ROMA- “Dopo la strage di via D’Amelio, Giuseppe Graviano mi disse: ‘siamo stati bravi?’. Quell’espressione mi spense la vita perché capii che avevo contribuito a quell’azione terroristica.” Così il pentito Fabio Tranchina ricorda l’eccidio costato la vita al giudice Paolo Borsellino e alla sua scorta. Il collaboratore di giustizia sta deponendo al processo sull’eccidio, in corso nell’aula bunker di Rebibbia. Imputati i boss Salvino Madonia e Vittorio Tutino e i falsi pentiti Vincenzo Scarantino, Calogero Pulci e Francesco Andriotta. Dopo avere ripercorso i suoi rapporti con il boss Graviano, Tranchina sta raccontando dei sopralluoghi fatti in via D’Amelio, il luogo della strage, nei giorni che precedettero l’attentato.
(Fonte ANSA)