Rap, Rotoli, partiti e dissesto: per Orlando un 2021 da incubo - Live Sicilia

Rap, Rotoli, partiti e dissesto: per Orlando un 2021 da incubo

Il sindaco prova a schivare i problemi, ma tutti guardano al voto

PALERMO – I cimiteri, i rifiuti, i conti del Comune, la maggioranza che traballa. Non si può dire che il 2021 sia iniziato nel migliore dei modi per l’amministrazione guidata da Leoluca Orlando che, in appena quattro settimane, ha dovuto fronteggiare più di un’emergenza. Anche se, a ben vederle, più che di problemi inaspettati si tratta di nodi che vengono al pettine e che hanno creato una tempesta perfetta che non è certo il miglior viatico per l’ultimo anno pieno della sindacatura a Palermo, quando ormai i partiti sono proiettati alle prossime elezioni.

Il Professore si è destreggiato, ha provato a schivare gli ostacoli, alla fine c’è in qualche modo anche riuscito visto che la maggioranza (sulla carta) ancora tiene in Aula e il cda della Rap (al momento) è ancora al suo posto. Ma i problemi rimangono e non sono di facile soluzione, specie se su piazza Pretoria aleggia lo spettro di un dissesto finanziario che macchierebbe indelebilmente la carriera politica del primo cittadino. In queste settimane le riunioni si susseguono, nel tentativo di trovare soluzioni e alternative e soprattutto nella speranza che dal governo nazionale (alle prese con la crisi) arrivi un salvagente per tutti gli enti locali, ma che per Palermo sarebbe una vera ancora di salvezza.

Con Rap è tregua armata

L’ultima grana, in ordine di tempo, è scoppiata a piazzetta Cairoli: il direttore generale della Rap Roberto Li Causi ha rimesso il mandato al cda e perfino il presidente Giuseppe Norata (indicato da Italia Viva) era pronto a lasciare la poltrona. Il sindaco inizialmente l’ha presa male, anzi malissimo, tanto da aver convocato giovedì sera i sindacati senza la società: un chiaro segnale di sfiducia che faceva presagire l’ufficialità della rottura. Ma decapitare l’azienda avrebbe anche obbligato il primo cittadino a trovare dei sostituti, missione quasi impossibile per la carica di presidente che vale appena 12 mila euro lordi l’anno a fronte di enormi responsabilità. L’altro rischio era quello di una rottura politica con i renziani e così alla fine si è scesi a più miti consigli: cda slittato, chiarimento con Norata, ampie rassicurazioni sulla tenuta dei conti e un invito a migliorare il servizio e completare la mobilità da Reset.

Ma la crisi in realtà potrebbe essere solo rimandata e sotto le ceneri continua ad alimentarsi: al di là dei problemi numerici (il Pef, i crediti, la ricapitalizzazione) che al momento non hanno soluzioni definitive, a sconcertare tanti consiglieri comunali di maggioranza e di opposizione è stata la gestione della vicenda, proprio quando l’emergenza Bellolampo pareva rientrata. “Potevano chiarirsi in privato, senza che tutto finisse in pasto ai giornali – dice un orlandiano a taccuini chiusi – E non è neanche la prima volta”. Già, perché di scontri a viso aperto tra il Comune e la Rap ce ne sono stati diversi negli ultimi mesi, a partire da Bellolampo e dai rapporti con la Regione. Segno della difficoltà dell’amministrazione di “fare squadra” con una delle sue principali partecipate, ma anche di gestire politicamente una situazione che più volte è sfuggita di mano. Non è un caso che uno come Toni Sala, consigliere di maggioranza e considerato tra i più vicini al sindaco, abbia chiesto di “capire come sia stato possibile arrivare a questo punto e di chi sia la responsabilità politica di questo fallimento”.

I cimiteri che scoppiano

L’intervento a Trm del sindaco, che senza troppi complimenti ha accusato il consiglio comunale di non proporre soluzioni, è stato la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso. Orlando dalla scorsa estate gestisce in solitudine il problema delle salme in attesa di sepoltura che, nel frattempo, sono arrivate a sfiorare quota 700 e secondo le previsioni dello stesso Comune potrebbero superare le 2 mila a giugno. Il consiglio comunale, maggioranza in primis, ha preso una decisione insolita: riunirsi a oltranza solo sui cimiteri, portando sul banco degli imputati assessori e burocrati. Un attivismo che, dicono, non sia per niente piaciuto al sindaco che in un incontro di maggioranza si sarebbe lamentato del trattamento riservato alla giunta, cosa che però non ha impedito a Sala delle Lapidi di continuare a martellare.

