Covid, allarme e paura: ultima chiamata per evitare il peggio

Caso Sicilia, Musumeci: ultima chiamata per salvare l’autunno

Covid, aumentano contagi e ricoveri. Chiesti più controlli alla fine di un'estate in cui si è creduto che il peggio fosse passato

PALERMO – È un momento difficile, uno dei più delicati da quando la pandemia ha colpito la Sicilia, l’Italia e il mondo intero. Si capisce dall’allarme contenuto nella richiesta rivolta dal presidente della Regione Nello Musumeci ai prefetti dell’Isola per ottenere una stretta sui controlli e dal bollettino dei contagi.

Partiamo da quest’ultimo: ieri in Sicilia sono stati registrati 1.200 nuovi casi di Coronavirus. La Sicilia ha confermato il suo triste primato di regione con il più alto incremento giornaliero a livello nazionale. Il numero dei ricoverati, fra reparti ordinari e terapie intensive, è ormai ad un soffio da quota mille (965, per la preecisione).

Sono cifre, purtroppo, costanti. Non serve essere statistici, basta mettere i numeri uno dietro l’altro. Da sabato 28 agosto a sabato 4 settembre la Sicilia ha sempre sfondato il tetto dei 1000 nuovi positivi al giorno, con la punta più alta registrata il 30 agosto (1.600).

Nello stesso periodo 128 siciliani sono finiti in ospedale. Sono uomini e donne che soffrono e che.a volte, non ce la fanno. Negli ultimi otto giorni la Regione ha comunicato il decesso di 150 siciliani. Il totale delle vittime ha raggiunto la cifra spaventosa di 6.434 morti. Non sono freddi numeri, dietro ciascuno di essi c’è una storia di sofferenza e dolore.

Il Covid non si ferma. Dipende dalla capacità subdola del virus di circolare, ma anche purtroppo dalle nostre pessime abitudini. Ieri il presidente Musumeci ha scritto una nota ai prefetti siciliani chiedendo più controlli per scoraggiare “gli indisciplinati e alimentare fiducia nelle persone responsabili di fronte a un pericoloso calo di attenzione”.

Parole che mostrano scoramento, seguite da altre che servono a mettere le cose in chiaro ma anche le mani avanti in chiave futura: “Se aumentano i contagi, ma non i vaccini, la Sicilia rischia di tornare presto a chiudere. E non possiamo permetterci questo ulteriore sacrificio. Il presidente della Regione ha il compito di adottare le ordinanze, ma farle rispettare spetta al ministro dell’Interno tramite i prefetti”.

Come dire, se la Sicilia finirà in zona arancione (con restrizioni pesanti, ben oltre il morbido passaggio da bianco a giallo dei giorni scorsi) non sarà colpa della Regione (almeno non solo) ma dell’indisciplina e dei mancati controlli.

Strade e piazze piene di gente e mascherine abbassate. Nell’estate siciliana del turismo record (per fortuna) si doveva fare di più sul fronte dei controlli, ma pensare che ci debba essere un uomo in divisa ad ogni angolo di strada è francamente impossibile. Ma è lecito, dopo la richiesta di Musumeci, aspettarsi di vederne qualcuno in più in giro.

Intanto il numero dei ricoveri aumenta e all’ospedale Cervello di Palermo, centro di riferimento Covid della città, vengono sospesi i ricoveri in alcuni reparti ordinari per fare posto ai pazienti contagiati. E quelli che finiscono in ospedale sono per la stragrande maggioranza non vaccinati.

Un film già visto quello dei reparti riconvertiti e di una sanità incapace di curare al meglio, e contemporaneamente, i malati Covid e quelli che soffrono di altre patologie, nonostante siano trascorsi diciotto mesi dall’inizio della pandemia e si siano sbandierati piani straordinari per creare posti letto dedicati (saranno tutti pronti quando la pandemia, si spera presto, sarà finita). Per “convivere” con il virus serviva una risposta più veloce e se la Sicilia è prima per contagi non può essere solo responsabilità dei turisti o dei cittadini. L’Isola è alla vigilia di un autunno difficile e alla fine di un’estate in cui si è creduto che il peggio fosse passato. Si invocano controlli rigidi, che avrebbero dovuto esserci da tempo. Ed invece la Sicilia e i siciliani sono all’ultima chiamata per evitare il peggio.


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