Febbre dell'oro dopo il Covid? "Nessun vero boom, ecco perché"

Febbre dell’oro dopo il Covid? “Nessun vero boom, ecco perché”

Parlano i 'compro oro' e il banco dei pegni, due fra le strade più battute per ottenere liquidità immediata

PALERMO – Pandemia e crisi economica vanno di pari passo, ma il comportamento di chi ha bisogno di liquidità immediata non si rivela poi così prevedibile. È un dato di fatto che il coronavirus abbia portato diverse attività a chiudere i battenti, i cittadini a scendere in piazza e le categorie produttive a esigere aiuti concreti dal governo. Quello che in qualche modo tradisce le aspettative è l’approccio per resistere alla crisi: i prestiti erogati dai banchi dei pegni si sono normalizzati dopo un picco post-lockdown, mentre i ‘compro oro’ non registrano nessun ricorso smisurato alla vendita di gioielli da parte dei clienti. Le due strade sono ben distinte e un paragone non è ipotizzabile, ma per molte persone si tratta di due valide alternative per ottenere certezze in tempi brevi dando garanzie minime.

I compro oro: “Nessuna corsa a vendere”

A sentire chi vive della compravendita di metalli preziosi, tutto è vistosamente più lento o addirittura fermo al palo. “Non parlerei solo di cali ma di un vero blocco totale – commenta Gioacchino Messina, titolare di Mg Gioielli, a Palermo –. Non ho nemmeno modo di fornire una precisa percentuale delle perdite, perché nel mio caso ormai si tratta di un meno cento per cento. La gente non vende più nulla praticamente da ottobre”. Messina si riferisce a tutti gli aspetti della propria attività, che è anche una gioielleria: “In quel caso, il peggioramento me l’aspettavo già – dice –. Sia perché i grandi ricevimenti dopo comunioni o matrimoni sono vietati, sia perché in generale è più difficile creare un’atmosfera che giustifichi regali di un certo tipo. Quello che non avevo previsto è stato il crollo della compravendita, ma mi sa che la gente non ha più oro ormai da tempo. E così noi stiamo qua a girarci i pollici”.

In effetti, fra i negozi raggiunti da Live Sicilia, solo uno non ha avuto modo di dedicarci qualche minuto: “Nessuna vera impennata della compravendita. Tutto come sempre – è il breve resoconto del compro oro in via Sammartino –. Noi in particolare abbiamo puntato molto sulla pubblicità e siamo riusciti a trovare qualche cliente in più, ma per il resto nessuna vera crescita particolare”. Giusto poche parole, prima di tornare a dedicarsi ai clienti.

Un esercente della zona del Policlinico, sempre nel capoluogo, conferma che “l’afflusso dei clienti non appare diverso da prima. La gente non vende né di più né di meno, quindi non risulta questo legame così stretto fra il nostro lavoro e la pandemia”. Il Covid insomma non starebbe risanando un giro d’affari che a dire dell’intervistato “si riduce di continuo ormai da anni. Passano giorni senza clienti, in altre giornate ce n’è uno solo in tutto. Nessuna corsa a vendere come quella che ci si immagina in questo periodo di crisi”.

Secondo un altro negoziante della stessa zona, i motivi sono da rintracciare nelle scelte politiche: “Durante la pandemia i compro oro erano totalmente chiusi, decisione discutibile dato le nostre attività non prevedono certo assembramenti né contatti fra persone. I banchi dei pegni però erano aperti. Sia chiaro, siamo due mondi diversi: noi compriamo gli oggetti, loro li trattengono finché il cliente non li potrà recuperare. Però se non viene data un’alternativa a chi ha bisogno, a chi ha fame, è normale che la gente vada nell’unico posto aperto. Spesso chi fa il mio lavoro viene visto come uno sciacallo, ma anche noi abbiamo famiglie da mantenere e bollette da pagare”. Come Gioacchino Messina, anche questo commerciante sostiene che “chi aveva veramente bisogno di soldi ha già venduto tutto negli anni. Di oro in quel senso ne è rimasto poco”.

Nuovi clienti scoprono il banco dei pegni

Nessun vero boom (ma neanche un calo) per i banchi dei pegni, che però lavorano in condizioni completamente diverse. Una differenza su tutte è il fatto che il prezioso rimanga di proprietà del cliente, che un giorno potrà riscattarlo o farlo mettere all’asta. Il credito su pegno dunque è la strada per chi non vuole vendere ma far fruttare, ricevendo un prestito nel giro di pochi minuti. “Il volume degli affari è stabile – fa sapere Affide, società del settore autorizzata dalla Banca d’Italia e molto attiva in Sicilia -. “C’è stato un incremento iniziale con l’esplosione della pandemia, che poi però si è stabilizzato in linea col mercato. Ma al netto dell’andamento si rileva un aspetto particolare, cioè l’incremento di nuovi clienti: sembra che quelli abituali abbiano allentato il rapporto col banco dei pegni, venendo sostituiti invece da persone diverse”.

Prima dell’attuale normalizzazione dichiarata da Affide, a giugno 2020 la società aveva diffuso i risultati di uno studio commissionato a Bva Doxa. Allora sì che lo scenario era diverso: l’indagine aveva evidenziato che nei primi mesi del Covid il 15 per cento del campione aveva pensato di chiedere un prestito, e una persona su quattro si era detta pronta a rivolgersi al credito su stima per avere liquidità immediata. La ricerca aveva anche messo in luce le ragioni che in quel periodo avrebbero spinto a scegliere il banco dei pegni: il 15 per cento degli intervistati per far fronte a spese inattese o impreviste, l’8 per cento per sopperire alla perdita del lavoro o a una riduzione dello stipendio, il 5 per cento per pagare l’affitto o il mutuo di casa; inoltre un altro 5 per cento degli intervistati avrebbe usato i soldi per uscite fisse come il pagamento di bollette o la spesa, e il 4 per cento per sostenere la propria attività commerciale.


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