MARSALA (TRAPANI) – Nessun buco nelle indagini sul mistero di Denise Pipitone, la bimba di 4 anni scomparsa da Mazara oramai da diciotto anni (era l’1 settembre del 2004). A Marsala, in Tribunale, dinanzi al giudice monocratico, si è tornato a parlare delle indagini sulla sparizione della piccola, con due investigatori, l’ex dirigente del Commissariato di Mazara, Antonino Sfamemi, oggi Capo della Squadra Mobile a Catania, e l’ex capo della Squadra Mobile di Trapani, Giuseppe Linares, oggi capo del Servizio Centrale Anticrimine della Polizia, a Roma.
Il processo
Testi citati dal pm Roberto Piscitello, nel processo che vede imputata di false dichiarazioni al pm, un ex sostituto della Procura di Marsala, uno dei magistrati che si occupò delle indagini, Maria Angioni, oggi giudice del lavoro a Sassari. La vicenda processuale nasce dagli interventi televisivi della Angioni, che in tv prima e poi davanti ai magistrati di Marsala, ha raccontato di indagini malfatte, di fughe di notizie, di indagini sottratte da lei ad organi investigativi, di intercettazioni che dovevano essere fatte e non furono svolte. Un racconto che ha portato a presentare l’allora dirigente del commissariato di Mazara, Antonino Sfamemi, come un investigatore non diamantino. Per la Procura di Marsala però i racconti dell’ex pm Angioni sono risultati privi di riscontri, da qui l’ex sostituto è finita sotto processo.
Investigatori in aula
E l’udienza ha assegnato punti decisamente a favore dell’accusa, che intanto ha depositato nuovi atti integrativi di indagini. Carte alla mano i due investigatori della polizia hanno dimostrato che negli atti dell’indagine non c’è nulla che possa fare prefigurare gli scenari descritti dalla Angioni. Giuseppe Linares ha per esempio citato il contenuto dell’archiviazione, nel 2009 di uno dei tronconi dell’indagine, quello scaturito dalle rivelazioni di un pentito fasullo, Giuseppe D’Assaro, mazarese: arrestato per un femminicidio, quello di Sabine Maccarrone, avvenuto nel 2007, ad un certo punto ai magistrati marsalesi ha raccontato che la piccola Denise non era scomparsa, ma era stata rapita. L’uomo ha raccontato che il corpo della piccola, morta accidentalmente, era stato gettato in mare. Cento pagine di richiesta, accolta dal gip, firmate dall’allora procuratore Sciuto, rimasto ancora ad occuparsi del coordinamento delle indagini da lui seguite sin dai primi giorni della scomparsa di Denise, quando oramai al suo posto era arrivato Alberto Di Pisa.
“Nessun comportamento anomalo dagli investigatori”
“In quelle pagine – ha detto Linares – è scritto il riassunto delle indagini e non si trova nemmeno una riga su comportamenti anomali da parte degli investigatori”. Insomma se ci fossero stati errori sicuramente il procuratore Sciuto li avrebbe annotati, e invece “c’è descritto lo sforzo e l’impegno dei tanti che si sono occupati del caso, una vicenda tragica e complessa”. Ancora Linares ha messo in evidenza che i primi giorni di indagine non hanno avuto una caratteristica giudiziaria. “Quando scompare una persona si attivano protocolli propri di protezione civile e questo è accaduto sin dal pomeriggio della sparizione di Denise, noi abbiamo saputo del fatto all’incirca verso le 14, quando Denise era scomparsa già da diverse ore. Sin da quel momento non c’è stata risorsa investigativa che è andata sprecata”.
I giorni del rapimento
Ma nonostante lo scenario, quello riempito dalla scomparsa di una bambina, “l’assenza di elementi che potevano costituire la pista di un possibile reato, abbiamo lavorato coordinandoci con la Procura di Marsala, unendo le forze investigative di tutte le forze dell’ordine sul campo, non è passato giorno in cui non abbiamo chiesto di aumentare il numero degli investigatori sul campo, ottenendole da tutte le parti d’Italia, sono arrivati gli specialisti dello Sco, dirigenti come Vittorio Pisani (che poi sarebbe diventato capo della Squadra Mobile di Napoli ndr), abbiamo cercato Denise in ogni luogo, presupponendo che potesse esser caduta in un pozzo, in luoghi impervi”.
I silenzi delle prime ore
Un centinaio di persone, quelle sentite già nella stessa giornata dell’1 settembre 2004, “alla ricerca di qualcuno che poteva aver visto”. Ma ottenendo solo silenzi, nessuna testimonianza utile. Silenzi anche da parte dei familiari della bambina. “Piera Maggio solo il 4 settembre ci disse che Denise era nata da una sua relazione extraconiugale, quella con Piero Pulizzi. Lo stesso Pulizzi solo il 9 settembre ammise. Nel pieno rispetto del dolore per la vicenda – ha affermato Linares – capisco benissimo che Piera Maggio possa non aver detto nulla per un comprensibile pudore”. “Pulizzi lo stesso 1 settembre ci disse che erano dicerie…Piera Maggio il giorno e l’indomani della scomparsa ci raccontò di Anna Corona (moglie di Pulizzi, ndr) che mostrava rancore nei suoi confronti ma di non sapere il perché di quel comportamento…La stessa sera dell’1 settembre i carabinieri sentirono Anna Corona, nell’unica forma con la quale potevamo sentirla, a sommarie informazioni, con la forma con la quale, applicando i protocolli della protezione civile, sono state sentite tutte le altre persone…. Le venne chiesto se sapeva qualcosa sulla scomparsa di Denise, sui suoi rapporti con Piera Maggio, sui suoi movimenti nella giornata”.