Il punto è che la situazione è degenerata e il deposito di Vergine Maria continua a essere pieno: la tanto annunciata rivoluzione degli uffici non decolla, sul forno crematorio si registrano clamorosi ritardi dovuti alla burocrazia, le varie ordinanze si susseguono senza sortire gli effetti sperati e l’accordo con il cimitero di Sant’Orsola, che avrebbe dovuto portare a 5 mila o 10 mila posti, ne produrrà appena mille. Rimedi che si susseguono (da ultimo l’ordinanza che ricalca la delibera respinta dal consiglio), mentre la situazione non sembra migliorare ed è finita anche sotto i riflettori delle televisioni nazionali. Il consiglio ha così reagito approvando un ordine del giorno scritto a quattro mani da maggioranza e opposizione e votato trasversalmente, con la sola astensione di Sinistra Comune, che appare come una condanna senza appello per un sindaco che continua a tenere la delega per sé, rimandando la scelta di un assessore dedicato al tema.

L’incubo del dissesto

Ma se rifiuti e cimiteri sono le emergenze più evidenti, ce n’è un’altra che è molto più pericolosa sebbene meno visibile ed è quella dei conti. La relazione scritta dalla Ragioneria generale fotografa uno stato impietoso del Comune: il bilancio 2021 non si può chiudere perché mancano quasi 11 milioni di euro ed è impossibile reperirli, a meno di non tagliare i servizi. Palermo incassa troppo poco dalle tasse, perfino il pugno duro sugli evasori è slittato a causa della pandemia e la conseguenza è che l’amministrazione è costretta ad accantonare centinaia e centinaia di milioni per evitare possibili voragini nei conti.

Gli uffici non usano mai la parola dissesto, ma quando fanno riferimento alle conseguenze previste dalle norme per i Comuni in squilibrio sembrano tracciare un percorso ormai quasi obbligato. L’unico modo per rimettere a posto i conti sarebbe di intervenire con provvedimenti impopolari: tagliare i servizi non indispensabili a partire da quelli a domanda individuale (asili, musei, impianti sportivi), ridurre ancora i soldi alle partecipate (con Amg che ha già bloccato i concorsi per i tagli e la Rap che minaccia fuoco e fiamme) o aumentare le tasse. Situazione drammatica a cui si aggiunge la questione Tari: l’aumento nel 2021, che l’amministrazione lo scorso dicembre aveva promesso di scongiurare, adesso invece non viene escluso dalla stessa giunta. Perché ammesso che si riesca a sforbiciare il Pef e a spalmare su tre anni gli extra-costi dovuti alla chiusura di Bellolampo, parliamo comunque di sette milioni da far gravare su cittadini e imprese che hanno già difficoltà (o poca voglia) nel pagare le tasse ai livelli attuali. Il rischio, per il sindaco, è di dover prendere provvedimenti impopolari proprio nell’anno che conduce alle elezioni.

La maggioranza traballa

Dopo lo scontro sul bilancio, Orlando ha provato a riportare il sereno con due vertici di maggioranza e la promessa di incontri periodici. Ma al di là delle rassicurazioni di facciata e degli scontri personali, la coalizione continua a traballare pericolosamente: sui cimiteri, e in particolare sulla restituzione della delibera agli uffici e sul voto dell’ordine del giorno, Sinistra Comune ha votato diversamente dal resto della maggioranza, segno che la crisi è tutt’altro che superata. Il sindaco avrebbe voluto addirittura fare una conferenza stampa con le forze politiche per dimostrare di aver ritrovato la compattezza di un tempo, ma lo stop di Pd e Italia Viva ha fatto saltare tutto.

Da sette mesi manca l’assessore al Bilancio e al Patrimonio e il consiglio, sotto la guida di Totò Orlando, si è mosso sempre più in autonomia rispetto alla giunta arrivando anche alla lettera indirizzata al ministro De Micheli sul ponte Corleone: un chiaro segnale di insofferenza verso la giunta che ha mandato il sindaco su tutte le furie, ma che ha scoperto il nervo delle manutenzioni e dei cantieri fermi al palo. Per non parlare della manutenzione di strade e marciapiedi che da marzo sarà lasciata da Rap senza che ci sia qualcuno che se ne occupi, di interi quartieri al buio (che si sommano alle emergenze rifiuti e cimiteri) e del fatto che da febbraio (per la precisione da oggi) ci sarà un solo dirigente tecnico per tutto il Comune col concorso che procede a passo di lumaca.

I partiti non smettono di puntare il dito contro gli assessori e il fatto che il secondo mandato sia ormai avviato alla conclusione ha generato una sorta di “liberi tutti”: la maggioranza sta insieme per inerzia, quasi per mancanza di alternative, e ormai ognuno gioca una sua partita con lo sguardo rivolto alle urne. Il sindaco ha dovuto prenderne atto quando la minaccia delle dimissioni, in piena sessione di bilancio, non ha sortito alcun effetto sui consiglieri e l’intenzione di disinteressarsi del 2022 ha spiazzato anche i suoi più fervidi sostenitori, alimentando le grandi manovre dei partiti e le aspirazioni dei fedelissimi che preparano le scialuppe di salvataggio.


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