Da Letizia a Diego: in scena il festival del rancore - Live Sicilia

Da Letizia a Diego: in scena il festival del rancore

Battaglia non ha bisogno di dimostrare chi è. Ma la demonizzazione è consuetudine ormai.

Non mi sono piaciute le foto di Letizia Battaglia, le icone con bambine di quella pubblicità che ha provocato il divampare di un robusto dibattito: perché, nella città della munnizza, non sia mai che si perda il gusto della riflessione sulle brioche, decenza e sostanza mancando.
Non mi sono piaciute (personalissimo parere), perché le ho trovate brutte, da spettatore profano, ovvero l’utente finale di quel prodotto. E mi fermo qui, senza addentrarmi in ulteriori discorsi dal tono moralistico, essendo il sottoscritto nato in una clinica palermitana e non a Betlemme preferisco non esagerare.

Ad altri, similmente, non sono piaciute, ad altri sì. Qualcuno ha avanzato delle motivate riserve di carattere etico e simbolico, come sappiamo, mettendo in correlazione l’immagine e il tema delicatissimo dell’innocenza sempre da preservare. E va benissimo. Cioè, va benissimo quando si discute, quando si argomenta, quando ci si confronta, quando il dissenso è metabolizzato come un evento possibile, non alla stregua dell’incipit di un conflitto sul campo.
Tuttavia (parere personalissimo) non va affatto bene quando si travalica dalla legittima critica verso un oggetto e si approda al festival del rancore contro un soggetto.

Quante ne sono state scritte sui social avverso l’autrice degli scatti, una che mica ha bisogno di dimostrare chi è. È una consuetudine, ormai: la divisione a comando che porta alla demonizzazione reciproca. Non si può quasi più respirare senza che la semplicità del respiro non conduca a un’aspra replica e alla condanna del respirante con un’enfasi che colpisce le persone oltre le cose. Come se ogni evento fosse una scusa per dissotterrare le armi della polemica – per ora, fortunatamente, metaforiche – e darsi addosso con sommo gaudio.

È accaduto con Letizia Battaglia (grazie a Dio, viva) e con Diego Maradona a cui non è stato consentito nemmeno di andarsene coperto dall’affetto di tanti, senza subire il giudizio urticante di troppi circa i suoi vizi, in barba alle sue virtù, in un contesto che, oltretutto, avrebbe consigliato mitezza. Ma questo sembra il tempo del rancore, non più delle parole miti. Nemmeno morire in pace sarà consentito.

Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI