Caro prof Vecchioni, che delusione | Da te volevamo tracce d'amore - Live Sicilia

Caro prof Vecchioni, che delusione | Da te volevamo tracce d’amore

di PAOLA GRASSO Se ne sono dette tante sul caso Vecchioni. Da giornale aperto ai social, pubblichiamo un intervento che ha fatto molto discutere e che farà ancora discutere. Un contributo alla riflessione, in qualunque modo la pensiate.

da facebook
di
3 min di lettura

Eccomi, dunque, su Vecchioni. Ho provato a stare in silenzio, digitando qualche breve commento in risposta alle voci grate per avere scosso la Sicilia, sputandole in faccia ciò che è. Non ci riesco più. Chiedo scusa se non sarò diplomatica: ero nell’organizzazione di questo evento e forse per questo ho avuto tante remore a scrivere. E, durante la conferenza, non ho voluto e potuto esprimere ciò che sentivo: non era il mio ruolo ed era giusto che altri facessero ciò che ritenevano opportuno.

Ma sono arrabbiata, frustrata, attonita. E lo sono tanto per le sue parole, quanto per le reazioni di gratitudine ad esse che ho letto e sentito. Quell’uomo, nel pomeriggio di giovedì, non aveva nulla da dire. Non c’era amore nelle sue parole, non c’era nulla di costruttivo e sostanziale nei suoi discorsi. Ho sentito io, in prima persona, l’odore della poca lucidità e dell’assoluta mancanza di contenuti di colui che avevamo invitato per avere un po’ di bellezza, un pomeriggio di respiro, un momento di sogno.

Ed allora, Roberto, io non ho compassione di te. Ed ancor di più non ho compassione perché il giorno dopo, in classe, con i ragazzi, sei invece stato il maestro che aspettavamo, hai saputo esserlo. E questo significa che, giovedì, non hai sentito la responsabilità della nostra platea, del lavoro che tutti noi abbiamo fatto per portarla lì davanti a te quella platea, non hai sentito il dovere che un educatore – quale sei stato per tanti anni e dici di essere ancora – non dovrebbe mai perdere di vista: il dovere di lasciare frammenti di riflessione, di crescita, di “oltre”.

Non ne ho perché da venerdì mattina non riesco più a recepire quelle due canzoni che, quando mi sembra tutto troppo difficile, se misurato agli strumenti che possiedo, per aiutare i miei ragazzi, ascolto. E mi danno (davano) lo stimolo per arrivare in comunità con il sorriso, per insegnare loro che il percorso è duro, ma va portato avanti con coraggio e sorriso. E che la realtà si costruisce con coraggio e speranza.

Le fragilità di un educatore sono anch’esse strumento educativo, ma soltanto se mostrate con pudore e misura. Tutti noi le abbiamo: molte di quelle persone che hai offeso, ogni mattina fanno fronte alle loro fragilità, pensano di non riuscire, hanno paure ed immense difficoltà personali, ma non arrivano in classe o in altri luoghi, dai loro ragazzi, a prospettare tutto il brutto che c’è in questo mondo.

Non è il luogo per fare una disamina del vuoto contenutistico di ciò che hai espresso, parlando della mia regione e di noi siciliani e dimostrando una superbia intellettuale da (volgari) chiacchiere da bar, né quello per controbattere in modo razionale alle tue affermazioni. Né, tantomeno, per ricordare che eri stato invitato lì per parlare di altro e che il tuo discorso era completamente fuori contesto.

Questo che uso è solo il luogo (ed il modo) per esprimere la mia rabbia perché, ancora una volta – e qui sì, odio la mia terra – c’è un coro di voci che legge un articolo e dà ragione ad una frase estrapolata da un contesto, piegandosi ed inneggiando ad un’offesa senza ragionare su cosa fossi venuto a fare ed avresti dovuto fare qui a Palermo, in quella conferenza. E la mia rabbia anche perché quest’uomo è andato via senza che nessuno lo abbia guardato in faccia e gli abbia chiesto perché non sia stato capace di fare ciò che era il suo dovere: lasciare una traccia di bellezza.


Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI