(di Enrica Battifoglia) (ANSA) – ROMA – Sta circolando nel mondo da almeno due mesi, ma quello che sappiamo di certo sul nuovo coronavirus SarsCoV2 non riesce a rispondere a tutte le domande ancora aperte, come quelle relative alla sua capacità di diffondersi e alla letalità, i punti vulnerabili nel momento in cui è disperso nell’ambiente e i tempi di incubazione. –
TASSO DI DIFFUSIONE: “al momento la stima in 2,3 è calibrata sui pazienti di Wuhan”, la città cinese epicentro dell’epidemia, e si ritiene che “fuori dalla Cina sia inferiore all’1%, osserva Giorgio Palù, ordinario di Microbiologia e Virologia dell’ Università di Padova. All’origine dell’indeterminatezza c’è il numero dei portatori asintomatici del virus. “Sicuramente – ha rilevato – è un virus molto diffusibile” e probabilmente comparso un po’ prima di quanto si pensi. –
LETALITA’: Le difficoltà nel calcolare il tasso di letalità sono analoghe a quelle che si incontrano nel calcolare la diffusione. In generale si può dire che sia molto meno letale della pandemia del 2009 e che può dare conseguenze gravi nel 20% dei casi; fra questi ultimi almeno il 50% riguarda persone anziane o con infezioni gravi. –
TEMPI DI INCUBAZIONE: In generale si parla di 14 giorni, anche se “ci sono dati controversi”, rileva Palù. Sappiamo inoltre che l’arma che permette al virus di diffondersi con tanta efficienza è il recettore Ace2, che si trova sulla sua superficie: è una chiave molecolare che il virus usa per entrare nelle cellule dell’apparato respiratorio umano, infettandole. Si ritiene che nel nuovo coronavirus il recettore sia dieci volte più efficiente rispetto a quello della Sars. Grazie al recettore Ace2, il virus riesce gradualmente a raggiungere le basse vie respiratorie ed è per questo che è possibile che “una persona con l’infezione non abbia sintomi per un certo periodo, in media da uno a 1 a 14 giorni, ma possa essere anche più lungo”. –
CHE COSA PUÒ DISTRUGGERLO NELL’AMBIENTE? “Come ogni virus, anche il coronavirus SarsCoV2 si inattiva alla temperatura di 37 gradi; è inoltre sensibile – spiega Palù – a saponi, detergenti e disinfettanti, come alla radiazione solare. Resiste invece molto bene al freddo, anche a temperature sotto lo zero
– PERCHÉ ALCUNI CASI RISULTATI NEGATIVI AL TEST DIVENTANO POSITIVI? E’ un fenomeno segnalato dalla Cina e la spiegazione più semplice dipende dal modo in cui è stato eseguito il tampone con cui viene prelevato il materiale biologico da utilizzare per il test. Bisogna considerare, spiega l’esperto, il tipo di campione prelevato, trattamento, il modo in cui è stato conservato, la presenza di fattori che possano avere interferito durante il test, una bassa presenza di particelle di virus nel campione. –
COME CERCARE IL PAZIENTE ZERO IN ITALIA? “E’ difficile rintracciarlo, ma – osserva Palù – è opportuno fare tutti gli sforzi necessari perché questo permette di identificare i contatti e di ricostruire il tragitto del contagio”.