Muos, Isis e la Sicilia a rischio | Ma siamo nelle mani del Tar - Live Sicilia

Muos, Isis e la Sicilia a rischio | Ma siamo nelle mani del Tar

Il Muos e gli inghippi. Scelti per voi, dal Corriere della Sera.

Scelti per voi
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Non sembra una storia vera ma una barzelletta inventata da qualcuno che ce l’ha con gli italiani. Solo poche settimane dopo la sentenza del Tar di Palermo che ha dato ragione al Comune di Niscemi e ai vari comitati ambientalisti, ecco che la procura di Caltagirone ha ordinato il sequestro dell’impianto satellitare Muos della locale base americana. Il Muos (Mobile User Objective System) è il più avanzato sistema americano di comunicazioni satellitari a scopi militari. Una volta funzionante dovrebbe essere dislocato in permanenza su quattro stazioni di terra (oltre a Niscemi, oggi in forse, in Virginia, nelle Hawaii e in Australia). È un sistema di comunicazione concepito per accrescere la capacità di individuazione dei pericoli. Ma ciò, a quanto pare, non ha importanza. Il sindaco di Niscemi, i 5 Stelle, i verdi, e persino il locale «comitato delle mamme» hanno comunicato al mondo il loro entusiasmo per la decisione della procura.

Ci sono tre aspetti sconcertanti. È sconcertante che la nostra sicurezza nazionale (di cui gli impegni con l’alleato americano sono un’essenziale componente) sia appesa alle decisioni di Tar e procure. È sconcertante, inoltre, che tali decisioni siano prese sotto la spinta di una mobilitazione cosiddetta ambientalista contro presunti, e tutti da dimostrare, «rischi per la salute», proprio in una fase in cui si profilano minacce gravissime per la vita (e dunque – si suppone – anche per la «salute») degli italiani, in una fase in cui andrebbero accresciuti, e non indeboliti, tutti gli strumenti possibili di difesa, nonché la capacità del Paese di dimostrarsi un partner affidabile per i suoi alleati militari. Nessuno legge i giornali o guarda la televisione da quelle parti? Nessuno sa che cosa stia accadendo in Libia? Nessuno ha mai sentito parlare del Califfo? Nessuno si rende conto che la Sicilia è la parte del territorio italiano più esposta, quella che viene prima nella linea di tiro, il bersaglio più vicino? La memoria storica, da quelle parti, è così evanescente che nessuno si ricorda più dei missili di Gheddafi lanciati contro l’Italia nel 1986 e fortunatamente caduti al largo dell’isola di Lampedusa?

Infine, è sconcertante il silenzio delle autorità nazionali. Il nostro loquace premier non ha detto una parola. E nemmeno le altre autorità dello Stato. E molti mezzi di comunicazione, con l’eccezione del Corriere e di pochi altri, hanno preferito ignorare la notizia. Eppure, il tema meriterebbe una discussione più intensa e appas-sionata di quelle che vengono riservate a tanti altri argomenti. «Sovrano – diceva il giurista Carl Schmitt – è colui che decide sullo stato d’eccezione». In Italia le decisioni sullo stato d’eccezione, e dunque la sovranità, appartengono ai Tar e alle procure? Alla luce di quanto è accaduto in questo Paese negli ultimi trent’anni eravamo in molti a sospettarlo. La vicenda Muos è la conferma? Questa storia è una variante di un fenomeno più generale, di quella «terribile alleanza» che si è ormai da tempo consolidata in tante parti d’Italia.

Di solito, la terribile alleanza vede coinvolti «soggetti ambientalisti» che puntano alla deindustrializzazione del Paese, sfruttano la combinazione di ignoranza e paure irrazionali che si manifesta nella sindrome «non nel mio giardino», e trovano, troppo spesso, l’avallo e il sostegno di tribunali amministrativi e procure. Nel caso Muos c’è una differenza. Qui l’ambientalismo, verosimilmente, è la copertura di un movimento di opposizione all’alleanza militare fra Italia e Stati Uniti, e la posta in gioco è la sicurezza nazionale. Nel nostro Paese, lo scarto fra gli auspici e i disegni dei nostri governanti, e dei professionisti della politica estera e di difesa che li coadiuvano, e la realtà dei processi decisionali, non potrebbe essere più forte. Così forte da danneggiare, se non neutralizzare del tutto, quegli auspici e quei disegni. L’interesse nazionale italiano ci spinge a chiedere un impegno della Nato sul fronte Sud assai maggiore di quello attuale, un rafforzamento della difesa collettiva dalle minacce che arrivano dal Vicino e Medio Oriente. Ciò richiede, ovviamente, e prima di tutto, che si riescano a convincere gli Stati Uniti. È vitale, infatti, per gli italiani, ottenere che l’attenzione della Nato non sia concentrata soltanto sull’Ucraina e su quanto accade ad Est. Fin qui i propositi, le strategie geopolitiche, eccetera. Ma poi ci sono i processi decisionali, quelli veri. Dopo la vicenda Muos, con che faccia, con che credibilità, potremo sostenere tali richieste?

Forse, stabilire finalmente quali confini non possano e non debbano essere mai attraversati, superati, dalle magistrature, in quali ambiti siano soltanto i governi nazionali (in virtù di un mandato elettorale) a decidere, aiuterebbe a impostare politiche di sicurezza più efficaci. E poiché le politiche di sicurezza hanno a che fare con la vita e con la morte, decidono chi sopravviverà, è bene che, almeno in questa materia, sia chiaro a tutti dove risieda la sovranità.

Dal Corriere della Sera


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