Siccome ogni limite ha una pazienza – come diceva Totò – anche il tifoso rosanero non ne può più ed è lui il protagonista, amareggiato, della giornata. Dopo la ingiustificabile prestazione, con sconfitta incorporata, contro il Cittadella, i cuori rosanero si stanno sfogando sui social con un hasthag eloquente: #Coriniout. Una reazione comprensibile.
Troppo orrendo il Palermo che, fin qui, era stato raramente convincente, spesso brutto e talvolta pessimo. Ma, ieri, al ‘Barbera, si è visto il peggio del peggio. Chi scrive ha sempre umanamente difeso Eugenio Corini, sottolineando, nel merito, le pecche più visibili. Non si spara (metaforicamente) sul proprio campo, tuttavia c’è di che riflettere. L’allenatore insiste – con un ritornello caro al Mourignesmo, da Josè Mourinho – sull’ultima mezzora, sui valori, sulle responsabilità, aprendo il libro cuore del calcio che dà una spiegazione a qualcosa, non a tutto. Tutto, in questo caso, sembra davvero altro.
Il tutto – era uno dei concetti su cui abbiamo insistito – è una questione tecnica e tattica irrisolta. La squadra raramente gioca bene, con un disegno che sia efficace e, all’occorrenza, variabile. Si vedono gli stessi errori a ripetizione, la medesima inconcludenza e adesso anche il serpeggiare di una crisi nervosa che inibisce le qualità dei singoli. Forse l’attuale Palermo non sarà una squadra ammazza-campionato, ma ha uomini e mezzi per presentarsi meglio di così. E l’ultima gara fa pendere i risultati dal lato poco commendevole.
Il gruppo che governa il nostro tempo rosanero pare che ci stia pensando su. In momenti del genere la freddezza è una dote, quando non diventa ignavia. Eugenio Corini rappresenta un pezzo del cuore dei palermitani. Ma il tifoso ha ragione ad arrabbiarsi con l’allenatore sulla graticola che fu un glorioso capitano. Nella casistica sentimentale esistono addii che rappresentano il male minore. Perché, almeno, salvano la memoria.