Il ruolo di Anna Corona
Anna Corona si è sempre trovata al centro delle indagini, ma mai imputata. Sempre archiviata la sua posizione, ed è la mamma di Jessica Pulizzi, rimasta unica imputata per la scomparsa della bambina, nella trama di un rapimento per vendetta, ma assolta in tutti i gradi di giudizio. “Le intercettazioni che furono attivate per tentare di far luce sulla scomparsa di Denise – ha ancora detto Linares – sono state per numero e per spesa decisamente pari se non superiori rispetto a quelle che si attivano per una indagine antimafia o per la ricerca di un latitante”.
“Nessun rilievo su Sfamemi”
Sono mancate quindi informazioni preziose e non vi è stata alcuna sottovalutazione investigativa: “Informazioni importanti sono arrivate solo giorni dopo la scomparsa – ha proseguito Linares – solo l’8 settembre la zia di Denise venne a dirci di essersi ricordata che la mattina dell’1 settembre aveva visto Denise davanti casa sua. Sino ad allora ci era stato detto che Denise era scomparsa d’improvviso mentre si trovava davanti casa sua, nella stretta via La Bruna, la zia invece l’ha vista in via Castagnola, a duecento metri da dove le due strade fanno ad angolo, una via parecchio trafficata”. Rispondendo ancora al pm Piscitello e al difensore della Angioni, avvocato Stefano Pellegrino, Linares ha evidenziato più volte l’impegno degli agenti del commissariato di Mazara e del dirigente Antonino Sfamemi, “su di lui mai nessun rilievo”.
Sfamemi in aula
E Sfamemi è stato sentito ieri prima dello stesso Linares, durante un’udienza durante la quale sono scattate scintille tra accusa e difesa, tanto da indurre il giudice a minacciare di sospendere l’udienza. Le dichiarazioni televisive e davanti ai pm da parte della Angioni hanno visto puntare il dito proprio contro l’ex capo del Commissariato, che non ha nascosto la tensione per le ingiuste responsabilità attribuite, video camere non attivate, intercettazioni non condotte, fughe di notizie. Certo qualcosa che avrebbe dovuto interrompere la sua carriera e invece in polizia l’ex dirigente del commissariato mazarese si è ritrovato con incarichi prestigiosi e dopo aver lasciato Mazara.
“Polizia e carabinieri impegnati dall’inizio”
“L’ascolto delle intercettazioni era concentrato in Commissariato – ha raccontato – dove poliziotti e carabinieri hanno insieme lavorato, nei primi mesi nessuno di noi ha mai dormito, non lasciavamo gli uffici, con la Procura eravamo sempre in contatto, i pm venivano in ufficio per ascoltare loro direttamente, nessun segnale veniva tralasciato, la Procura ci ha chiesto di ascoltare anche i maghi e i sensitivi, per capire se ciò che dicevano era frutto semmai di qualcosa di reale. Abbiamo fatto un lavoro immane, abbiamo fatto il possibile”.
Quei sospetti sul poliziotto
Contro Sfamemi dai talk show sul caso, si sono sentite lanciate accuse per via della sua stretta amicizia con Stefania Letterato, figlia di un armatore mazarese e conoscente di Corona. Come se la Letterato avesse indotto Corona a non parlare più al telefonino, avendo saputo delle indagini sulla conoscente. “Non c’era bisogno che nessuno dicesse qualcosa alla Corona, che vedendosi convocata la stessa sera dell’1 settembre capì che poteva essere tra i sospettati. Quando abbiamo avuto i tabulati solo dopo ci siamo accorti che uno dei suoi più frequenti contatti era il telefonino usato da Stefania Letterato (con la quale Sfameni solo nel 2005 ha stretto una relazione che ha portato al loro matrimonio ndr) ma intestato alla madre. Ho rappresentato ai miei superiori la conoscenza con la donna, non fu opposta alcuna ragione perché io, che all’epoca ero solo un amico, la potessi sentire”.
Genchi
E il pm Piscitello ha in questo racconto un colpo a sorpresa. Si era detto che Gioacchino Genchi il super consulente informatico che allora collaborava con la Procura di Marsala, mise nero su bianco la circostanza che dopo l’audizione della Letterato, le due donne non si sentirono più. “Le sue dichiarazioni sono smentite dalla lettura dei brogliacci delle intercettazioni da cui emerge che le due donne continuarono a parlare per tutto il periodo delle intercettazioni» ha detto il pm Roberto Piscitello, evidenziando la circostanza scritta dal giudice Alcamo nella sentenza di assoluzione di Jessica Pulizzi. L’avvocato Pellegrino ha chiesto se nei giorni dell’indagine avesse visto ancora l’allora semplice conoscente Stefania Letterato, “in quei giorni di duro lavoro io e tutti gli altri non abbiamo avuti contatti col mondo, altro che incontri passatempo”.
Il 23 giugno Angioni in aula
Piscitello ha poi fatto acquisire al Tribunale una mole di documenti, riconoscimenti, encomi, lettere di compiacimento, ottenuti prima e dopo la scomparsa di Denise, da Sfamemi, come a voler dire che impossibile descriverlo come un investigatore poco scrupoloso e incapace. Angioni verrà sentita il prossimo 23 giugno