PALERMO – “Facemmo delle simulazioni per provare i telecomandi che dovevano azionare l’autobomba circa 15 giorni prima della strage di via D’Amelio. Li provammo vicino viale Regione Siciliana. Allora non sapevo ancora che l’obiettivo era il giudice Borsellino”. Lo ha detto il pentito Giovan Battista Ferrante deponendo al processo sulla trattativa Stato-mafia. Il collaboratore ha raccontato che il boss Giuseppe Graviano gli disse di chiamare un numero di telefono, il giorno della strage, per avvisare del passaggio delle auto su cui viaggiava Borsellino.
Ferrante ha anche parlato dell’omicidio Lima: “Salvatore Biondino ci disse che ci dovevamo pulire tutti i piedi, nel senso che c’erano persone che avrebbero dovuto aiutare Cosa nostra e non l’avevano fatto, come l’onorevole Salvo Lima, e dovevano essere eliminate”. Ferrante ha raccontato le fasi esecutive dell’omicidio che gli venne commissionato da Biondino, luogotenente di Totò Riina che, nell’ordinare il delitto, invitò i killer a essere particolarmente discreti vista l’importanza dell’assassinio. Ferrante avvertì il gruppo di fuoco che Lima stava uscendo in auto dalla sua villa di Mondello. Il commando era formato da Salvatore Biondo, Simone Scalici, Francesco Onorato, Giovanni D’Angelo e Salvatore Biondino.
(ANSA)