PALERMO – Imprenditore legato a Cosa Nostra, longa manus dei boss all’interno del Comune di Carini, pronto ad ospitare il capomafia latitante di San Lorenzo, Salvatore Lo Piccolo. L’indagine della Procura di Palermo che ha portato all’arresto di Giovanni Palazzolo, fondatore della Gls di Carini, nasce dalle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia Antonino Pipitone e Gaspare Pulizzi, per anni co-reggenti della famiglia mafiosa che fa parte del mandamento palermitano di San Lorenzo.
“Tramite con il Comune”
“Se c’era un problema al Comune (di Carini ndr) si parlava con Giovanni, era come un tramite tra il Comune e la famiglia”, ha detto Pulizzi agli investigatori, riferendosi alle precedenti amministrazioni. “Uomo di collegamento riservato”, lo ha definito. Si sarebbe attivato anche per il cambio di destinazione d’uso di alcuni terreni, compreso quello dove anni dopo sarebbe sorto il centro commerciale Poseidon. Erano “tutti d’accordo, tutta la corrente politica di quel periodo che doveva fare la trasformazione sul piano regolatore… tutti i miei zii erano intervenuti…”.
Il collaboratore ha sostenuto inoltre che Palazzolo facesse investimenti per conto della cosca. “Giovanni c’ha i soldi della famiglia,” ha spiegato, precisando che l’imprenditore e il boss Vincenzo Pipitone erano soci occulti in una operazione che avrebbe consentito al capomafia di investire in una serie di attività edilizie, tra cui la costruzione di alcune palazzine.
Precise anche le accuse del pentito Antonino Pipitone che ha raccontato che Palazzolo aveva corrotto funzionari del Comune per consentire una serie di lottizzazioni che interessavano ad alcuni imprenditori. “Era a disposizione per tutti – ha raccontato -, nel periodo della mia reggenza era addetto al Comune di Carini e interferiva sia con il sindaco che con gli uffici tecnici”.
Le estorsioni
All’inizio Palazzolo si sarebbe occupato di estorsioni: “Un giorno Giovanni Palazzolo parla con me e con Nino Pipitone – ha messo a verbale Pulizzi nel lontano 2008 – dice ma all’Ordine dei medici gli hanno fatto un segnale, non mi ricordo che cosa gli hanno messo, un segnale o hanno bruciato qualcosa”. Il diktat dei Lo Piccolo fu “che se la sbrigava Palazzolo e i soldi ce li faceva avere a noi… la messa a posto fu 30 mila euro”, pagati dall’imprenditore che arrivava dalla provincia di Messina.
La paura di essere arrestato
A partire dal 2021 Palazzolo è finito sotto intercettazione della Dia. Temeva che i pentiti potessero farlo arrestare. Aveva paura di una eventuale collaborazione con la giustizia del boss Freddy Gallina, estradato in Italia dagli Usa. “Io mi scanto (ho paura ndr)”, diceva non sapendo di essere intercettato. “Appena io sbaglio cado, siccome loro non hanno niente da perdere perché ormai quello che avevano da perdere l’hanno perso. Ho mandato mio fratello e gli ho detto ‘gli devi dire che non mi devono cercare'”, continuava facendo capire di aver voluto interrompere i rapporti con i clan per timore dell’arresto.
“Lo Piccolo è stato qui”
Infine l’inquietante episodio. Pipitone ha riferito che Palazzolo si mise a disposizione per trovare un rifugio sicuro a Salvatore Lo Piccolo. Circostanza confermata dallo stesso Palazzolo intercettato: “… ma anzi quello come è che non ci ha consumati all’epoca (diceva riferendosi al pentito Pipitone ndr). Lui è stato qui, Lo Piccolo… me lo hanno chiesto a me questa cortesia… io quando l’ho conosciuto io, lui era… faceva il cameriere da questo Nino Spatola lì a Tommaso Natale…”. Un riferimento anche al figlio di Salvatore Lo Piccolo, Sandro, all’ergastolo come il padre: “Suo figlio… aprivano Dom Perignon qua nella piazza a Terrasini, Rolex, cose, buttane…“.
La nota del Comune
“L’amministrazione comunale, nel congratularsi con la Dia e la Procura della Repubblica di Palermo per l’operazione antimafia precisa che le notizie di stampa non riguardano sicuramente questa amministrazione comunale. L’amministrazione Monteleone comunica sin d’ora la piena disponibilità e collaborazione con gli organi inquirenti, qualora ve ne fosse bisogno, e ci tiene a sottolineare di essersi sempre distinta per aver fatto attività concrete all’insegna della legalità acquisendo al patrimonio comunale immobili dei mafiosi a seguito di provvedimenti di repressione dell’abusivismo edilizio per destinarli alla pubblica utilità e alla demolizione finalizzata alla esecuzione di opere di riqualificazione urbana”.