Palermo, manovre centrodestra: rebus primarie e renziani - Live Sicilia

Palermo, manovre centrodestra: rebus primarie e renziani

Ieri il primo vertice allargato ai moderati, si parte dal programma

PALERMO – I candidati sono ancora tanti, troppi, e il centrodestra riparte dal programma per evitare rotture a pochi mesi dal voto. La corsa per Palermo 2022 è già iniziata da tempo, anche se non è ancora entrata nel vivo: il voto alle ultime Amministrative nel resto d’Italia ha impensierito la coalizione che a febbraio dovrà giocare la delicata partita dell’elezione del Capo dello Stato, antipasto delle Comunali di Palazzo delle Aquile che saranno il primo, vero test elettorale nazionale.

Ieri, all’hotel Politeama, si sono riuniti per la prima volta tutti i partiti del centrodestra, includendo anche la nuova Dc di Totò Cuffaro, non invitata venti giorni fa, il Cantiere popolare che aveva disertato per protesta contro l’esclusione dell’ex governatore e i nuovi arrivati di Sicilia Futura, freschi di rottura traumatica con i renziani che sono scesi in campo con la candidatura solitaria di Davide Faraone, ieri gomito a gomito con Cuffaro alla presentazione del libro di Gianfranco Rotondi.

Il comunicato finale definisce il vertice un “grande passo in avanti” e arriva addirittura a considerarlo un “vero gesto di amore per la città”, annuncia gruppi di lavoro sul programma e non esclude nuovi ingressi anche se la discussione pare sia stata assai più animata. Al di là delle frasi di circostanza e delle formule tipiche della politica, infatti, sono due i rebus ancora insoluti: il ricorso alle primarie e l’eventuale inclusione di Italia Viva. Nessuna decisione ufficiale è stata ancora presa, il confronto è agli albori ed è limitato ai vertici provinciali dei singoli partiti; del resto non è un mistero che il nome del candidato sindaco di Palermo dovrà rientrare in un quadro più ampio che comprenderà anche il Governo della Regione, la guida dell’Ars e il sindaco di Catania.

Le primarie a ridosso del Colle

Attorno al tavolo le delegazioni erano piuttosto affollate: Alessandro Anello, Vincenzo Figuccia e Igor Gelarda per la Lega, Francesco Scarpinato, Raoul Russo e Pippo Palmeri per Fratelli d’Italia, Elio Ficarra e Andrea Aiello per l’Udc, Giulio Tantillo e Andrea Mineo in rappresentanza di Forza Italia in asse con Gianluca Inzerillo di Sicilia Futura. E ancora Angelo Pizzuto e Claudio Volante per Diventerà Bellissima (con capatina di Alessandro Aricò), Felice Bruscia e Roberto Clemente per Cantiere Popolare-Noi con l’Italia, Giacomo Balsano per gli autonomisti e infine Pippo Enea e Giuseppe Alessi per la nuova Dc.

A rilanciare l’idea delle primarie sono stati gli uomini di Saverio Romano, che (oltre a chiedere di partire dal programma) puntano fortemente sul ricorso ai gazebo per la scelta del candidato sindaco nel caso in cui non si arrivi a un accordo: troppi i nomi dei pretendenti alla poltrona più importante di piazza Pretoria e nessuna speranza di un generale ritiro volontario in favore di una sola figura. Da qui la proposta delle primarie che in queste settimane hanno avanzato anche Matteo Salvini e Giorgia Meloni e che va riscuotendo sempre più consensi.

Il problema è che, dando per scontato di non poter montare i gazebo a ridosso delle feste natalizie, si arriverebbe alla consultazione di piazza fra gennaio e febbraio, in pratica con le trattative per il Quirinale in pieno svolgimento. Una coincidenza temporale che alcuni vorrebbero evitare, anche per il timore che un numero così elevato di candidati possa confondere l’elettorato e trasformarsi in un boomerang. A dichiararsi espressamente contrari sono i forzisti e anche qui nessuna sorpresa: Gianfranco Micciché, facendo sue le parole di Edy Tamajo, ha chiesto di azzerare e ripartire da capo. Una proposta che ieri gli azzurri hanno spiegato più nel dettaglio suggerendo di restringere la rosa dei pretendenti a pochi nomi, quelli con maggiori chance di successo, fra cui poter scegliere in modo più agevole e veloce. Un fattore, quello del tempo, che non è così indifferente, almeno per chi come Lagalla ha già annunciato di volersi dimettere con largo anticipo.

Italia Viva, convitato di pietra

L’altro nodo da sciogliere è l’allargamento della coalizione. Cantiere Popolare e Nuova Dc hanno chiesto espressamente di allargare il campo includendo anche Italia Viva di Davide Faraone e +Europa di Fabrizio Ferrandelli, incontrando però la netta contrarietà di Fratelli d’Italia. La Meloni non avrebbe alcuna intenzione di siglare un’alleanza con Matteo Renzi, anche se si tratta di Amministrative, e i referenti locali avrebbero più di una difficoltà a spiegare alla loro leader quanto sia particolare il contesto siciliano. Ieri alla riunione Fdi ha chiesto di mantenere il centrodestra in formazione classica, ma al momento nessuna decisione è stata presa lasciando aperto uno spiraglio per “altri movimenti politici che condivideranno i valori e i progetti della coalizione”.

Ironia della sorte, mentre i cuffariani proponevano di allargare la coalizione ai faraoniani, proprio Cuffaro e Faraone sedevano uno accanto all’altro alla presentazione del libro di Rotondi. Il capo dei renziani in Sicilia è già in piena campagna elettorale, ma al momento è senza alleati; equidistante da destra e sinistra, proverà a costruire un polo centrista sul modello di Calenda a Roma ma con più difficoltà. Ferrandelli, che venerdì lancia una sua iniziativa, dovrebbe sostenerlo ma l’appoggio di Cuffaro e Saverio Romano, che in un primo momento era dato per molto probabile, è divenuto di colpo più incerto; se dovesse fallire il tentativo di includere Italia Viva nella coalizione, Cantiere popolare e Nuova Dc potrebbero optare per un centrodestra vincente piuttosto che per un centro solitario. Fratelli d’Italia a parte, non ci sarebbero particolari difficoltà a far entrare Iv ma solo a patto che Faraone rinunci alla candidatura: una possibilità che al momento Renzi escluderebbe, anche come mossa tattica per le trattative sul Quirinale.

Del resto, gli altri partiti fanno già i conti. Se il centrodestra vincesse le elezioni, otterrebbe 24 seggi che andrebbero divisi fra le liste della coalizione; nove sono già certe e aumentarle creerebbe solo qualche mal di pancia in più.


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