Soldi ai dirigenti, la Corte dei conti: | "Una norma usata per le clientele" - Live Sicilia

Soldi ai dirigenti, la Corte dei conti: | “Una norma usata per le clientele”

La sede della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti

Assolti Crocetta e Polizzotto ma condanna morale alla politica per un articolo che produce "sprechi"

PALERMO – La sentenza della Corte dei conti di assoluzione di Rosario Crocetta e Stefano Polizzotto dall’accusa di danno erariale per l’esborso di oltre 244mila euro è allo stesso tempo una sentenza di condanna morale verso la politica che ha governato la Regione negli ultimi quindici anni e che ha mantenuto in vita la norma all’origine del danno: una regola “piegata a logiche clientelari e destinata ad alimentare fenomeni di cattiva gestione”.

L’ex presidente della Regione e il capo della sua segreteria tecnica sono stati indagati dalla Corte di via Cordova per capire se la revoca dell’incarico di Ragioniere generale a Biagio Bossone avesse causato un danno erariale. La sezione giurisdizionale della Corte dei conti ha stabilito che il danno non c’è. O meglio, se il danno c’è, è stato paradossalmente prodotto da una norma: l’articolo 41 del contratto dei dirigenti regionali firmato nel 2005 ed ancora in vigore. Si tratta dell’articolo in cui è previsto che un dirigente generale a cui viene stracciato il contratto prima della naturale scadenza ha “diritto al trattamento economico fondamentale ed accessorio goduto fino alla scadenza naturale del contratto e comunque almeno per un anno o alternativamente ad un incarico equivalente”.

Nella sentenza la norma contrattuale ha trovato la chiara e aspra censura morale dei giudici. “Il Collegio – così si legge – non può non esprimere una valutazione assolutamente negativa”. La norma contenuta nell’articolo 41 sarebbe infatti “palesemente contraria a qualsiasi principio di logica, di buon andamento, di sana gestione finanziaria, in contrasto con l’articolo 97 della Costituzione, piegata a logiche clientelari e destinata ad alimentare fenomeni di mala gestio”. Insomma, la norma sarebbe illogica, incostituzionale e “piegata”, questo emerge dalla sentenza, a un rapporto clientelare fra politica ed alta burocrazia.

I giudici guidati da Guido Carlino, insomma, non hanno risparmiato critiche all’articolo del contratto di lavoro. Ma le norme non possono avere colpe dato che la loro esistenza è il frutto delle scelte degli uomini. Questo i magistrati lo sanno e così la sentenza è un atto d’accusa alla classe dirigente regionale. “La parte pubblica – prosegue la sentenza – a suo tempo, non avrebbe dovuto sottoscrivere una siffatta clausola e avrebbe dovuto chiederne la rinegoziazione, pur con il rischio di un aspro conflitto con le organizzazioni sindacali”.

Ma se ci fu un errore al momento della firma del contratto, le classi politiche hanno continuato a perseverare nell’errore tutte le volte che non si sono opposte a questa regola. “Nei contenziosi instaurati dai dirigenti revocati – spiega infatti la Corte dei conti -, la difesa dell’Amministrazione, poi, avrebbe dovuto chiedere la declaratoria di nullità dell’articolo 41 del Contratto collettivo di lavoro regionale per violazione dell’articolo 97 della Costituzione. “Nulla di tutto ciò – constatano i giudici – è purtroppo accaduto nel corso degli anni, poiché i governi e le maggioranze che si sono succedute nella Regione hanno accettato la persistente vigenza dell’articolo” a cui è stato connesso uno “spreco di risorse pubbliche”. Tutto questo è accaduto mentre è stata ignorata “qualunque considerazione per l’interesse pubblico e per le esigenze di equità”.

Nella sentenza sul caso Bossone, così la Corte dei conti, pur non* attribuendo la responsabilità del danno erariale a Crocetta e a Polizzotto, indica fra le righe di chi sarebbe stata la responsabilità dell’esborso di denaro pubblico che graverà sulle tasche dei siciliani. Se infatti qualcuno avesse impugnato la norma del contratto incriminata allora “il danno sarebbe stato a carico della delegazione pubblica che ha sottoscritto il contratto collettivo”. Il caso su cui i giudici si sono dovuti pronunciare, però, non era questo: a pagare saranno i cittadini.

* In una precedente versione dell’articolo, per un mero errore materiale, è saltata la parola “non”. Si tratta chiaramente di un refuso – come è desumibile dal riferimento all’assoluzione all’inizio del pezzo – del quale ci scusiamo con i lettori e i diretti interessati.


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