Faida tra i Mirabile e gli Ercolano |Chiesto ergastolo per tre killer - Live Sicilia

Faida tra i Mirabile e gli Ercolano |Chiesto ergastolo per tre killer

Alla sbarra Lorenzo "U Scheletro" Saitta, Dario Caruana e Salvatore Guglielmino. Sono accusati dell'omicidio di Michele Costanzo e Salvatore Di Pasquale.

la requisitoria del pm
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CATANIA – Una pagina sanguinaria di Cosa nostra catanese. La requisitoria del pm Rocco Liguori nel processo per i due omicidi Salvatore Di Pasquale e Michele Costanzo, al di là del racconto processuale, cristallizza un momento storico di tensioni e fibrillazioni sfociate in una vera guerra di mafia che si è consumata in due mesi. Tra aprile e maggio del 2004 si lottava per il predomino criminale a Catania. Una faida che vedeva contrapposti il gruppo di Alfio Mirabile agli Ercolano. Alla sbarra ci sono Dario Caruana e Salvatore Guglielmino, che avrebbero freddato Salvatore Di Pasquale il 29 aprile 2004, e Lorenzo Saitta, detto Salvuccio U Scheletro, accusato di aver ucciso il 3 maggio dello stesso anno Michele Costanzo. Per tutti e tre il sostituto procuratore della Dda di Catania, al termine della disamina degli atti dibattimentali, ha chiesto alla Corte d’Assise la condanna all’ergastolo. 


Tutto precipita il 24 aprile 2004, quando un commando armato fallisce l’agguato al capo Alfio Mirabile (muore in una clinica nel 2010). La sua reggenza ha la “benedizione” del cognato Nino “U Pazzu” Santapaola, fratello del capomafia Nitto. La sete di vendetta si fa sentire, forte e pressante. E arriva l’uccisione vicino al camion dei panini di Salvatore Di Pasquale, che raccontano i collaboratori di giustizia avrebbe avuto la colpa di “gioire” dell’attentato a Mirabile. Addirittura avrebbe detto di “volere stappare dello champagne”. Le risultanze investigative e le rivelazioni dei pentiti portano tutte ai nomi di Salvatore Guglielmino e Dario Caruana. Paolo e Giuseppe Mirabile, come anche Davide Seminara (ex del clan Nizza) e Giuseppe Scollo (ex reggente dei Santapaola di Lineri). Di Pasquale (conosciuto con il nomignolo Armani) avrebbe avuto anche uno scontro (futile) a causa di una macchina danneggiata avuta un prestito da Angelo Pappalardo, uomo di Monte Po. Una vicenda che racconta in udienza anche la vedova Di Pasquale, che ripercorre l’angoscia del marito e l’aggressione che aveva subito per colpa di quella macchina. “Ma non era una motivazione valida per ammazzarlo” – afferma il pm. Una motivazione che arriva invece quando si diffonde la voce “della contentezza di Armani” per il ferimento del capo. Le indagini, suffragate anche dai racconti dei pentiti, permettono di ricostruire ulteriori due passaggi che portano ai nomi degli imputati che rischiano il carcere a vita. Guglielmino (dopo l’omicidio) sarebbe andato al Garibaldi dove era ricoverato Mirabile e, quando si parlava l’ordine di morte alla squadra di Monte Po in risposta all’agguato, avrebbe detto “abbiamo già cominciato a rompergli le corna con ieri sera”. Per il pm non ci sono dubbi su quale sia il riferimento. A questo dato va aggiunto il fatto che Dario Caruana e Guglielmino avrebbero consegnato a Luigi Ferrini (del gruppo Mirabile) una busta con delle armi da far “sparire”. Ferrini, leggendo dell’omicidio di Di Pasquale sul giornale, capirà a cosa erano serviti e si lamenterà con uno dei fratelli Mirabile del fatto che non era stato avvertito del fatto che erano “pistole che scottavano”. La difesa per confutare questa ricostruzione chiama a deporre Ferrini (già condannato per mafia), che ovviamente ha negato di aver ricevuto armi da Guglielmino e Caruana. “Ma questa deposizione che rilevanza può avere in questo processo?” domanda Rocco Liguori nella sua precisa analisi. “Zero” – è la risposta. “Non esiste che un mafioso accusa i suoi compagni e si autoaccusa di un reato. E’ insito nel codice di Cosa Nostra. Quello che stiamo chiedendo ce lo possiamo aspettare da un collaboratore di giustizia, non certo da un mafioso”. Il magistrato poi smonta punto per punto l’alibi di Salvatore Guglielmino, suffragato dalle dichiarazioni della sua ex compagna siracusana e dalla madre di chi lo aveva ospitato durante le feste di pasqua del 2004. La fidanzata racconta di un Guglielmino sempre con lei, anche durante i turni in pizzeria. Mentre la mamma dell’ospite parla di un uomo sempre in casa che usciva solo per andare a comprare le sigarette e che vedeva la compagna solo quando andava a dormire dalla figlia. “Due testimonianze in contrapposizione e inverosimili”, sentenzia Liguori, che da ai giudici della Corte d’Assise un dato certo: “L’analisi delle cellule d’aggancio del telefono fissano temporalmente il trasferimento di Guglielmino a Siracusa dopo l’uccisione di Salvatore Di Pasquale”.

Michele Costanzo sarebbe stato un uomo vicino ad Alfio Mirabile. Nell’agguato avvenuto alla zona industriale rimane ferito Antonino Sangiorgi, titolare della Mediterranea Distribuzione Logistica. A sparare sarebbe stato Lorenzo Saitta, U Scheletro. Così raccontano Giuseppe e Paolo Mirabile, il prima lo avrebbe saputo direttamente dall’imputato. C’è una prova scientifica: la polvere da sparo compatibile con quella trovata nella scena del crimine rilevata sui caschi sequestrati a casa di Saitta. Anche in questo caso la difesa cerca di smontare la prova dell’accusa, portando a testimoniare un falegname per poter affermare che siccome i caschi erano poggiati su un tavolo il materiale trovato e rilevato al microscopio potrebbe essere un composto di una vernice.

Ma l’esperto dei Ris è chiaro: “Quella precisa composizione non può essere altro che residuo di polvere da sparo”. La difesa di Saitta porta sul banco degli interrogatori le persone terze citate dai pentiti, quei soggetti (de relato) da cui avrebbero appreso informazioni e dettagli sull’omicidio di Michele Costanzo e che hanno (obbligati anche dalla legge) raccontato alla magistratura. Anche questa volta tutti hanno negato quello rivelato dai collaboratori di giustizia. Un fatto scontato. “Ci saremmo aspettati che forse Giuseppe Boncalvo accusava se stesso dell’omicidio di Costanzo?” – è la domanda retorica di Rocco Liguori.


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