"Le stragi sono il nostro Olocausto |La verità può farci guardare avanti" - Live Sicilia

“Le stragi sono il nostro Olocausto |La verità può farci guardare avanti”

Da sinistra Giulio Francese, Leoluchina Savona, Marcello Barbaro, Gaetano Paci e Riccardo Arena

Il sostituto procuratore Gaetano Paci apre il Festival della legalità in tour a Corleone: "Come i tedeschi sono riusciti a sbarazzarsi dei fantasmi del nazismo, anche noi possiamo superare quegli anni. Per farlo, però, dobbiamo conoscere i nomi di chi ha messo le bombe del '92". E su Grasso e Ingroia candidati dice...

Festival della legalità in tour
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CORLEONE – Vent’anni dopo, l’obiettivo è guardare avanti. Non dimenticare: metabolizzare, mettere a fuoco, analizzare e ricostruire. A una condizione, però: “La condizione è conoscere la verità sulle stragi. Solo conoscendo i nomi dei responsabili saremo pronti ad andare avanti”. A porre la condizione è il sostituto procuratore Gaetano Paci, presidente della Fondazione “Progetto legalità”, ospite del primo dibattito del “Festival della legalità in tour” che da stamattina si sta svolgendo a Corleone per celebrare il ventesimo anniversario della cattura di Totò Riina: ricordare, appunto, per elaborare una presa di coscienza e andare avanti. Seguendo l’esempio della Germania, che oggi è riuscita a scucirsi di dosso l’etichetta di patria del nazismo: “Le stragi – ha detto Paci, che ha risposto alle domande del presidente dell’Ordine dei giornalisti Riccardo Arena – sono il nostro Olocausto. La Germania è riuscita a superare il nazismo grazie a un’imponente operazione verità: oggi tutti sanno chi sono i responsabili dell’Olocausto, ne conoscono i nomi e i ruoli. Quando anche noi sapremo quale mano ha messo le bombe in via D’Amelio e a Capaci saremo in grado di guardare avanti, di colmare i buchi neri”.
È proprio questo lo spirito del festival: riacquisire la coscienza di un luogo, Corleone, che non è solo Totò Riina, Bernardo Provenzano, Luciano Liggio. “Noi – spiega il sindaco Leoluchina Savona – vogliamo mostrare il volto nuovo di Corleone, abbattere gli stereotipi e promuovere una cultura antimafia”. Una cultura che è sinonimo di sviluppo, come ha ricordato il presidente del Cidma Marcello Barbaro: “Corleone – prosegue il sindaco – può essere il luogo del turismo antimafia. Per farlo, per costruire questo, però, ho bisogno dell’aiuto di tutti. Delle associazioni, del territorio, degli altri comuni”.
Ma anche, soprattutto, dai corleonesi. Con la c minuscola, come vengono chiamati gli abitanti e non gli esponenti del clan più sanguinario di Cosa nostra: “Mio padre – ricorda Giulio Francese, figlio di Mario, il giornalista ucciso proprio dalla cosca di Totò Riina – non li chiamava mai ‘Corleonesi’, ma ‘liggiani’. Questa generalizzazione non rende giustizia a un paese che è anche altro e al quale sono storicamente legato: io e mio padre venivamo spesso qui”. Ricordare, analizzare, andare avanti.
Prima, però, viene la verità. Una verità difficile da ricostruire, eppure essenziale. A partire da quei giorni palpitanti del 1993. Ancora Paci: “La mancata perquisizione del covo di Totò Riina – commenta il pm – è un interrogativo inspiegabile e inquietante. Una domanda che pesa come un macigno sulla nostra storia. Mi auguro che venga questa risposta, ma non deve venire solo dalla magistratura: serve, oltre che un processo giudiziario, un processo storico perché questo Paese senza verità non è pronto ad affrontare quel che è successo in quegli anni”. Quella verità, però, è necessaria: “Sapere cosa sia successo in quegli anni – continua Paci – è un diritto di ciascun cittadino”.
Perché in quegli anni la mafia e lo Stato hanno trattato, o quanto meno hanno stabilito un contatto. In quegli anni, ma non solo: “Sin dalla seconda metà dell’Ottocento – osserva Paci – la mafia è stata caratterizzata da un dialogo con le istituzioni. Non è mai stata una mera banda di malfattori, ed è proprio questo il suo tratto distintivo, la sua ragione d’esistenza: finché ci saranno interlocutori nella politica e negli affari pronti a ragionare con la mafia, Cosa nostra non potrà mai venir meno”.
Nelle istituzioni, del resto, negli anni che precedettero le stragi la sponda era forte. “Nel ventennio che ha preceduto il 1992 – spiega il presidente della Fondazione Progetto Legalità – capitava spesso che all’inaugurazione di un anno giudiziario si negasse l’esistenza stessa della mafia. Fino alla costituzione del pool antimafia anche la democrazia in Sicilia era più teorica che reale”. Poi, però, le stragi rialzarono l’attenzione: “Il ventennio successivo – continua Paci – è stato più proficuo del precedente: prima di tutto abbiamo capito che la repressione è importante, ma senza la cultura della legalità è un’arma spuntata. Cosa chiedo al prossimo ventennio? Una seria politica di redistribuzione dei beni confiscati e, soprattutto la verità”.
Un percorso al quale potrebbero partecipare, nelle vesti di politici, Pietro Grasso e Antonio Ingroia. Due toghe prestate alla politica per portare in Parlamento le istanze dell’antimafia? “Ben vengano i magistrati in politica – dice Paci -. Del resto abbiamo avuto in Parlamento condannati e pornostar, perché non i magistrati. Certamente potranno contribuire al miglioramento della legislazione, come fece Cesare Terranova prima di tornare a fare il magistrato”.
C’è un però. Una condizione, ancora una volta: “Il punto – chiude il magistrato – è il percorso che porta i magistrati in politica. Bisogna evitare che all’esterno possa ingenerarsi la convinzione che il magistrato abbia usato l’attività professionale per crearsi un seguito politico”. Paci non cita Ingroia né Grasso: “Ragiono in astratto”. Ma ammonisce: “Il rischio, se l’esposizione di un magistrato può dare l’impressione di essere stato una premessa all’esperienza politica, è di creare un grave danno alle istituzioni. Nessuno deve poter dire che un magistrato sia parziale o sia mosso da fini politici: si rischia di danneggiare l’immagine della magistratura stessa. Mi auguro che le associazioni di categoria, il Csm e lo stesso legislatore sappiano trovare una soluzione a questo problema”.


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