La città ricorda Pippo Fava, il figlio:| “Grumo di potere mafia-affari” - Live Sicilia

La città ricorda Pippo Fava, il figlio:| “Grumo di potere mafia-affari”

L'incontro al Centro Zo

In tanti hanno voluto ricordare il giornalista catanese: i figli Claudio ed Elena, il cronista Lirio Abbate, il Presidente della Commissione Antimafia Rosi Bindi, il Procuratore aggiunto di Messina Sebastiano Ardita e il Procuratore di Catania Giovanni Salvi.

31 anni dopo
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CATANIA – La città ricorda Pippo Fava trentuno anni dopo. Il 5 gennaio del 1984 il giornalista catanese veniva assassinato dalla mafia. Oggi a pochi passi dal luogo del delitto c’è una lapide in suo ricordo, una targa piena di fiori, depositati dai parenti del giornalista e dai tanti catanesi che continuano a tenerne viva la memoria. Un momento che si è svolto anche questo pomeriggio. In tanti hanno voluto esserci: i figli Claudio ed Elena, il giornalista Lirio Abbate, il Presidente della Commissione Antimafia Rosi Bindi, il Procuratore aggiunto di Messina Sebastiano Ardita e il Procuratore di Catania Giovanni Salvi.

“La mafia comanda (ancora) a Catania?”. Questa la domanda sottaciuta che serpeggiava tra la folla. Questo il quesito che ha dato spunto al dibattito che, pochi minuti dopo la commemorazione, si è svolto al centro Zo. “E’ un titolo provocatorio”, premette il deputato Claudio Fava che aggiunge: “Naturalmente la mafia non comanda, ma qui ha avuto una capacità di resistenza che in altre città non ha avuto”. “Non esiste una città in Italia in cui la mappa del potere mafioso oggi vada declinata utilizzando gli stessi cognomi che si usavano trent’anni fa”. Lo stesso non si può dire per la città etnea. “Oggi mafia a Catania vuol dire la famiglia Santapaola, la famiglia Ercolano e anche le innominabili protezioni che hanno garantito nel corso dei decenni la sopravvivenza non soltanto criminale, ma anche affaristica e imprenditoriale a queste famiglie”.

Salvi in via Giuseppe Fava

Fava come sempre non fa sconti e a chiare lettere dice che “esiste un grumo di potere che mette insieme mafia e affari”. Eppure, oggi qualcosa sembra essere venuto meno. “Nel momento in cui il mosaico dell’impunità ha cominciato a perdere pezzi, la mafia ha cominciato a comandare assai meno, ad esempio quando è arrivato il nuovo Procuratore della Repubblica Salvi e quelle sacche di tolleranza, impunità o di distrazione giudiziaria nei confronti di chi contava e comandava in questa città sono venute meno”. Un risultato importante che però arriva in ritardo. “Certo, arriviamo a dire queste cose – prosegue Fava- con un certo ritardo rispetto a quanto accaduto in altre città di questo dobbiamo averne consapevolezza”. Il cronista dell’Espresso, Lirio Abbate, vincitore dell’ultima edizione del premio Fava, a margine del dibattito, moderato dal coordinatore di LiveSicilia Catania Antonio Condorelli, dice la sua sul “titolo provocatorio”. “E’ una domanda che andrebbe fatta agli investigatori o ai catanesi”. Ma aggiunge: “Da quello che leggo negli atti giudiziari c’è ancora una mafia invadente che pervade l’economia locale, l’imprenditoria e inquina la poca economia legale che c’è: il problema è identificarla, fotografarla”.

L'omaggio floreale del figlio Claudio

E se questo è il compito dell’informazione, quello della politica non è da meno. Il Presidente della commissione antimafia, Rosy Bindi, indica la via da tracciare. “Prestiamo una particolare attenzione al tema dei beni confiscati perché sappiamo forse essere in questo momento la sfida più importante anche perché continuiamo a trattenere queste mani nella maglia delle burocrazie senza restituirle alla comunità senza farle diventare occasioni di crescita, di lavoro, di welfare”. “La mafia non ha vinto, ma c’è ancora, cambia pelle ma soprattutto fa affari e crea convenienza con il mondo imprenditoriale e spesso riesce a condizionare l’economia del nostro Paese”, ha aggiunto Bindi. Per contrastare le mafie è necessario “rafforzare la pubblica amministrazione, la politica e il funzionamento dell’economia legale” e combattere “i reati spia come la corruzione che oggi è l’arma principale della mafia”. Insomma, quei famosi “affari” e quell’intreccio tra mondo imprenditoriale e mafia che Giuseppe Fava ha denunciato fino all’ultimo giorno della sua vita.


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