"Così abbiamo messo alla porta |gli esattori del pizzo" - Live Sicilia

“Così abbiamo messo alla porta |gli esattori del pizzo”

Gli imprenditori antiracket Pino Russello e Giuseppe Todaro (nella foto) hanno raccontato la loro esperienza al Festival della Legalità: "La mafia non si sconfigge da soli, e da quando abbiamo denunciato non siamo mai rimasti soli".

Villa Filippina, il Festival della Legalità
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PALERMO – Racket, narcotraffico e scommesse in nero: ecco come la mafia amplia le sue frontiere. A Villa Filippina per la quarta giornata del Festival della Legalità, l’argomento racket ha acceso un dibattito che ha toccato più temi.
Ad aprire la giornata sono state le testimonianze di due imprenditori anti-racket, Giuseppe Todaro e Pino Russello. Una storia simile li accomuna: aprono delle ditte nella zona industriale di Carini e, puntuale alle loro porte, arriva “lo zio Pino” di turno. Todaro è il vicepresidente di Libero Futuro – prima associazione anti-racket di Palermo – ed ha iniziato la sua attività nel 1992. Dopo un primo anno di estorsioni, si è fatto coraggio e ha denunciato tutto alla polizia: “La mafia non si scaccia se si è soli. Da quando ho denunciato tutto, ho incontrato persone non solo capaci sul livello professionale, ma splendide sul piano umano. In sei mesi insieme a forza dell’ordine e magistratura abbiamo raccolto tutte le prove per permettere l’arresto dei mafiosi”. Tra questi arresti vi è stato Gaspare Di Maggio, arrestato per associazione mafiosa e condannato all’ergastolo per omicidio.
Pino Russello, a capo di un’azienda a Carini che opera all’estero e al nord Italia, ha messo l’accento anche sul lato morale della questione racket: “La prima volta che un mafioso si è presentato nella mia azienda, non avevo idea di chi avessi di fronte: ero imbarazzato e intimorito allo stesso tempo. Ma una coscienza libera deve essere scossa dall’etica: queste persone millantano un potere che non hanno. La Sicilia può affrancarsi solo se i cittadini liberi si affrancheranno dalla condizione di sudditi della mafia: abbiamo il diritto di vivere senza mafia”.
Ma i metodi della mafia non sempre sono grossolani, e quando un mafioso va a chiedere il pizzo non sempre è una richiesta di soldi. “Un’impresa concorrente aveva aperto sul territorio e un giorno mi arriva una visita: ‘Se ti dà fastidio, lo possiamo fare andare via’, mi hanno detto. Ma accettare la loro proposta sarebbe stato come firmare una cambiale in bianco: quello che spacciano per protezionismo è un bieco modo di renderti loro schiavo”, ha dichiarato Todaro, cui ha fatto eco Russello: “Alcuni imprenditori credono di poter utilizzare una scorciatoia, fidandosi dei mafiosi. Oggi, rispetto a 10 anni fa, denunciare è più facile: possiamo liberarci di loro”.
E allora Cosa nostra sta tentando di allargare altri giri, vede nuovi orizzonti per la criminalità. “Grazie alla rivolta degli imprenditori, Cosa nostra sa che l’attività non può più concentrarsi soprattutto sul pizzo”, è intervenuto il nuovo avvocato generale Ignazio De Francisci “La mafia continua la tradizione, con un occhio al moderno: il giro di scommesse illegali aumenta vertiginosamente e nessuno parla mai del narcotraffico. La cocaina in Italia va di moda, soprattutto tra politici, e quindi la macchina informatica non se ne occupa: non scordiamoci che la mafia collabora con la ‘ndrangheta e lo spaccio arriva anche qua”.
C’è un altro mezzo che la mafia utilizza per spremere i siciliani, ed è l’usura. A parlarne è Francesco Binenti, responsabile Customer Satisfaction Sicilia Unicredit: “L’usura è un tema sconosciuto ma presente nella società. Le banche stanno tentando di combatterla: la legge 108 del 1996 consente di fare prestiti a persone ‘non bancabili’, tramite fondi di rotazione. Unicredit tramite la Gestione del credito su pegno ha già aiutato trentamila famiglie per cui il pegno è l’ultimo presidio contro l’usura”.
“Il pizzo continua, nonostante i numerosi processi in corso – ha sottolineato De Francisci -. Quando nel 1987 fu scoperto il libro mastro della famiglia Madonia, si scoprì che il tributo dovuto ai mafiosi era di 500 mila lire al mese. Raccogliere una cifra media per arraffare da tutti, era quello il senso. Oggi ci sono politiche più aggressive, a volte chiedono una quota iniziale e una semestrale che si aggirano intorno ai 15 mila euro”. Anche l’imprenditore Russello ha voluto dire la sua “La richiesta dei mafiosi è commensurabile alla capacità delle aziende di assolverla: vogliono farci credere che non solo dobbiamo, ma possiamo farlo”.


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