“Certe volte mi chiedo se questa cosa è davvero accaduta. Se è accaduta a me. Se è accaduta a noi. Chi c’era mai passato? Certe volte mi sembra che sia tutto un incubo e vorrei svegliarmi…”. Rosalba vive, circondata dall’amore dei superstiti, nella casa delle troppe assenze. E non è la sola. Anche Cristina ha il cuore spezzato perché ha perso suo marito Giuseppe nell’affondamento del peschereccio ‘Nuova Iside’. In quella tragedia, Rosalba ha visto svanire suo marito Matteo e suo figlio Vito. Erano in mare per fare il loro mestiere di pescatori. Oggi comincia il processo che dovrà stabilire la verità sulla morte dei ragazzi di Terrasini e sarà una navigazione tempestosa, tra la ricerca dei fatti, le emozioni e il dolore. Come raccontiamo in un altro articolo che fa il punto sulla vicenda giudiziaria: il giudice per le indagini preliminari, Alfredo Montalto, ha ordinato il giudizio immediato per i tre imputati accusati di avere provocato il naufragio. L’imbarcazione colò a picco a largo di San Vito Lo Capo, risucchiando in fondo al mare le vittime: Giuseppe, Matteo e Vito Lo Iacono. Sotto processo ci sono Giuseppe Caratozzolo, terzo sottufficiale di coperta della petroliera ‘Vulcanello’, il comandante Giuseppe Costagliola e il timoniere rumeno Mihai Jorascu. Nelle parole che seguono, Rosalba Lo Iacono racconta un tempo che ha portato lo strazio.
Signora Rosalba, in un modo o nell’altro, ci siamo.
“E’ un giorno che aspettavamo da tanto. Il mio avvocato, Aldo Ruffino, mi ha detto che sarà soprattutto una cosa formale, che non potrò ancora vedere in faccia loro. Sicuramente, più in là li incontrerò e so che starò male. Il pensiero di incontrarli, di guardarli in faccia, mi fa stare già troppo male”.
Loro sono gli imputati?
“Sì, in questi mesi nessuno si è fatto sentire, abbiamo ricevuto soltanto un silenzio di tomba. Tutto è cambiato. Si va avanti perché si deve andare per forza avanti ed è durissima. Più passa il tempo più tutto peggiora. Vorrei svegliarmi da un incubo. Certe volte me lo chiedo: è successo davvero? Il mare è immenso, perché non sono stati risparmiati? Perché quei ragazzi non torneranno più a casa? Vogliamo giustizia”.
Che cosa spera?
“L’ho appena detto: giustizia. Ma niente riporterà indietro mio figlio e mio marito. E nemmeno Giuseppe. La nostra vita è stata spezzata. La mia famiglia è stata distrutta. Altre famiglie sono state distrutte. Nessuna condanna e nessun risarcimento potranno sanare la ferita. I miei suoceri soffrono terribilmente. Io soffro terribilmente, sono più giovane e devo reggere per tutti. Vorrei che chi ha provocato questo provasse almeno rimorso. Ma nessun rimorso sarà atroce come il dolore che stiamo attraversando noi. Gli incidenti possono accadere, come le collisioni. Ma, forse, potevano salvarli e li hanno lasciati morire. Come si può?”.
Ci sarà un sit-in domani mattina (oggi, ndr)?
“Sì, saremo a Palazzo di giustizia con uno striscione, tutti, i familiari, gli amici. E’ importante che nessuno dimentichi questa tragedia. Saremo sempre lì e vogliamo giustizia, anche se niente ci ridarà Vito, Matteo e Giuseppe”.
Lei ha subito saputo che quel corpo era Vito che tornava, quel corpo in un primo momento ignoto sulla spiaggia.
“Sì, il cuore di una mamma non sbaglia mai. Ho sentito che era il corpo di mio figlio e ho avuto la conferma quando ho visto le foto. I miei parenti non me le hanno mostrate prima per proteggermi e io ho dei sensi di colpa. Se avessi visto le foto prima, lui sarebbe tornato prima da me. Ora, comunque, mio figlio è qui con me”.
Dove riposa?
“L’ho fatto cremare perché era una sua idea. E’ nella sua stanza ed è sempre con me. In un certo senso, sono più serena. Io la mattina lo saluto, gli parlo, gli racconto tutto. Niente può spezzare l’amore di una madre e di un figlio. Niente, nonostante tutto, potrà separarmi dai miei cari”.
Abbiamo pubblicato, mesi fa, una foto che riproponiamo. Lei e Niku, il cane di suo figlio, accanto alla bara. Uno scatto che vale più di cento parole.
“Anche adesso il cucciolo corre alla porta se c’è qualcuno e scodinzola. Aspetta mio figlio, perché erano compagni di viaggio. E quando vede che è qualcun altro, si accuccia e piange. Mi viene vicino, strofina il musetto sulla mia spalla e continua a piangere. Io lo accarezzo, gli dico: facciamoci coraggio, il nostro Vito non tornerà più”.