Riciclaggio in Albania, arresti il costruttore Zummo e un commercialista

Riciclaggio, arrestati il costruttore Zummo e un noto commercialista

In carcere è finito il professionista Fabio Petruzzella. Avrebbe aiutato l'imprenditore del sacco di Palermo

PALERMO – Un’inchiesta che parte da Palermo, passa da Campania e Svizzera e arriva fino in Albania sulle tracce del patrimonio che il costruttore Francesco Zummo ha cercato di sottrarre alla confisca. A Zummo sono stati concessi gli arresti domiciliari per ragioni di età, mentre in carcere è finito il commercialista Fabio Petruzzella per riciclaggio e trasferimento fraudolento di beni con l’aggravante mafiosa.

Sequestrato, dissequestrato in primo e secondo grado, e infine confiscato lo scorso dicembre dopo un annullamento con rinvio del processo da parte della Cassazione. Il patrimonio di Zummo viene stimato in 150 milioni di euro, una parte era rimasta al’estero dove è stata scovata dai poliziotti del Servizio centrale operativo.

Ora vengono sequestrati 20 milioni di euro, depositati in Albania, e altri 30 milioni di euro in Italia sfuggiti alla misura di prevenzione. I magistrati di Napoli indagavano su un traffico internazionale di droga e si sono imbattuti in alcuni nomi di interesse per la Procura Palermo, guidata dal procuratore Francesco Lo Voi e dall’aggiunto Marzia Sabella, che nel frattempo indagavano su Zummo.

Una storia, quella di Zummo, oggi ottantanovenne, che riporta indietro nel tempo, fino agli anni del sacco di Palermo, alla Cosa Nostra di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Fra il 2006 e il 2009 il costruttore era stato processato per concorso esterno in associazione mafiosa, ma la vicenda si concluse in parte con l’assoluzione e in parte con la prescrizione.

Gli investigatori si sono imbattuti per la prima volta nel nome di Zummo grazie a un appunto scoperto nella macchina di Michael Pozza, uomo della mafia canadese trovato ucciso nel 1979 a Toronto. Poi fu Giovanni Falcone, negli anni Ottanta, nell’inchiesta denominata “Pizza connection”, a scoprire che alcuni conti correnti di Zummo erano stati utilizzati per operazioni legate al traffico di stupefacenti.

Tutto questo portò al sequestro di appartamenti, ville, auto, conti correnti bancari in Italia, Canada e nelle Isole Vergini, prima restituiti e infine confiscati. Del patrimonio faceva parte anche il fondo Pluto, riferibile a Francesco e Ignazio Zummo, padre e figlio. Si trattava di un deposito in una banca svizzera contenente 12 milioni di euro.

La sua è stata una scalata vertiginosa a partire dalla fine degli anni Sessanta, quando con il consuocero Vincenzo Piazza (consigliere della famiglia mafiosa di Palermo-Uditore) e il socio Francesco Civello, divennero il braccio operativo della speculazione edilizia targata Vito Ciancimino con la costruzione di 2.700 immobili.

L’imprenditore, nonostante fosse vicino alle famiglie mafiose della Noce prima e dell’Uditore poi, aveva avuto un ruolo trasversale. I giudici ne descrissero le “collusioni” con Ciancimino, don Tano Badalamenti, i Gambino poi scappati in America durante la guerra di mafia, Leonardo Greco e Michelangelo Aiello.


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