Caro Angelino Alfano, permetti la domanda: perché mai un siciliano dovrebbe votarti?
Per votare qualcuno, infatti, bisogna che, politicamente, esista e che sia riconoscibile, anche se solo per i suoi peccati. Non si può scegliere chi non c’è, chi non ha seminato niente, chi appare tanto vacuo da ricorrere allo stratagemma di una maschera mutevole, in assenza di sostanza, per piazzarsi sul bancone delle convenienze, secondo le varie forme del potere.
Oltre la mascherina dell’Alfanismo non c’è mai stata capacità di amministrare; piuttosto, l’ossessione per lo strapuntino, la furbizia tattica di chi si preoccupa, soprattutto, di poltroncine da somministrare agli accorti sodali del minimo sindacale garantito della sopravvivenza. Sopravvivere, dunque. E il resto vada pure in malora.
Non dici mai no, non dici mai sì, Angelino. Dici ovunque e comunque nì, nella studiata irresolutezza che permette a te e alla tua tribù di tirare a campare. L’esemplificazione di una tale inconsistenza, nel dettaglio della cronaca recente, sta nel caos sui vaccini che porta anche il marchio di Beatrice Lorenzin, un ministro della tua parrocchia. Si chieda di tutto agli alfaniani, non scelte comprensibili e di governo.
Caro Angelino, ricordi, come hai cominciato? Eri il virgulto siciliano di Silvio Berlusconi che nell’Isola metteva insieme la sua armata di giganti, molti dei quali si rivelarono nani. In quel tempo, sfoggiavi un sorriso di destra. Che ha cambiato indirizzo alla prima occasione.
L’elenco è stato aggiornato in fretta, via via che la scalata aggiungeva nuovi allori, con una instancabile noncuranza per i contenuti e una infaticabile trasversalità di appetiti: lettiano con Letta, renziano con Renzi, gentiloniano con Gentiloni. E tu eri ciò che sei sempre stato, il segretario politico di un partito che non si nota, eppure conta moltissimo: l’UAPS. Ovvero: Un Alfano è Per Sempre. Tu sei uno che sorride, per comandare, nella stessa direzione del vento, non avendo l’ardire di essere il vento, personalmente in persona.
Così, in questa Sicilia elettorale sottosopra, tu – docente di intese e accomodamenti – ti trovi a fornire informatissime lezioni di adeguamento al peggio, in ottima compagnia di coloro che stanno cambiando maschera e teatro. Sono i miracoli del civismo a te tanto simpatico: un tale è lo stesso di ieri, con i suoi errori, con le sue passioni, con la sua spregiudicatezza, con i suoi peccati; ed ecco che – oplà – basta apporre accanto a un nome l’aggettivo ‘civico’ che ricominciano le benedizioni asperse dall’acquasantiera delle imposture.
Certo, le spine e i dispiaceri non sono mancati, caro Angelino e tu sapresti enumerarli a memoria. Un onesto politico come Marco Minniti ti succede nell’incarico di ministro dell’Interno, assumendo una linea decisa, il contrario del tuo svagato ondeggiare. E, di colpo, svela la tua inconsistenza ministeriale. E finisce che Minniti si trasforma subito in uno scomodo termine di paragone, sicché si ripete in coro, per elogiarlo: non è come Alfano. E poi gli inciampi linguistici, stilistici e sostanziali, da quando sei agli Esteri – il balbettio sul triste caso di Giulio Regeni – che ti rendono la metafora politica di un parvenu invitato alla tavola dei grandi, incapace di orientarsi tra le posate. E la vicenda di tuo fratello Alessandro assunto alle Poste – sicuramente per meriti, sicuramente il cognome non c’entra – che ha lasciato sulla bocca dei soliti invidiosi l’acre retrogusto delle caste e dei relativi privilegi.
Inciampini, appunto. Ritagli di giornale. Svolazzi di malanimo – penserai tu – e che te ne importa, in fondo? Che ti importa se il tuo partitino si sgretola, se il tuo indice di gradimento è ai minimi termini (alto non è mai stato), se il tuo cognome ha assunto per molti lo stesso suono dell’immutabilità tragica delle cose? Però, infine, nelle democrazie può capitare che elezioni arrivino e che la gente, per quanto malmessa, cerchi facce, magari sbagliate, non sapendo che farsene delle maschere. E che si chieda soddisfazione del poco, del nulla o del tanto compiuto o incompiuto.
Allora, come la mettiamo, Angelino? Perché i siciliani dovrebbero votarti? Quale rendiconto proporrai alla loro disperazione? Puoi rispondere, senza astuzie, almeno per una volta?
Ma a te, davvero, non importerà nulla né della domanda, né della risposta. Il consenso non è mai stato un tuo problema. Nei decimali di cui ogni re ha bisogno per regnare, troverai ancora la nicchia, il cacio della tua sopravvivenza. Un Alfano è per sempre: questo e soltanto questo conta. E la Sicilia, come tutto il resto, vada pure in malora.