GELA (CALTANISSETTA) – Una storia avvincente come un romanzo, eppure reale. Svelato il giallo della scomparsa di una donna di Gela, Rosaria Palmieri, avvenuto nell’aprile del 1987. La donna all’epoca dei fatti aveva 22 anni. A farla sparire, dopo averla uccisa, sarebbe stato l’allora marito Vincenzo Scudera, oggi 56 anni. L’uomo è stato arrestato la scorsa notte dai Carabinieri del Reparto Territoriale di Gela con l’accusa di omicidio volontario pluriaggravato. La vittima sarebbe stata uccisa dopo essersi avvicinata alla verità che sospettava: il marito intratteneva una relazione extraconiugale con una sua cugina.
La riapertura delle indagini, durate sei mesi, è stata sollecitata dal figlio della coppia Liborio, oggi 33enne, che ha sempre creduto a quanto gli ha raccontato il padre e cioè che la madre l’avesse abbandonato quando aveva sei anni, scappando via di casa per un altro uomo. Una verità che ha iniziato a tentennare dopo che il giovane, arrivato in Sicilia, per il disbrigo di alcune pratiche legate a questioni di eredità, ha incontrato la nonna e i familiari materni. Sono stati proprio loro che a denti stretti gli hanno rivelato che la madre fosse stata uccisa dal padre, che subito dopo avrebbe iniziato una nuova vita con una cugina della madre, attuale moglie dell’arrestato. Dunque, una storia che la famiglia Palmieri, nel tempo, ha scoperto ma non ha mai denunciato per “dimenticare tutto e ormai rassegnata e “pronta a dimenticare tutto”, come sostengono gli investigatori anche a causa di “una forte diffidenza verso le forze dell’ordine”.
Nel 1987 quando di Rosaria Palmieri non si seppe più nulla, fu la madre, ancora ignara che potesse essere stato il genero ad ammazzare la figlia, a sollecitarlo perché ne denunciasse la scomparsa. Lei non poteva farlo perché residente a Ragusa. Così l’uomo fece soltanto credere di avere segnalato la scomparsa della moglie ai carabinieri. In realtà, nessuna denuncia era mai stata fatta. Ora, gli inquirenti sostengono che l’uomo l’abbia uccisa e qualche giorno dopo iniziò a convivere con l’amante con la quale ha avuto un figlio nel febbraio del 1988.
Gli inquirenti non escludono che la stessa vittima all’epoca dei fatti, avesse iniziato ad intuire qualcosa sulla relazione extraconiugale. Lo fanno pensare due episodi. Il primo. Rosaria Palmieri riuscì ad avere tra le mani la lettera che sua cugina inviò al marito. Ma la missiva arrivò a casa, nonostante fosse indirizzata in carcere dove Vincenzo Scudera era rinchiuso, con l’accusa di omicidio, perché nel frangente di tempo l’uomo era tornato in libertà grazie alla testimonianza del pentito Rosario Trubia che lo scagionò dall’accusa di omicidio di Crocifisso Emmanuello avvenuto nel sulla statale 117 Gela – Catania. Lettera che Rosaria fece leggere ad un familiare perché non era in grado di farlo in quanto analfabeta. Il secondo. Dai racconti dei familiari interrogati dai Carabinieri, è emerso che Rosaria Palmieri trovò una collana d’oro nella tasche dei pantaloni del marito. Collana che qualche tempo dopo vide indossare alla cugina.
Scudera nel 1991 riuscì addirittura ad ottenere anche il divorzio dalla donna in contumacia. Successivamente fu sentenziata la separazione con addebito di colpa per la donna, accusata di abbandono del tetto coniugale così come il marito per tutti gli anni aveva fatto credere.
In questa terribile vicenda un ruolo l’hanno avuto anche alcuni collaboratori di giustizia, che in passato avevano avuto a che fare con Vincenzo Scudera, uomo vicino alla Stidda di Riesi. I Carabinieri infatti hanno anche sentito Carmelo Riggio, Orazio Marcello Sultano, Liborio Trainito (nel frattempo deceduto) e Rosario Trubia, già reggente di Cosa Nostra a Gela che conoscevano e frequentavano Scudera nell’87. In particolare fu Riggio a rilasciare alcune dichiarazioni legate alla scomparsa di Rosaria.
I particolari di questa vicenda sono stati svelati questa mattina nella Procura della Repubblica presso il Tribunale di Gela, dove il Procuratore Lucia Lotti, il sostituto procuratore Silvia Benetti e gli ufficiali dei Carabinieri, il Maggiore Valerio Marra, il Capitano Gianmarco Messina ed il tenente Enrico Ferrante hanno incontrato i giornalisti. “Un contesto omertoso – dicono gli inquirenti. Una vicenda i cui contorni dovranno essere ancora chiariti del tutto. Non sappiamo ancora dove sia il corpo della povera Rosaria. Un’indagine la cui svolta è stata possibile grazie alle numerose testimonianze raccolte che hanno consentito di delineare un quadro giudiziario gravissimo. Sono stati raccolti dati significativi che gli esiti degli interrogatori hanno confermato”. Altri segreti potrebbe svelarli Scudera nell’interrogatorio delle prossime ore. Intanto si trova rinchiuso nel carcere di Pesaro.