Il pentito Ferrante scagiona padre e figlio, lo scontro con i boss

Il pentito Ferrante scagiona padre e figlio, lo scontro con i boss

Il secondo verbale del boss dell'Acquasanta

PALERMO – Il 2 settembre scorso Giovanni Ferrante è seduto di nuovo davanti ai pubblici ministeri di Palermo. Dopo quello del 20 agosto riempie un nuovo verbale. Gli mostrano un altro album fotografico. Si parte dalle immagini del padre Francesco e del figlio Francesco Pio, entrambi sotto processo insieme a lui.

“Mio padre non ha rapporti con Cosa Nostra”

A proposito del padre l’aspirante collaboratore di giustizia precisa subito che “non ha mai avuto rapporti con Cosa Nostra, è uno dei fondatori della cooperativa Spavesana e ha sempre lavorato”. Si tratta della Coop con delle commesse all’interno dei Cantieri navali di Palermo. Uno dei leader, Roberto Fiuffrida, è finito nei guai perché considerato uomo dei boss Fontana.

“Mio figlio non c’entra con la mafia”

Stesso tenore hanno le affermazioni di Ferrante quando gli mostrano la foto del figlio Francesco Pio: “Ha sempre lavorato e con la mafia non ha nulla a che fare”. Nulla a che vedere neppure con l’impresa Gpack che vende sacchetti di plastica e materiale da imballaggio. Ferrante conferma, invece, che il figlio è intestatario di alcuni locali in via Impastato. Il capomafia dell’Acquasanta e aspirante collaboratore di giustizia si rammarica per quanto è accaduto: “Io l’ho saputo quando ero in carcere ed ho letto i provvedimenti della Cassazione. Se avessi saputo della vicenda avrei ripreso mio fratello perché io non volevo che mio figlio entrasse nelle vicende di mafia”.

Il padre si sarebbe servito del figlio una sola volta: “Nel periodo della mia detenzione ho incaricato mio figlio di richiedere a Massimo Monti la corresponsione della retribuzione di mia moglie. Voglio precisare che Massimo Monti non ha mai pagato il pizzo nella nostra zona. Quando io andai a proporgli le macchinette il Monti mi disse che era d’accordo con Gaetano Fontana e noi lo abbiamo lasciato in pace proprio per questo motivo. Poi Giulio Biondo mi confermò dopo qualche anno che quanto dettomi dai Monti sugli accordi con Gaetano Fontana (anche lui dice di volere collaborare con la giustizia, ma al momento non viene creduto dai pm) corrispondeva al vero”. Monti che gestiva una sala bingo è stato processato e assolto. Il boss fa riferimento anche a una punizione fisica che l’imprenditore avrebbe subito per i mancati pagamenti in favore di Letizia Cinà.

Così usavano i soldi della cooperativa

A proposito della Spavesana, dove lavorava anche il fratello del collaboratore, Michele Ferrante, l’aspirante pentito racconta un episodio: “Dopo il mio ingresso nella Spavesana Giuffrida mi ha chiamato dicendomi che avevano ricavato 200.000 euro in più da alcuni lavori e non voleva distribuirli tra i soci ma intascarli. Siccome al tempo Fontana Stefano e Gaetano erano in carcere ho deciso io cosa fare con queste somme. Le ho divise in 5 parti, una per me, una per mio fratello, una parte dei Fontana una di Scrima e l’altra di Giuffrida. Quando Gaetano Fontana è uscito dal carcere ha voluto la parte mia e di mio fratello. Mio fratello ha dato i soldi richiesti Gaetano io invece ho mantenuto la mia parte. Gaetano Fontana afferma di avere un credito nei miei confronti ma non è vero”.

Alla Spavesana Ferrante c’era andato a lavorare “per proteggere Giuffrida Roberto… e la gente che mi conosceva faceva quello che dicevo io perché sapevano chi rappresentavo… gli operai ad esempio prendevano meno di quanto riportato in busta paga e i conti li faceva Roberto Giuffrida e nessuno si è mai opposto a me anche ai fini della firma della busta paga. I soldi in nero che derivavano dalle buste paga gonfiate servivano anche per pagare mio zio Stefano”. Il boss ha percepito, senza lavorare, uno stipendio compreso fra 1.300 e 2.500 euro al mese”.

“Buste paga gonfiate”

Per giustificare i soldi in nero “se Giuffrida aveva necessità di fatture false si rivolgeva al Gambino ma il padre di Giuseppe, Nunzio Gambino. I supermercati so che sono dei Fontana, con Giuseppe Gambino ho concordato false fatture per coprire il nero della Spavesana creato dalle buste paga gonfiate”.

“Che stai combinando”

Su Angelo Fontana, “il più piccolo dei maschi” Ferrante racconta che “tutt’ora la sua presenza a Palermo e attiva. Si è sempre occupato di macchinette slot per mezzo di Giulio Biondo, l’ultima volta che è venuto a Palermo all’estate nel 2019 ci siamo visti al bar. Sono entrati alcuni carabinieri e io gli ho fatto segno di andarcene, lui sapeva della mia assunzione della reggenza della famiglia infatti in tale occasioni al bar lui si avvicinò mettendomi la mano sulla spalla e dicendomi ‘che stai combinando’ con ciò riferendosi alla mia reggenza e al fatto che loro i Fontana non erano d’accordo.”.

Un altro fontana, Giovanni, “scendeva a Palermo per conto di Gaetano per percepire le somme di cui già vi ho riferito le precedenti interrogatori… insieme ai fratelli gestiva le macchinette e i siti in posti all’Acquasanta. Mi ricordo che il Biondo mi raccontò che Giovanni si era impossessato di tutte le macchinette di un gestore in piazza Acquasanta.


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