Lockdown e violenza sulle donne| “Boom di chiamate ai centri” - Live Sicilia

Lockdown e violenza sulle donne| “Boom di chiamate ai centri”

La presidente di Thamaia a tutto campo.

CATANIA – I centralini dei centri antiviolenza non hanno mai smesso di squillare. Nemmeno durante l’isolamento forzato. La facile profezia azzardata nei mesi scanditi alla lotta alla pandemia si è puntualmente rivelata esatta.  Anna Agosta, presidente del centro antiviolenza Thamaia, lo sa bene.  “Si è verificato quello che avevamo ipotizzato, nel senso che all’apertura del centro c’è stato un boom di chiamate”, conferma. L’isolamento forzato tra le mura domestiche, del resto, non poteva che aggravare la situazione di tante, troppe donne quotidianamente vittime dei loro carnefici. “Ci sono state settimane in cui abbiamo avuto quattro o cinque casi al giorno”, racconta. Numeri preoccupanti. “A metà giugno abbiamo riaperto il centro alle donne e riattivato colloqui e consulenze con inevitabili tempi di attesa molto lunghi per le donne sia per la tempistica legata alla sanificazione dei locali sia perché, per motivi di sicurezza, cerchiamo di essere in sede in numero inferiore se prima c’erano due operatrici di accoglienza a fare contemporaneamente i colloqui, adesso questo è ridotto e quindi si riducono i colloqui”, dice.

E le conseguenze non sono di poco conto. “Tutto questo grava sulle donne, stiamo dando appuntamenti anche a distanza di un mese”, conferma. “Stiamo monitorando la situazione, in fase di lockdown abbiamo continuato a seguire telefonicamente le donne che avevano intrapreso il percorso di fuoriuscita dalla spirale della violenza, ma soltanto quelle che si trovavano in una situazione che consentisse loro di telefonare, non tutte chiaramente”, aggiunge in riferimento a chi ha continuato, per cause di forza maggiore, a condividere 24 ore su 24 la propria dimora con il marito o il compagno violento. E se fronteggiare l’emergenza non è stato semplice, l’ipotesi che il Paese possa bloccarsi nuovamente non può che imporre una riflessione su possibili strumenti in grado di tutelare maggiormente le donne maltrattate.

Agosta non ha dubbi. “Servono case rifugio, se si dovesse ipotizzare un nuovo lockdown si riproporrebbe il problema delle donne maltrattate”, spiega. In via preliminare servono anche luoghi sicuri nei quali, ad esempio, consentire di svolgere il periodo di quarantena prima di entrare all’interno delle case rifugio. “Servono luoghi nei quali fare la quarantena prima di entrare nelle case rifugio”, conferma Agosta che chiede a gran voce “soluzioni certe a tutela delle donne in termini anche di sicurezza sanitaria”. Senza contare l’atavico problema dei finanziamenti ai centri antiviolenza che in occasione di una situazione complessa come quella dell’emergenza sanitaria diventa oggettivamente macroscopico.

“E’ stato positivo il fatto di avere partecipato ai bandi di ActionAid ottenendo una somma più alta di quella fornita dal dipartimento pari opportunità, con quei soldi abbiamo acquistato igienizzanti, mascherine, e ricavato un piccolo sostegno economico all’operatrice volontaria che ha lavorato durante l’emergenza”, argomenta Agosta ricordando le gravi difficoltà in cui giornalmente versano i centri antiviolenza in termini di assenza di “fondi strutturali”.


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