Un "macigno" chiamato tram | Viaggio nei conti dell'Amat - Live Sicilia

Un “macigno” chiamato tram | Viaggio nei conti dell’Amat

Il tram di Palermo

Partecipate. L'azienda trasporti ha perso 6,4 milioni nel 2017 e 1,8 milioni nei primi mesi del 2018

PALERMO – Una perdita di 6,4 milioni nel 2017, un passivo di 1,8 milioni nei primi mesi del 2018, una spesa di dieci milioni l’anno solo per il tram. Sono questi i numeri che fotografano la situazione dell’Amat, la società partecipata del comune di Palermo che negli ultimi giorni è finita nell’occhio del ciclone. Conferenze stampa, comunicati, direttive, sedute d’Aula, scambi di accuse e gridi d’allarme che hanno avuto per oggetto l’azienda, la sua sostenibilità e soprattutto il suo futuro. Una vicenda di non poco conto, se si considera che da via Roccazzo dipendono 2 mila dipendenti ma soprattutto il trasporto pubblico della quinta città d’Italia, ossia autobus e tram, oltre alla segnaletica, al car sharing e al bike sharing.

Ma qual è la reale situazione dell’Amat? Per capirlo è bene partire dalla nota dello scorso 14 giugno, firmata dal presidente Antonio Gristina e indirizzata al Comune: una missiva in cui, senza tanti giri di parole, si dice che con questi numeri non è possibile garantire l’equilibrio economico e che quindi, se non ci saranno novità, l’unica alternativa sarà riconsegnare il tram al Comune dal prossimo primo agosto. E per corroborare questa tesi c’è anche una tabella, tanto chiara quanto emblematica.

Il bilancio 2017 approvato dal cda di Amat riporta un valore della produzione, cioè ricavi, per 97,6 milioni di euro e spese per 102,7; se si sommano gli oneri e le imposte, la differenza è pari a -6.428.851 euro. Un bel buco, insomma. I quasi 103 milioni di spese sono così ripartiti: 10,3 per materie prime, 14,6 per servizi, 1,5 per accantonamento rischi, 2,7 per oneri di gestione, 7 per ammortamenti e ben 66 milioni solo per il personale. Se però a queste voci si togliesse quella del tram, i ricavi diminuirebbero di 1,3 milioni circa (da 97,6 a 96,3 milioni), mentre le spese passerebbero da 102,7 a 94,3 milioni, ossia 8,4 milioni in meno. E considerando oneri e imposte, alla fine l’azienda anziché in perdita chiuderebbe con un utile di 440.377 euro.

Spulciando le singole voci di spesa del 2017, con e senza tram, salta all’occhio si risparmierebbero 700 mila euro di spese per materie prime, 6,6 milioni di servizi e un milione per il personale (che però è numericamente sempre lo stesso). Non va meglio se si paragonano, con e senza tram, i primi tre mesi del 2018: con i treni bianchi la perdita è di 1.794.857 euro, senza questi si passa a un utile di 304.097 euro, visto che le spese passerebbero da 24,9 milioni a 22,6, mentre i ricavi scendono di appena 200 mila euro.

Se poi si spulcia il bilancio 2017, in cui si scorporano la varie voci, saltano all’occhio altri dati interessanti. Il trasporto su gomma, ossia gli autobus, l’anno scorso è costato 68 milioni (di cui 48,7 di personale); il tram è costato 11,7 milioni, che vanno così suddivisi: 670 mila euro per materie prime, 6,6 milioni per servizi, 3,6 per il personale, il resto per ammortamenti e altri oneri. I ricavi da trasporto pubblico, invece, sono stati di 86,3 milioni. La segnaletica stradale frutta quasi 3 milioni e ne costa altrettanti; il servizio di rimozione coatta è leggermente in attivo, mentre è remunerativa la gestione della sosta tariffata (parcheggi e strisce blu): costi per 1,8 milioni, incassi che superano i tre. In perdita di mezzo milione bike e car sharing, con 1,2 milioni di incassi e 1,7 di spese, mentre la Ztl costa all’Amat 660 mila euro ma ne frutta 2,4 milioni, quindi il margine è di 1.745.695 euro.

La nota di Gristina, però, chiedeva anche di non azzoppare l’azienda con lo stralcio dei crediti, cosa che invece Palazzo delle Aquile ha fatto col consolidato. L’Amat deve stralciare dai propri bilanci (peraltro sempre approvati dallo stesso Comune, che invece ora li contesta), e in particolare da quello 2017, ben 9,1 milioni di euro (per la precisione 9.122.007), mentre il Comune ne sborserà appena 197.055. Ma guardando ai disallineamenti fino al 2017, non compresi nel consolidato ma che dovranno spuntare nei bilanci che Sala delle Lapidi discuterà da qui a breve, Amat dovrà stralciare altri 20.327.839 euro. Il problema è tutto legato ai chilometri realmente fatti, che negli anni sono stati inferiori a quelli previsti e quindi pagati: dal 2008 al 2010 l’azienda ha incassato 13,1 milioni in più del dovuto, a fronte di penali per 900 mila euro; dal 2011 al 2014 i milioni pagati in più sarebbero 33,1, ma di questi 6,4 sono stati regolarmente trasferiti e 26 sono stati solo iscritti in bilancio. La tesi dell’Amat è che il Comune, avendo applicato le penali, abbia già punito l’azienda per il disservizio; secondo i dirigenti del Comune (ma anche secondo l’Avvocatura) le penali non bastano, vanno proprio restituiti i soldi. C’è poi la questione del contenzioso del Comune per Tosap e Tarsu (occupazione di suolo pubblico e immondizia) che vale 92,4 milioni: peccato che l’azienda ne abbia accantonati appena 4,7.

Il sindaco Orlando, con la direttiva, ha ordinato all’Amat di stralciare i crediti e a questo punto toccherà al cda decidere cosa fare: se accettare il diktat del Professore o dare battaglia legale, posto il fatto che anche senza lo stralcio la situazione resterebbe critica a causa degli 11 milioni del tram che nessuno paga. Nè il Comune, che avrebbe voluto ristorare l’azienda con la Ztl che però finora frutta poco e niente, né la Regione che non riconosce neppure un soldo per il tram. Statisticamente, infatti, i mezzi pubblici in Italia si sostengono per appena un terzo con i biglietti, il resto devono metterlo gli enti locali. Il rischio è che l’azienda vada gambe all’aria e a poco serviranno i milioni che la Regione ha annunciato di voler trasferire, visto che si tratta di somme già attese. Il Comune potrebbe decidere di ritoccare il contratto di servizio estendendo la Ztl, aumentando il costo dei pass o le strisce blu, oppure aumentare proprio il corrispettivo per i servizi: tutte ipotesi che dovrebbero fare i conti con la casse del Comune all’asciutto e la prospettiva di provvedimenti impopolari.


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