ai fratelli e 2mila a favore del Centro Veneto Progetto Donna. I fratelli, i genitori ei figli della donna, che vivono a Caltanissetta, si sono costituiti parte civile assistiti dagli avvocati Dino Milazzo, Martina Vurruso, Daniela Guezzo e Massimo Schiavon. 

L’omicidio avvenne a Cadoneghe, in Veneto, dove la donna, dopo aver vissuto a Caltanissetta, si era trasferita. Secondo le indagini, i giorni prima del delitto consumato la sera del 24 novembre 2020, l’uomo avrebbe cercato in rete attraverso il suo smartphone tutta una serie di veleni. Avrebbe così maturato da tempo l’intenzione di uccidere sua moglie, poi massacrata sul letto della camera matrimoniale, con un paio di pugnalate al petto.

I legali del marito hanno prodotto una serie di documenti con l’unico obiettivo di dimostrare che il 40enne è una persona incapace di intendere e di volere, depositando anche una perizia psichiatrica. Aycha si era rivolta ai servizi sociali del Comune di Cadoneghe dove era residente, raccontando di un marito possessivo e violento. 

Chiedeva aiuto e protezione per sé e per i propri figli. Poi la donna sparì dal centro antiviolenza al quale si era rivolta, informandolo che doveva essere ricoverata. Non si fece più sentire fino a quando non arrivò la notizia della sua uccisione.


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