La partita siciliana di Renzi |Il segretario rischia grosso - Live Sicilia

La partita siciliana di Renzi |Il segretario rischia grosso

Una sconfitta in Sicilia potrebbe essere fatale. D'Alia, Lupo, un outsider: le opzioni sul tavolo Pd

PALERMO – Lo stesso Fausto Raciti lo ha detto chiaro a Livesicilia: il Nazareno ci metta la faccia nella vicenda delle Regionali. Possibilmente con un nome e un cognome della segreteria nazionale che “accompagni” il partito siciliano. Che le elezioni regionali siciliane di novembre abbiano una portata nazionale è fuori discussione. Che questo valga doppio per Matteo Renzi pure.

Dopo la batosta del referendum e il passo falso delle ultime amministrative, il segretario del Pd è seduto su una poltrona sempre più scomoda. Con i capicorrente che affilano i coltelli per esercitarsi nella specialità di casa Pd, il regicidio.

Una sconfitta in Sicilia sarebbe il peggiore viatico per le Politiche dell’anno prossimo. E potrebbe scatenare il redde rationem dentro il Pd facendo perdere il timone a Renzi.

Ecco perché l’ex Rottamatore vuole giocare la partita siciliana per vincere. O almeno per provarci. Il che esclude l’ipotesi di ricandidare Rosario Crocetta. Il partito guarda altrove e mentre Raciti prosegue il suo giro di consultazioni, anche al Nazareno si valutano le possibili opzioni. Perché per quanto i maggiorenti siciliani possano riunirsi in conciliaboli, è chiaro che a Renzi basterebbe una telefonata, o al massimo due, per scegliere il nome su cui puntare le sue fiches. Già, ma quale.

Un’ipotesi potrebbe essere quella di cedere la candidatura agli alleati. Raciti ha insistito sull’asse con i moderati e sul “campo largo”. In questo caso, in pole position ci sarebbe Gianpiero D’Alia, leader dei Centristi di Pierferdinando Casini, che con Renzi parla più che bene. Il profilo di D’Alia permetterebbe di provare a pescare voti al centro, magari nel campo avversario. Ma forse non avrebbe grande appeal per gli alleati di sinistra del partito. In caso di sconfitta, poi, il perdente non sarebbe del Pd, dettaglio che Renzi potrebbe tenere in conto.

Una seconda ipotesi è quella di un candidato dem. Un politico. Tre i nomi di peso: Davide Faraone, Antonello Cracolici e Giuseppe Lupo. Quest’ultimo oggi sembra avere le migliori chance tra i tre. Non ha governato direttamente con Crocetta, ha ottime interlocuzioni con i centristi, soprattutto con Ardizzone, proviene dalla Cisl e quindi dal mondo del cattolicesimo democratico, contiguo a quello dei centristi, ed è senz’altro il dirigente del Pd con il più solido rapporto con Leoluca Orlando. Il suo profilo “sociale” potrebbe non allontanare la sinistra. Anche se dentro il Pd le solite tensioni tra correnti potrebbero ostacolarne la corsa alla candidatura.

A favore di Lupo potrebbe pesare anche un calcolo romano. In caso di sconfitta in Sicilia, infatti, il primo “amico” di cui temere la reazione per Renzi sarebbe Dario Franceschini. Ma se il candidato del Pd fosse proprio il luogotenente di Franceschini, cioè appunto Lupo, il successo o l’insuccesso siculo avrebbe paternità condivisa, un ferro dietro la porta non da poco per l’ex premier.

La terza ipotesi è quella di un nome fuori dalla mischia. Un jolly da pescare lontano dall’Ars, un po’ come il sogno sfumato di Piero Grasso. Lì c’è solo da far volare la fantasia. I nomi sono i più svariati, dal presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci – nominato oggi dal segretario responsabile del dipartimento Legalità – a un ripescaggio di Giusy Nicolini, impallinata dai suoi compaesani lampedusani ma apprezzata come icona fuori dall’isola. O magari Caterina Chinnici, di cui si sussurrava il nome nelle scorse settimane. E chi più ne ha più ne metta, insomma. Se poi qualcuno o qualcosa convincesse Crocetta a dimissioni anticipate potrebbe persino rientrare in corsa il sindaco di Catania Enzo Bianco.

La pratica è aperta ma non c’è ancora moltissimo tempo a disposizione, dopo i mesi persi appresso al fantasma di Grasso. Perché sì, nel centrodestra impera il caos, ma Giancarlo Cancelleri, l’uomo che Renzi deve battere, è già in campagna elettorale. E il segretario non può lasciargli troppo vantaggio.


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